Tre emozioni.

Parola d’ordine di oggi è:
Emozionati.

Parola d’ordine nel senso che è un ordine.
Un imperativo.
Quando a scuola studiavo questo tempo verbale, la maestra diceva che generalmente è seguito da un punto esclamativo.

E allora…

Emozionati!

Piangi per te stesso, ridi di te stesso, sorprenditi e vivi la tristezza. Abbandonati ed emoziona te stesso. Sto sforzandomi di lavorare principalmente su questo, dopo aver superato giorni di piattezza emotiva ed emozionale. Quando ci ero dentro, non me ne rendevo conto come ora. Sto andando alla ricerca di forti emozioni che mi facciano liberare grandi respiri e perché no, piangere un po’.

…ti starai chiedendo…

“E come fai??”

Guardare un bel film è già un’idea. Fatti consigliare un titolo da un amico o da una sorella! Potrebbe anche essere un modo per creare contatto e connessione. Più di una volta mi è capitato di chiedere un titolo di una canzone, di un film. Quale modo migliore per emozionarsi pensando a una persona speciale?
Ho appena finito di vedere “Aloha”, conosci?
Beh, un paio di lacrimuccie sono scese. Mi sono lasciata travolgere dalla storia, dall’amore e dalle incomprensioni, dal linguaggio dei segni, dalle parole degli occhi e dall’adrenalina spaziale. Se hai voglia di emozionarti e spendere due ore piacevoli senza impegnarti in un film più complesso, te lo consiglio!

Per emozionarmi vado al mare.
Mi ci porto con un bus rosso, nella borsa un telo mare, una bottiglia d’acqua, gli occhiali da sole e un po’ di musica rilassante. Mi sdraio sul prato, mai completamente, e guardo l’orizzonte. Il chakra del cuore si apre, é quello delle relazioni e dell’apertura. Sai, a me si concentra tutto lì. Nella bocca dello stomaco. Quando sono arrabbiata, nervosa, chiusa, impaurita o tesa, sento un grande nodo lì, che blocca anche il respiro. Quando sono emozionata, felice, in sintonia con la natura, in pace con me stessa e in equilibrio con ciò che mi circonda, sento in quel punto un leggero turbinio di energia buona.

Verde.

Spazi ventosi e ariosi mi aiutano a liberare e sciogliere, mi aiuta cantare e ridere.

Il trucco sta nell’ascoltarsi. Metti una mano nel punto del quarto chakra e prova a sentire il tuo respiro, il tuo battito cardiaco. Chiudi gli occhi.
Quello è il punto dell’equilibrio. Il centrale di sette.

Un terzo modo per emozionarmi, l’ho trovato nello yoga. Non ti so dire se è la novità o se davvero mi emozionerà sempre ma le sensazioni che provo sono quasi indescrivibili.
Dico “quasi” perché vorrei provare a trasformare in parole.
Ieri ho provato una nuova tipologia, la maestra era un’altra e la sala piena. L’atmosfera era calma e soffusa, delle candele sulla lunga vetrata liberavano profumi e già ancor prima di iniziare, mi sentivo nel posto giusto. Un esercizio di stretching prima di quelli più faticosi, mi ha fatto entrare nella mia dimensione. Sono stupita perché nonostante si è in gruppo, ognuno vive la propria esperienza, strettamente personale. Lei ha intonato dei mantra che di tutta risposta il gruppo, cioè noi, doveva ripetere. Un canto in sanscrito che richiamava il contatto con l’universo. Lei aveva una voce profonda ed angelica, liberava un’energia unica.

Momenti di pura emozione.

Momenti in cui stai lì, sdraiata sul tappetino blu con un cuscino sotto la testa.
Momenti in cui ti chiedi…
“Ma davvero sto facendo tutto questo? Ma davvero mi sta facendo così bene? Ma davvero sono riuscita a raggiungere una tale sensazione di benessere?”

Tra sudore e respiri a bocca aperta, lo yoga risulta faticoso ma estremamente liberatorio. Ogni muscolo trova il suo momento e quel punto lì, alla bocca dello stomaco, si scioglie completamente. Si apre. Si libera.

Beh, queste sono le mie emozioni. Spero che anche tu abbia i tuoi segreti per liberarti dalla tensione di una “giornata no”, per sentirti in equilibrio anche dopo una litigata o per piangere quando è da troppo tempo che non versi una lacrima.

Se non ci avevi mai pensato, trova i tuoi angoli di pace in cui liberare le tue emozioni. Prenditi il tempo di vivere fino all’ultimo respiro ogni tua emozione.

Che sia gioia
che sia dolore
sempre di emozione si tratta.

Erica, anzi Atmosferica.

Grazie Vita.

Sto tornando da Coogee.
Non voglio aspettare di arrivare a casa per scrivere perché devo fissare queste sensazioni adesso. Ora. Sul bus M50.
Dopo il lavoro, verso le due di pomeriggio, ho deciso bene di andare verso il mare. Ero già stata a Coogee in un pomeriggio nervoso e confuso, oggi avevo la serenità di ritornarci.
Già l’altra volta, avevo visto una scuola di Yoga, proprio lì, affacciata sul mare.
Una grande vetrata dava sull’oceano e sempre in modo confuso avevo pensato che sarebbe stato bello provare, salire quelle scale e chiedere informazioni.
Beh, non ero entrata. Non ero pronta.

Oggi, sono andata con l’intenzione di capire se stavo davvero meglio. Volevo vedere lo stesso mare e la stessa spiaggia, volevo riportarmi davanti alla stessa scuola e capire se davvero mi sentivo meglio. Più predisposta insomma.

Sono arrivata verso le tre e trenta, una mezz’ora di bus è passata leggera con le canzoni di Mengoni a tenermi compagnia. Caro Marco, sei ormai la colonna sonora dei miei viaggi. I pensieri erano leggeri. Stavo bene.

Mi sono rilassata per un po’ sul prato verde a ridosso della spiaggia, guardavo l’orizzonte e nel frattempo constatavo che ero in equilibrio con la vita. Una pace profonda e una calma piatta.

Ho ringraziato me stessa. Ero tornata dove dovevo tornare.
IMG_7271

Devi sapere che sono sempre frizzante e molto spesso vorrei riuscire a incanalare la mia energia senza disperderla in modo sbagliato o senza trattenerla nello stomaco.
La parola “Yoga” è volata alle mie orecchie più volte negli ultimi giorni, questa disciplina mi ha sempre incuriosita ma credo di non essere mai stata pronta.

Fino ad oggi.

È così che mi sono avvicinata alla scuola, un edificio verde su due piani. Sulla parete all’esterno sono riportati in maniera ordinata, originale e chiara gli orari di tutti i corsi. Gesso bianco su uno sfondo nero.
IMG_7276

Alle 17 sarebbe iniziata la lezione per principianti. Era il mio momento. Una voce silenziosa mi ha invitato ad entrare e in pochi secondi mi sono trovata dentro. Profumo e pace.

Quella vetrata che dava sul mare era come una visione perfetta. Quando mi immaginavo una sala dove praticare Yoga, non dico che sognavo proprio quella visione ma quasi.
Il mare, il sole, un parquet chiaro e cuscini a volontà.
IMG_7273

La maestra era, anzi, è una ragazza bionda e giovane. Il suo accento australiano era stranamente comprensibile e ben scandito. Seguivo le sue istruzioni partendo dalla respirazione.
Fondamentale nello Yoga e nella vita.

Posizioni faticose ma rilassanti mi distendevano i muscoli, le braccia facevano forza ma il corpo ringraziava. Lasciavo entrare l’energia da quella vetrata e la musica soft mi cullava. Rilassavo i polmoni e il collo, mi allungavo su quel tappetino blu.

Avevo bisogno di una guida, un’esperienza nuova. Pochi minuti sono bastati per entrare in un mondo tutto mio ma aperto all’ascolto.

Al concludersi della lezione, l’indicazione della maestra mi chiedeva di stare sdraiata con le braccia distese lungo i fianchi, i palmi rivolti verso l’alto e il collo rilassato.
Proprio in quel momento, quando la luce si è fatta soffusa, è arrivata lei che con le sue mani calde mi ha massaggiato le tempie.
Un profumo di olio essenziale mi è rimasto sulla pelle e mi è entrato nel naso.
Il sole stava salutando.
Un tocco magico. Giuro.
IMG_7272

Con le sue parole mi ha fatto concentrare su ogni singola parte del mio corpo. Dovevo liberare ogni tensione e sciogliere ogni nodo.
Piedi, caviglie, gambe, fianchi, pancia, petto, collo, braccia, mani, dita.
Con gli occhi chiusi dovevo sentire il contatto con la terra e ascoltare il mio corpo e il suo equilibrio.

Era quello che cercavo.

Namastè e Grazie Vita.

Erica, anzi Atmosferica.

Into the Wild.

Due anni lui gira per il mondo: niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema, un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Così ora, dopo due anni di cammino arriva l’ultima e più grande avventura. L’apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale. Per non essere più avvelenato dalla civiltà lui fugge, cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia.

Christopher McCandless – Into the Wild


Attraversa fiumi e pianure infinite, si lascia trasportare da un treno merci e si trova in una città di grattacieli. Los Angeles. Guarda le gigantesche costruzioni con stupore, cammina disorientato per la strada e si trova a chiedere l’ora ad un passante in giacca e cravatta che gli risponde guardandolo schifato. La faccia sporca, lo zaino pesante, troppa confusione, i capelli sporchi di viaggio e natura e lo sguardo perso nelle luci della città.

Non ha una lira, non conosce il domani e si trova a chiedere informazioni ad una nera signora dai capelli corti, allo sportello di accoglienza di un dormitorio. Lei gli regala un cioccolatino, gli offre un letto e lo rende felice.

Quella è per lui vita.

La sera, da quel quartiere malfamato, si trova ancora una volta a guardare i possenti grattacieli da lontano, seduto su un marciapiede, casa di tanti senzatetto per i quali, un letto non c’era. Ha respirato in quel momento la differenza abissale tra la povertà e quel qualcosa di tanto grande ma per lui inutile, la ricchezza. Si scontravano senza parlare, nel silenzio assordante di quella notte.

Proseguendo la sua passeggiata notturna, passa davanti ad un locale. La gente parla costruendo rapporti di pura facciata, finti, di convenienza, dialoghi ubriachi riempiono le bocche di vino rosso e vodka liscia, la musica copre le voci, uomini corteggiano donne solo per dimostrare una virilità inesistente davanti agli occhi degli amici che guardano divertiti e lui, intanto, segue tutto con gli occhi pieni di odio.

Che rabbia.

Tornato in dormitorio, ringrazia la nera signora per la sua gentilezza, prende il suo zaino e riparte.

La stessa notte.

È troppo incazzato per restare.


Si trova ora in Alaska, nell’azzurro bus abbandonato diventato la sua casa, un rifugio dal freddo e dall’infinita natura selvaggia. Nel mezzo del niente, nascosto dietro a dei cespugli. Sta male, ha fame ma non è riuscito a cacciare nessun animale. Una pianta velenosa gli ha causato un forte malessere.
Pensa di morire intossicato.

Si trova così a ripensare a tutte le persone incontrate, alle strane situazioni che lo hanno arricchito e segnato. Quell’anziano avrebbe voluto prenderselo in casa come fosse suo nipote, la sua famiglia si stava tutt’ora chiedendo dove fosse finito, quella ragazzina lo aveva abbracciato con il cuore a duemila, la coppia hippie lo aveva trattato come un figlio offrendogli cibo, compagnia ma soprattutto amore.

Si sente solo e pieno di sconforto per pensare alla vita di domani. In quello stato di terribile vuoto, dove ogni energia manca, ha la forza di prendere in mano la sua penna nera e il suo diario, ha la lucidità di scrivere:

“Happiness is only real when shared”

“La felicità è reale, solo se condivisa”


Il viaggiatore alla ricerca di se stesso, si è forse spinto troppo lontano. È andato in un posto sperduto dove non ha saputo cercare la propria vita prima della propria anima. La fame di conoscenza, ha messo in secondo piano gli altri bisogni fisiologici che prima o poi avrebbero gridato aiuto. Leggeva e non cacciava, scriveva e il tempo passava. Quel bus abbandonato è stato probabilmente la vera casa che non aveva mai avuto, un rifugio dove scavare a fondo.

Ha trovato la fine guardando il cielo e piangendo lacrime di gioia.
In Alaska.

La vita è una continua ricerca e non avrà mai una risposta finale e certa, conclusiva, chiarificatrice. Bisogna sapersi mettere in gioco, accettare le sfide e una volta trovata una risposta, passare alla domanda successiva. La vita deve essere uno stimolo continuo e non deve mai essere intesa come un cammino, nel deserto, senza una meta.
Senza direzione.
Senza acqua.
Senza.

Deve essere un atto di coraggio, una scommessa sì, ma non un gioco d’azzardo.

IMG_5953.full

Erica, anzi Atmosferica.

Posso darti del “Tu”?

Oggi mi sono svegliata con un pensiero. Io scrivo, comunico, mi sfogo, mi carico e mi rilasso, esprimendo come meglio posso ciò che giornalmente ho da dire.

Ma TU?

Da oggi voglio iniziare a parlare con Te che leggi. Non voglio più rivolgere domande o esclamazioni ad un “Voi” generale e generico. È giusto che io parli con Te, con la Tua Persona, il Tuo Cuore, e la Tua Anima. Potresti essere una grande amica, la mia mamma, il mio papà o una persona che io non conosco e forse mai conoscerò. In ogni caso, però, da oggi voglio parlare con Te.

Sappi che assumerai le vesti del mio confidente, del mio amico più stretto o di una valle infinita dove io mi recherò in caso di bisogno. Per urlare di gioia, per lamentarmi di un’ingiustizia o per confessare un segreto. Tu non dovrai fare altro che essere molto accogliente, voglioso di riflessione e di ricerca. Proprio come sono e sarò io. Solo così potremo andare d’accordo e potremo creare uno scambio ricco e reciproco.

Che ne dici?

Ovviamente vorrei ricambiare il favore. Se Ti venisse da chiedermi qualcosa, non esitare. Se volessi farmi delle domande, sono pronta a risponderti e a dedicarti del tempo.

Devi sapere che qui mi sento lontana da tutto e molte volte, vorrei sentirmi più vicina. Sai quale potrebbe essere la giusta soluzione?

Parlare con Te.

Cercherei di capire cosa pensi di quel che scrivo. Vorrei sapere se ti sono di aiuto, di compagnia. Se sei d’accordo o meno con i miei pensieri e le mie linee guida di vita. Non riesco ad avere la percezione, mi sento dalla parte opposta dove sto conducendo una vita temporanea. Sto provando che significa stare nell’altro emisfero, guardare da lontano, ascoltare e pensare alle persone importanti da qui.

Ti confido un segreto. Da quando sono partita, ho sentito crescere in me una dote particolare, un dono magico. Quando penso profondamente a una persona, chiudo gli occhi e immagino di averla vicina, quasi di toccarla. Così facendo, riesco a percepire il suo stato d’animo, riesco a sentirla e a capire se sta bene o se è in un momento di sofferenza, di fatica emotiva. Riesco anche a vederla nella sua quotidianità e mi faccio guidare dalle mie sensazioni, dalla mia immaginazione.

È il mio modo per non sentire troppo la mancanza di chi vorrei qui, è il mio modo per far capire a chi è a casa, che io ci sono. Sono qui ma anche lì.

Più di una volta ho avuto la conferma che questo mio “Potere Speciale” fosse davvero tale. Per questo non credo sia una mia convinzione. Ho avuto le mie risposte e sto tutt’ora continuando ad averle. Mi sento fortunata.

Per questo, voglio parlare con Te. Penso di volerti dare l’importanza che meriti e ovviamente non posso chiudere gli occhi e pensare a Te ma posso pensare di averti mandato un messaggio anche oggi. Una riflessione che potrebbe farti strada. Aggiungendo un pezzo al mio puzzle, magari Ti ho aiutato a capire qual è l’incastro giusto per la tua giornata, una diversa chiave di lettura per la Tua Vita. Partendo da oggi.

In questi ultimi articoli più riflessivi e introspettivi, non Ti sto parlando tanto delle mie giornate, lo so. Ti dico però, che va tutto bene e forse non parlarne, mi sta aiutando ad essere più libera nel prendermi tempo. Per quanto riguarda la foto, per me è molto significativa. In ogni momento in cui mi sono fermata a guardare, gabbiani bianchi e grigi guardavano con me. Sono arrivata a pensare che mi abbiano seguito, abbiano viaggiato con me dal Western Australia fino a qui e siano stati i miei silenziosi compagni di viaggio. Come sai, ho parlato spesso dei gabbiani. Ho visto in loro le mie tre sorelle, la mia mamma. Sempre con me. La mia famiglia.

Anche in quel momento, mi sono fermata per dare spazio e tempo a quella visione. L’ Harbour Bridge. Fino a lì lo avevo visto solo in televisione, al telegiornale. Forse Tu mi puoi capire.

Beh, quei gabbiani, rendevano quel momento reale, libero di volare.

Erica, anzi Atmosferica.

Sydney è uno specchio.

La città di Sydney si sta rivelando uno specchio.

Sono qui da pochi giorni, poco più di una settimana e ancora non ho finito di specchiarmi, di capire chi sono diventata e la trasformazione che mi ha attraversato in questo viaggio. Sto decifrando i cambiamenti sulla mia faccia, nelle mie espressioni e nel mio modo di osservare, nel mio modo di camminare. Già prima che partissi, la mia spiccata attenzione per i particolari, rendeva il mio spirito di osservazione intenso, non comune. Ora è ancor più concentrato tanto da farmi sentire a volte come in un’altra dimensione.

Mi piace guardare e guardarmi, mi piace vedere come alte costruzioni simmetriche si riflettono nelle pareti specchiate delle vicine. Mi sento un po’ così. Vedo del mio in altri, parlare con le persone mi aiuta continuamente a percepire ogni sfumatura della mia trasformazione e giorno dopo giorno scopro qualcosa di me, in Sydney.

Sto tirando le somme di quel che è stato, prima di buttarmi in una nuova sfida che sicuramente mi renderà ancora diversa da quel che sono, da quel che sono diventata. Sono sincera nel dirvi che è difficile. Non è semplice stare al passo e andare a scavare ogni giorno per fare i conti con pensieri nascosti. Non è facile mettere a tacere altri che pretendono ascolto e insistono in testa come martelli pneumatici.

Ringrazio il giorno in cui ho deciso di scrivere. Se non avessi comunicato ogni giorno qualcosa, probabilmente sarei scoppiata. Non sarei arrivata fino a qui senza prima aver elaborato e confessato ogni mio piccolo o grande messaggio.

Dicevo che riesco a percepire altre dimensioni. Mi capita di sedermi su una panchina per osservare, per capire. È proprio lì che sto bene. Mi rilasso e mi sento quasi trasparente. Vedo la gente passare e faccio pensieri su di loro, su chi potrebbero essere. Guardo così Sydney e la sua vita, facendo mio ogni stimolo positivo che posso catturare da figure erranti o statiche come questi grandi palazzi.

Mi sto specchiando, mi sto analizzando e chiedo scusa se sto avendo bisogno di tempo. Abbiate pazienza.

Il tizio che mangia un pezzo di focaccia troppo velocemente, mi fa pensare a quando non mi gusto il cibo per la fretta di finire. La donna che cammina a passo spedito con tailleur e scarpa elegante, mi fa pensare che vorrei diventare così. Una donna elegante. Il giovanotto che canticchia stonato con la musica nelle orecchie, mi fa pensare che la vita è anche quello, può sembrare stonata fuori ma essere una splendida melodia dentro. La mamma e la figlia che mangiano un gelato gustoso passeggiando per negozi, mi fanno pensare alla mia, mi manca. L’artista di strada che sta in ginocchio sull’asfalto dando vita ad un’opera d’arte di gessi colorati, mi fa pensare che la vita è anche questo, un bellissimo quadro dipinto con fatica.

IMG_6785

Tutto è uno specchio, Sydney è uno specchio.

Erica, anzi Atmosferica.

Il libro della vita.

Oggi vorrei affrontare il tema della “Lontananza”.

Vorrei parlare del potere chiarificatore che sta avendo sulla mia persona, sulla mia mente, sulla mia anima. La decisione di partire e portarmi così distante da Casa, è stata sicuramente una scelta pensata che sapevo mi avrebbe dato tanto, scavato dentro e fatto capire quali sono le persone importanti, quali le esperienze che mi hanno davvero fatta crescere, che mi hanno cambiata e resa più consapevole.

Il viaggio è una ricerca, un cambiamento cercato e un punto di svolta. In un breve periodo di vita, in un lasso di tempo stabilito o quasi, la persona che parte diventa un’altra, l’anima che si evolve si trova a non rispecchiarsi più in ciò che era e tutti i nodi vengono al pettine. Ma proprio tutti!

Il viaggio ti mette di fronte agli ostacoli fino a quel momento ignorati per paura o pigrizia, ti aiuta a creare due grandi insiemi chiamati “Vero” e “Falso”, oppure “Importante” e “Non importante”, e poi ancora “Primario” e “Secondario”.

Portandomi lontana migliaia di chilometri, ho riempito questi grandi sacchetti e collocato nel posto giusto persone, ricordi, esperienze e pensieri. Sono riuscita soprattuto a capire chi sono io e cosa vorrei da questa vita, per cosa vorrei combattere e a cosa vorrei puntare per arrivare un giorno a sentirmi una persona soddisfatta. Orgogliosa.

La “Lontananza” è una lente di ingrandimento. Ho posizionato nella scatola dell’ “Importante” delusioni e dispiaceri perché è solo grazie a questi che sono oggi più consapevole e positiva, coraggiosa e Donna. Ho gettato tante persone nel “Secondario” e tante inutili promesse nel “Falso”.

La cosa certa è che ad ogni bivio, andrò nella direzione del “Vero”, dell’ “Importante” e del “Primario”. Non farò più scelte poco pensate o avventate, non regalerò nulla a chi non merita e non mi ostinerò a cercare verità nel “Falso”.

Il “Secondario” sarà sempre presente anche perché senza quello non esisterebbe il “Primario” ma ciò che è sicuro, è che ora ho la lucidità di identificarlo e di metterlo in secondo piano. L’ “Importante” farà da linea guida nelle Amicizie, nei Valori, nella Famiglia e nel Sacrificio. Quello è essenziale per comprendere il “Vero” e il “Primario”.

Sono grandi insiemi in cui ognuno può trovarci dentro qualsiasi persona, decisione, sentimento o emozione. Deve avvenire tutto con estrema semplicità e naturalezza, altri due atteggiamenti fondamentali per una buona riuscita. Una buona vita.

La “Lontananza” si può sperimentare in diversi modi. Non sta scritto da nessuna parte che sia sinonimo di “Chilometri”. Ci si può sentire lontani anche quando si è vicini, ci si può allontanare anche stando fermi. Il trucco sta tutto nell’ascoltarsi e capire quando è il momento di farlo. È importante ad un certo punto, fare i conti con quella che è la sfera più intima di ognuno di noi, è nascosta, è difficile e insidiosa. È importante andare a scavare, mettendo in stand-by tutti i condizionamenti esterni, influenze negative.

Parlando di me, posso dirvi che ero arrivata a un punto in cui non riuscivo più a distinguere il “Vero” dal “Falso”, mi trovavo a fronteggiare continuamente situazioni in cui solo dopo averci messo il cuore, capivo di averle sopravvalutate. Regalavo a chi non meritava e non davo abbastanza a chi mi chiedeva amore. L’ “Importante” si confondeva con il “Non Importante”, quest’ultimo faceva ombra in molte situazioni e non sopportavo critiche, consigli e opinioni in contrasto con le mie. Volevo fare tutto di testa mia, raramente ascoltavo chi vedeva dal fuori e giudicava “Secondario” qualcosa per me in quel momento “Primario”.

Ho voluto segnare un punto netto nella mia storia. Ripartire da zero. Non sono scappata, tutta la mia vita è comunque ancora scritta nel mio libro e passo dopo passo, capitolo dopo capitolo, mi sono presa il tempo per rileggere tutto, per elaborare da lontano, per giudicare i miei comportamenti e le mie decisioni nel tempo. Ho riletto tutto con molta calma, ho trovato errori di punteggiatura, frasi senza un senso e discorsi lasciati a metà. Ho corretto tutto con una bella penna rossa, ho voluto interpretare le frasi sconnesse da tutto il resto e mi sono ripromessa di concludere quei discorsi. Le Amicizie le ho cerchiate in verde. Sono poche. Quelle giuste.

Alcuni paragrafi hanno meritato una lettura più profonda. Le parole andavano oltre, il significato era solo mio e forse sarà per sempre tale. Ho capito che è giusto avere dei segreti, purché facciano parte del “Vero”, dell’ “Importante” o del “Primario”. Custodirò le mie verità nel cuore e deciderò di confidarle solo a chi saprà leggere la mia essenza.

Un giorno, dopo una grande delusione amorosa, il mio papà mi ha detto una cosa:

“Tu sei come una perla preziosa, chiusa nella tua conchiglia. Sarai tu a decidere quando schiudere le tue protezioni. Mi raccomando però, dovrai decidere di donarti solo a chi sarà consapevole del tuo valore e del gioiello che avrà tra le mani.”

Erica, anzi Atmosferica.

Non è un sogno.

Siamo in viaggio.

Vi scrivo dal sedile di sinistra, quello ricoperto da un asciugamano fantasioso mentre una pioggerella vaporosa si posa sulla grande finestra davanti a me. Piedi appoggiati sul cruscotto e, nonostante il brutto tempo, sento il mio corpo pieno di adrenalina. Il volume della musica è fissato come sempre sul 45 e anche se sono canzoni ascoltate fino alla nausea, oggi mi sembrano tutte nuove.

Guardando fuori da questa finestra che dà sul mondo, mi vengono in mente le parole di un personaggio che compare in “Waking Life”, guardato in campeggio con Matteo pochi giorni fa. Un film pieno di massime condivisibili, riflessioni importanti e assiomi di vita, che affronta il tema del Sogno. Quello che parlava era un uomo alla guida della sua macchina la quale aveva tutte le sembianze di una piccola barca a motore bianca e azzurra.
Da qui, mi sento un po’ quell’autista e anche se non sto guidando, la scena e i miei pensieri si avvicinano ai suoi e al sogno.

Vi trascrivo qui di seguito le sue parole, consigliandovi ovviamente la visione di questo film. Ormai lo sapete che mi piace darvi idee e spunti! Come dice Matteo, noi siamo la somma delle nostre esperienze e delle persone incontrate. Siamo una rete in continua espansione composta di emozioni altrui, consigli, suggerimenti e condizionamenti oltre che di tutto ciò che ci appartiene dalla nascita, dal sangue. Siamo un concentrato di quel che abbiamo visto, incontrato e vissuto e sarebbe bello, un giorno, unire tutte le nostre reti fino a formare un reticolato di condivisione che racchiuda il mondo intero.

“Io credo che il veicolo debba essere un estensione della propria personalità.

Questa è la mia finestra sul mondo, ogni istante è uno spettacolo diverso. Io magari non lo capisco, magari non sono neanche d’accordo con questo mondo, ma sai una cosa? Lo accetto e continuo a galleggiare.

Il viaggio non richiede una spiegazione, ma solo dei passeggeri.

È come arrivare su questo pianeta con una scatola di pastelli, c’è chi ha la scatola da otto pastelli e chi quella da sedici. Ma quello che conta è quello che fai, con i pastelli, con i colori che ti hanno dato. Non state a preoccuparvi di colorare fuori dai contorni, colorate fuori dai contorni, dico io, ma anche fuori dalla pagina! Non mettetevi limiti!”

Tratto dal film “Waking Life”

Mi rimarrà nel cuore Matteo insieme a tutti gli altri amici incontrati a Pemberton.

Triste ma magica Pemberton.

Ieri sera Stefania ha cucinato per tutti, era un mio grande desiderio. Lei ha un’attitudine particolare ai fornelli e quando la vedo concentrata, percepisco un talento innato. Penne con ragù (non mangiavo un piatto di pasta così buono da tre mesi) e patate bollite saltate in padella con sale e spezie. Ha cucinato per dodici persone ma non è stato un problema, è una grande.

Per chiudere in bellezza, ho deliziato gli altri con fragorose risate stando al gioco delle loro battute. Dovete sapere che ultimamente non ero più Erica ma…

…A SFERICAAAA…

😂

Vi garantisco che è stato un divertente pit-stop lungo tre settimane. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa ampliando la mia rete e io spero di aver fatto lo stesso con loro.

GRAZIE SFERICIIII…

🙂

Intanto Vando corre, tra poco toccheremo la prima tappa. Solo due ore di strada, poco più di 200 chilometri tra folte foreste secche e poche distese aride popolate da mucche nere.

Null’altro fuori ma l’infinito dentro.

Erica, anzi A SFERICAAAA!!

Dovevo parlare.

Quel senso di insofferenza di cui vi ho già parlato, mi ha accompagnato fino al mare. Continuava ad insistere in me una brutta sensazione tanto che, il telefono ha deciso bene di non cercare connessione.

Dovevo pensare, riflettere ed elaborare. Mi sono concentrata sulle onde e poi sull’orizzonte. Continuavo a parlare ma non mi sentivo abbastanza e mentre stavo lì, tirata da quella forza, la voce è diventata alta.

Parlavo a me stessa come se fossi la mia amica del cuore, chiedendomi per favore di sfogare e nel caso di urlare. Ho visto una razza e poi dei gabbiani volare, ingolositi da miele e cereale.

Lanciavo a loro qualche briciola, il mare si stava arrabbiando.

No scusa, non volevo sorvolare.. Ora ti parlo.

Dammi solo un attimo, un momento.

Le alghe erano marrone chiaro, uno strano colore e una strana forma difficile da descrivere, identificare. Sembrava corallo spezzato oppure un tronco di un albero annacquato…
Era davvero singolare ma ancora dovevo parlare.

Sono tornata alla riva, stavo in piedi nella sabbia infossata, l’acqua mossa era insabbiata e non vedevo il fondo, non volevo nuotare. Che paura, non ero rilassata e poi, dovevo parlare. La testa mi scoppiava, il caldo mi abbatteva ma l’acqua fresca non bastava.

Il mio amico e compagno di viaggio, mi guardava da lontano. Mattia avrebbe voluto sciogliere i nodi e così si è avvicinato. Ero chiusa, scontrosa e una sola parola di troppo mi avrebbe fatto scattare, scoppiare.

Così è accaduto ma lui è stato bravo. Il problema di fondo chiedeva un dialogo maturo, un diretto confronto, senza nessun girotondo! Uno scontro ragionato, guarisce ogni male e dissolve ogni dubbio perché sì, l’importante è parlare. Mi ha fatto domande mirate, non potevo scappare! Erano lì nitide e chiare, finalmente dovevo chiarire. Gli ho parlato di quel che sentivo, di quel che mi bloccava e mi schiacciava. Il mio problema è sempre lo stesso da tempo con ogni persona che incontro. Ho il brutto vizio di voler aiutare, addossandomi a volte altrui preoccupazioni o problematiche irrisolte. Devo dare anche a chi non chiede e devo essere sempre forte, per me e per altri. Voglio essere più egoista, soprattutto in questo viaggio. Voglio seguire il mio istinto con la certezza che potrebbe essere nient’altro che un vantaggio.

Pochi minuti di magone e poi il sollievo nel cuore…

Finalmente, più nessun rancore.

Erica, anzi Atmosferica.

Due mesi.

Inizia il terzo mese in Australia.

Mi piacerebbe fare il classico bilancio di fine mese, un resoconto. Vorrei tirare le somme per la seconda volta, insieme a voi.

La cosa strana è che anche oggi sto viaggiando verso Perth. Due mesi fa atterravo esattamente in queste ore e non potevo immaginarmi niente.

Un salto nel buio.

Sono curiosa di vedere l’effetto che mi farà vedere la città da lontano. Quei grattacieli che tanto non mi piacevano, dopo questo viaggio potrebbero darmi sensazioni diverse.

Forse mi farà bene trascorrere qualche giorno a Perth, forse non vedrò l’ora di ripartire di nuovo.

Due mesi di continua trasformazione e viaggio ininterrotto. Dentro e fuori. Verso nord e ora verso sud.

Una lunga corsa su questa striscia di cemento che separa distese infinite di natura, una continua scoperta di ciò che mi appartiene e che non pensavo potesse mai essere parte integrante di me.

Ho conosciuto un’Erica più simpatica del solito, più ansiosa del previsto e molto avventuriera. La taciturna Atmosferica e quella molto espansiva.

Per il resto solo grandi conferme. Confermo la mia solarità e il mio entusiasmo. Calma e sangue freddo. Sono sempre io, vitale, gioiosa, sempre sorridente e molto riflessiva.

Due mesi di lontananza da Casa. Inizialmente mi mancava, ora ancora di più. Guardando tutto da lontano, vedo tutto più nitido. Ho sempre più chiaro chi sono e chi voglio essere.

In questa vita vorrei fare grandi cose, ho dei piccoli progetti e idee sempre pronte a stupirmi.

Voglio comunicare e vivere di questo. Voglio regalare quello che ogni giorno sento abbondare nel mio cuore, nella mia anima. Voglio donare sorrisi e storie.

Non vorrei smettere mai di farlo.

Voglio vivere a pieno questa esperienza che ricorderò per il resto della vita. Un giorno, quando sarò grande, la racconterò con le farfalle nello stomaco ed emozione. Mi sto espandendo, mi sto moltiplicando e qui c’è tanto spazio.

L’Australia è grande.

Posso crescere a dismisura.

Momenti di silenzio mi stimolano. Penso a cose che potrei fare che mai, e dico mai, avrei sognato di pensare.

Ricordo, una settimana fa, mi sono vista che parlavo a ragazzi giovani. Uno degli impegni che potrei prendermi, potrebbe essere quello di andare a trasmettere motivazione ai più piccoli, vorrei che tutti abbiano il coraggio di sperimentare, di uscire dagli schemi imposti dalla società o magari da un’educazione ferrea. I giovani devono viaggiare prima di avviarsi pretendendo di conoscersi.

Non serve essere ricchi per potersi permettere una ricchezza interiore.

Chiunque può perseguire i propri obiettivi, come meglio crede. È giusto considerare più strade.

Questo lo devo comunicare. La sento un pò come una vocazione.

Un’altra idea è quella di mettere insieme, un giorno, alcuni dei miei articoli, forse tutti o forse quelli per me più importanti.
Potrei scrivere un libro.

Perchè no.

Vorrei anche fare tesoro delle magnifiche fotografie che ritraggono spettacoli colorati. Sì, potrei chiedere a chi ha il talento della pittura, di realizzare dei quadri. Poi vorrei raggrupparli in una grande sala, e vederli tutti esposti in una mostra.

Che ne pensate?

Queste idee sbocciate nella mia testa, si svilupperanno. So che se me ne prenderò cura, potrò farle crescere e annusarne il profumo una volta fiorite.

La cosa certa è che quello che sto scrivendo rimarrà. È scritto e rimane qui per chiunque voglia leggere. Mi sono presa questo impegno senza fatica, sto liberando la mia passione.

Finalmente.

L’idea di lavorare nel grande mondo della comunicazione, organizzare eventi e continuare una strada coerente con le mie precedenti esperienze lavorative. Quella è sempre viva dentro me.

Quando riesci ad uscire dai confini di ciò che consideri normalità, puoi riscoprirti o ancora di più, puoi conoscerti davvero. Puoi anche convincerti che davvero sei quel che credevi oppure puoi trovarti costretto a ripartire da zero.

Due mesi. Qualche settimana di ambientazione, un mese di lavoro come cameriera, l’inglese è migliorato, venti giorni di viaggio e ora, per la seconda volta ritorno a Perth.

E ora?

Scopriamolo insieme.

Erica, anzi Atmosferica.


Quel gabbiano bianco stava lì. Le folate di vento non lo spostavano di un millimetro. Lui voleva stare su quelle pietre ad osservare l’infinito.

Lancelin.

Solo questa prima giornata di viaggio on the road, mi ha riempita talmente tanto che non oso immaginare quanto sarò piena alla fine di questa magica esperienza. Di tutto, assolutamente sazia di tutto.

Siamo partiti dalla città con molta calma verso l’ora di pranzo, il caldo era afoso e tra l’agitazione e l’adrenalina, si respirava tra noi un clima inspiegabile! Davvero non ve lo riesco a spiegare! Non vedevamo l’ora di accendere i motori e partire ma non volevamo farlo senza prima esserci assicurati di avere tutto l’indispensabile, senza prima aver posizionato al posto giusto oggetti, scatole e arredi che avrebbero potuto prendere il volo alla prima frenata di Vando.

Dopo pochi chilometri già si aprivano spazi verdi, spazi deserti e lunghe strade senza fine. Ho attivato al massimo i miei sensi, catturavo immagini, sensazioni e suoni. Stavo seduta sul sedile posteriore, arrivava poca aria e bevevo molta acqua. Sudavo ma stavo bene. Franci e Mattia davanti a me erano felici, lei canticchiava sorridendo, lui muoveva la testa a ritmo di musica.

Direzione Lancelin. Le Dune di Lancelin sono famose per lo spettacolo mozzafiato di sabbia fina e bianca che, grazie al vento, va a dare lineamenti delicati e morbidi al paesaggio.

Giunti a destinazione dopo un’ora e trenta circa, eravamo euforici. Avvicinati alla costa, abbiamo ritenuto opportuno goderci la spiaggia e il mare per il pomeriggio e poi, quando il sole sarebbe diventato meno caldo, saremmo andati a scoprire le dune, situate a poche centinaia di metri da noi.

Sono rimasta piacevolmente sorpresa dal mare. Le onde erano praticamente inesistenti, non c’era troppo vento e l’acqua era cristallina. Ho subito pensato che avevo bisogno di fare un bagno di quelli giusti e rifocillarmi dal caldo viaggio. Mi lasciavo cullare, galleggiavo in posizione stellare. Franci la vedevo, faceva lo stesso.

🙂

Eravamo estasiati da quello che vedevano i nostri occhi. Parecchie barchette erano ormeggiate nella baia e sulla destra un isolotto dava quel tocco in più.
Buttando l’occhio a sinistra, invece, le vele colorate dei surfisti mi hanno fatto subito pensare che il vento, da quella parte, fosse bello potente. Noi eravamo al riparo, da quella parte volavano.

Tra noi oggi è stata una giornata abbastanza silenziosa. Penso che ognuno sia in viaggio prima di tutto con la propria anima, le emozioni sono forti e metabolizzarle è impegnativo. Sono tanti i pensieri che mi frullano in testa e penso sia lo stesso per loro. Elencandone qualcuno posso dirvi che mi sento fortunata, libera e finalmente lontana dalla città. Mi manca la mamma, la mia famiglia e le mie amiche e vorrei che tutti potessero essere qui con me anche solo per un secondo. Sono curiosa, non vedo l’ora di andare alla scoperta del nuovo e tenerlo poi stretto stretto tra i miei ricordi di quando sarò più grande. Mi sento a contatto con la natura, con il vero. Poche cose sono necessarie e mi accorgo di quante piccolezze e stupidate sempre considerate di prima importanza, siano diventate secondarie.

Dopo una breve siesta in compagnia di Vando parcheggiato all’ombra di un grande albero, abbiamo deciso di passare la notte a Lancelin. Un campeggio distava 500 metri da noi.

Il tempo di chiedere all’ingresso se ci fosse disponibilità e via…abbiamo pagato 40 dollari per lo spiazzo alla signorotta ed era fatta. Avevamo una casa!

I cinque minuti a piedi per raggiungere le dune, sono stati suggestivi. In lontananza vedevo queste colline dai lineamenti morbidi e non capivo quanto fossero distanti. Potevano essere mille metri come cento. Non ne capivo la grandezza e non avevo metri di paragone.

Credo di avere difficoltà ad esprimere a parole quello che vedevo e sentivo. Un mix di brividi e batticuore. Non vedevo l’ora di essere lì, ai piedi di quello spettacolo e salire su! Salire su fino al punto più alto. Sentire la sabbia sotto ai piedi e giocare tra i dislivelli.

Eravamo distanti l’uno dall’altro almeno una cinquantina di metri. Ognuno se la godeva in solitaria e in silenzio.

Vedevo Franci seduta sulla sabbia lassù, non capivo quanto distante fosse. Mattia, invece, correva verso un punto per lui fantastico per scattare una foto.

Io stavo lì, ho appoggiato lo zaino, mi sono levata le infradito e guardavo l’orizzonte. Lontano vedevo il mare, queste colline di sabbia fina erano davvero incredibili! Sembrava un pezzo di deserto, una fetta di paradiso, non ve lo so spiegare!

Rientrando in campeggio, di nuovo silenzio. Eravamo scossi, senza parole. Penso che questo posto sia stato magico per tutti e tre. Si sentiva solo il rumore dei nostri passi e del tallone che sbatteva sulla suola delle infradito.

Vando ci aspettava a braccia aperte. Quando lo vedo parcheggiato da lontano, mi emoziono e penso:

“Sto davvero per fare il giro dell’Australia su un Van. Lo sto già facendo!”.

Abbiamo fatto una doccia, ci siamo cucinati la pasta e abbiamo apparecchiato con tovagliette a righe nere e bianche il nostro tavolino rosso. La nostra candela, anch’essa rossa, riscaldava l’Atmosfera e tra noi continuavano i momenti di silenzio. Una musica di sottofondo ci coccolava e alle sette e trenta è calato il sole.

La giornata ci ha salutato con un tramonto rosa, arancione e giallo. Le nuvole bianche erano contornate da un rosa più intenso e si sentiva l’odore del mare.

Ciao Lancelin, grazie dei tuoi silenzi.

Erica, anzi Atmosferica.


Tutte le foto le carico quanto prima sulla pagina Facebook.