Mi sembrava di toccarlo…

Mi chiedo come farò a non vedere il mare quando tornerò a casa. Me lo sto chiedendo seriamente perché tornerò seriamente un giorno.

Forse mi mancherà l’aria! Andrò a trovarlo la domenica, anche in un giorno di inverno.

So che lo farò perché guarisce ogni male, solletica l’emozione e si allunga e si ritira, senza mai darsi pace.

Siamo andati a Bunbury, un paesino affacciato sul mare, un porticciolo a completare e tanti locali e localini nella via principale. Un bagno in mare valido per tutti i giorni in cui non l’ho potuto toccare e qualche passaggio a pallavolo con amici che facevano di tutto tranne che galleggiare.

Agitati e divertiti, si passavano la palla senza riuscire a farla volare. Ridevo a squarciagola davanti ad ogni scena ed ero leggera. L’acqua levigava senza troppa forza, il sale disinfettava e la sabbia era morbida. Mi ci sono distesa sopra, ero sola ma in compagnia, la musica entrava nell’anima quasi a dirmi… “Erica! Che nostalgia!”

Il gioco era quello di schiacciare al settimo palleggio, nel giro di pochi minuti, abbiamo cambiato le regole: SCHIACCIA CINQUE.

Era difficile governare la sfera senza che la dolce corrente ti portasse un po’ via. Il sole era basso, sin dall’inizio e alle diciotto, stava andando giù, verso il tramonto.

Era vicino vicino, mi sembrava di toccarlo e ho chiesto a Matteo di immortalarlo. Il sole, il tocco.

Bunbury è stata speciale, una bella sensazione via dalla quiete della nostra situazione attuale. Ciao caro paese, mi hai mostrato novità anche nella tua spiaggia senza niente, solo il mare. Sono felice di averti visto prima della partenza che sarà nuova ma già vissuta e sarà lontano da te, verso una terra che mi chiama, mi assilla, mi tira e mi AMA.

Erica, anzi Atmosferica.

Siamo agli sgoccioli!

Buongiorno!

Secondo giorno di riposo. Il tempo atmosferico di Pemberton, non è mai troppo simpatico. Sembra un po’ la Londra del Western Australia ma finché siamo qui per lavorare, può farci tutti gli scherzi che vuole.

Dovremmo essere agli sgoccioli. Ancora tre/quattro giorni e poi la stagione degli Avocados sarà ufficialmente conclusa. La raccolta è praticamente finita e di conseguenza, gli ultimi frutti stanno per essere imballati.

Tre settimane piene di lavoro, erano l’obiettivo che ci eravamo prefissati. Un buon guadagno, molte ore, stanchezza fisica ma soddisfazione. Contiamo di ripartire giovedì, al massimo venerdì e allora lì verrà il bello.

Ovviamente, placate ogni curiosità perché vi aggiornerò sui nostri spostamenti solo al momento opportuno. Vi posso dire che non vedo l’ora di continuare l’esplorazione e quando ci penso, mi emoziono!

Altra partenza, altro giro, altra corsa.

Ancora molti chilometri da macinare, paesaggi magnifici da gustare, profondi respiri, colorate fotografie, e poi le città, la costa est, l’estate che finirà ma il clima comunque caldo delizierà il nostro viaggio.

Mi sento fortunata, carica e curiosa.

Prima di concludere, vorrei dirvi che ho letto il mio articolo di ieri agli amici qui in campeggio. È stato davvero un momento carico di emozione, avevo il cuore in gola e non mi era mai successo. Un piccolo pubblico mi ha fatto sentire speciale, man mano che proseguivo nella lettura, interpretandola come meglio preferivo, sentivo il fiato che si accorciava e prendevo grandi respiri concedendomi piccole pause. È stato intenso e mi sono sentita ascoltata, capita e apprezzata.

Buona domenica e tanti auguri agli innamorati.

Erica, anzi Atmosferica.


Amo questa foto, Vando che segue le nuvole.

Verso l’infinito e oltre…

Luce e oscurità.

Continua a leggere Luce e oscurità.

MAI DIRE MAI.

“Così smisi di costringermi a scegliere – Italia? India? Indonesia? – e ammisi che volevo conoscere tutti e tre i Paesi. Quattro mesi per ciascuno, un anno in tutto. Certo, era un sogno leggermente più ambizioso dell’acquisto di una scatola di matite. Ma era quello che volevo. E poi volevo scrivere di tutto questo. Per me non erano tanto luoghi da esplorare, altri viaggiatori lo avevano fatto prima di me; quello che mi interessava era indagare un aspetto di me stessa sullo sfondo di ciascun Paese. Volevo imparare l’arte del piacere in Italia, l’arte della devozione in India e, in Indonesia, l’arte di bilanciare l’uno e l’altra. Solo più tardi, dopo aver capito qual era il mio sogno, mi sono accorta che i nomi di quei tre Paesi cominciano tutti con la I. Mi è sembrato un presagio semplice per un viaggio alla scoperta del mio Io.”

Elisabeth Gilbert – “Mangia, prega, ama”

Questo libro continua a scavarmi e a creare in me nuovi pensieri e numerose possibili idee. Quelle che leggete potrebbero essere parole scritte da me, desideri nascosti dentro ai mille cassetti che ogni tanto vado ad aprire, giusto per rendermi conto che tutto nella vita è possibile.

“MAI DIRE MAI”

È una frase SEMPRE vera in ogni circostanza che mi fa puntualmente mettere in dubbio i progetti a lungo termine, moltiplicando nella mia testa le possibili opzioni e le tante strade che potrebbero aprirsi se solo evitassi di precludermi di vedere alcuni colori del ventaglio della vita, perché troppo strambi.

Ragionamento complesso che forse nemmeno i miei genitori potrebbero interpretare correttamente. È una profonda riflessione che ogni giorno mi chiama all’ordine.

Penso a quando la mamma mi dice di ascoltare la vocina. Lei ha sempre ragione e se sei in grado di sentirla, non ti sarà negata la possibilità di scoprire la verità, andando dove ti vuole portare. È difficile ascoltarla, ma una volta individuata e accettata, è molto semplice chiederle qualsiasi cosa in ogni momento. Mi piace farlo prima di dormire, quando adoro parlarmi e chiedermi se sono felice. Mi faccio domande, ascolto le risposte cercando dentro di me l’assoluta imparzialità.

Non passa giorno che io non mi chieda se sono dove davvero vorrei essere e non ho paura di farlo. A tutto c’è una soluzione e una possibile alternativa, non una via di fuga ma un’alternativa.

La risposta è , sono dove vorrei essere. Sono in Australia e mi sto muovendo nella direzione giusta. La vocina mi accompagna, mi dice che negli ultimi due mesi e mezzo della mia vita ho fatto come un salto. Mi ritrovo a volare con i gabbiani e forse devo ancora abituarmi alle vertigini. Mi dice anche che finalmente sono riuscita a sciogliere dei nodi dentro al mio cuore e che è orgogliosa di come riesco a comunicare con la mia famiglia e con il mondo intero.

La vocina mi dice che devo viaggiare in questo Paese e raccontare quel che vedo e sento. Un giorno, solo a rileggere le mie riflessioni, mi verrà un magone difficile da trattenere.

Se la ascolto bene, mi dice che vorrebbe vedere anche degli altri Paesi. L’arte del piacere, la potrò apprendere in Italia al mio ritorno… Ma l’arte della devozione, mi attira e mi chiama.

Sto lasciando correre la mia immaginazione e perché no, magari un giorno la seguirò come ho voluto fare nell’ultimo periodo.

Non mi precludo niente.

La vocina ovviamente, dice che devo lavorare ora. Devo guadagnare per poi tornare ad esplorare. Se mi parla di futuro, per il momento mi limito ad ascoltarla e magari un giorno metterò in pratica ma non ne sono certa. Ogni giorno il futuro cambia e anche la settimana prossima è ancora troppo lontana.

Ad ogni modo, il viaggio alla scoperta del mio Io è iniziato il 12 novembre 2015 e sono tremendamente abbagliata dalla luce che segna la mia strada.

Erica, anzi Atmosferica.

Al parco giochi.

Sono le 10.51 e se la giornata finisse ora, andrei a letto felice. La sveglia alle 5.30 suonava insistente, chiedendoci di aprire gli occhi e metterci alla ricerca.

Le Farm aprono i lavori alle 6 della mattina ed è stata la nostra strategia quella di svegliarci con i lavoratori e presentarci a inizio giornata.

Ci sono vari pareri per quanto riguarda la ricerca del lavoro in Farm. C’è chi dice che sia giusto presentarsi la mattina presto per sottolineare motivazione ed entusiasmo, c’è chi sostiene che per avere attenzione sia meglio bussare alla porta delle aziende dopo pranzo. Noi abbiamo optato per la prima filosofia.

Oggi in Australia si celebra l’Australia Day, la festività in corso ci ha fatto trovare molti cancelli chiusi lungo la strada ma l’unica azienda che abbiamo trovato aperta è stata la nostra fortuna, almeno oggi.

Tre ragazzi facevano colazione con un cappuccino, un avocado sulla scrivania ha portato la mia logica a pensare che lì coltivassero quel frutto, le piantagioni erano nascoste dietro al tendone bianco.

Con aria simpatica, ci hanno detto che non avevano lavoro da offrirci ma il biondo, si è fatto avanti suggerendomi di chiamare un suo amico, Justin.

“Lui credo stia cercando personale per la raccolta dell’uva. Ecco il numero… E buona fortuna!”

Vista la poca speranza di parlare con qualcuno, abbiamo subito chiamato Justin.

Vai Caro Justin, facci sognare!

Vando al lato della strada, Mattia si è allontanato per concentrarsi e dalla sua esclamazione di fine telefonata, sembrava che fosse stata positiva.

Dopo un’ora, il cielo nuvoloso si è aperto e l’ottimismo ha avuto la meglio. Un messaggio di Justin diceva che domani dovremo presentarci alle 6 di mattina in vigna, con una prova di un giorno testeranno se siamo bravi lavoratori e se andrà bene, avremo un lavoro.

E ANDIAAAAAMO!

Per quanto riguarda la permanenza a Pemberton, si sta rivelando molto divertente. Una compagnia cospicua di italiani provenienti da ogni parte dello stivale, ci ha accolto con grande entusiasmo.

Sì lo so, starete pensando che un gruppo di italiani era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno.

E invece no.

Parlando per me, avevo la necessità di ritrovarmi a ridere in compagnia e a sentirmi parte di un caloroso gruppo. Siamo tutti qui, sembra un reality show in cui il nulla costringe a dialogare, conoscersi moltissimo in pochissime ore. La LITTLE ITALY mi sta facendo tornare bambina, mi ritrovo a parlare di viaggi e strane esperienze seduta su un’altalena rendendomi conto di quanto sia bella la semplicità di dondolare con il vento tra i capelli. Rido come una matta alle battute di Matteo e Tommaso, i due simpaticoni del gruppo. La dolcezza di Stefania mi ricorda la mia amica Alice anche nella conformazione del viso e del nasino a patatina, la semplicità di un parco giochi con la sabbia bianca, ci riunisce tutti per lunghe ore senza bisogno di niente.

Discorsi sul senso della vita e sul motivo delle nostre partenze mi appassionano, il gioco delle carte mi rende spensierata e forse avevo proprio bisogno di questo. Sì.

Anche dagli italiani ho molto da imparare, ognuno ha la propria cultura e la propria storia e ascoltare il vissuto delle persone qui, mi emoziona. Prima di scrivere e di raccontarmi mi piace ascoltare.

Buona giornata cari amici, un saluto dall’unico parco giochi di Pemberton.

Erica, anzi Atmosferica.

Il faro.

La punta sud della costa ovest, nella regione di Margaret River, è identificata dal Faro di Capo Leeuwin.

Questo angolo di Australia, nell’estremo sud-ovest, è dedicato alla memoria di tutti i marinai del mondo. La dedica fu fatta dal primo ministro dell’Australia occidentale, John Forrest, il 10 dicembre 1896 durante l’apertura ufficiale.

In questo caso qualche dettaglio storico non mi sembra niente male.

Che ne dite?

Capo Leeuwin era spesso il primo approdo in terra australiana per le navi che viaggiavano attraverso il Capo di Buona Speranza. Tanti eroi del mare hanno trovato la loro fine tra le onde impetuose dell’oceano e vedere quelle targhe con i loro nomi disposte in fila sulla parete, è stato di forte impatto.

Cape Leeuwin Lighthouse, la casa della luce.

Una costruzione tanto perfetta quanto luminosa. Il sole si rifletteva sulle pietre bianche, facendolo sembrare vivo.

Sembrava che volesse gridare: “Io devo regalare luce!!”

Le sue intenzioni erano chiare ed ero totalmente appagata dalla bellezza di quel che vedevo. Il cielo era di un azzurro tanto pieno quanto quel bianco. Arrivata lì sotto, mi sono seduta su una panchina, il giardino era potato con cura e le onde sbattevano sugli scogli rossi.

Da lì, il sole si nascondeva incoronando di una luce angelica la sommità del faro. Che stupore.

Mi sembrava di avere una visione paradisiaca. Il bianco, la luce, l’azzurro.

Poteva essere una rivelazione e io mi sono concentrata nell’ascoltare. Percepivo un’essenza divina in quel che vedevo e che sentivo.

Ho ascoltato la luce.

Erica, anzi Atmosferica.


Vi trascrivo qui di seguito il dialogo tra Elisabeth Gilbert e uno sciamano indonesiano. Mi sto ritrovando molto nella lettura di questo libro in cui la scrittrice, parla del suo viaggio di un anno alla ricerca della verità, della sua verità.
Molti di voi conosceranno il libro, o il film interpretato da Julia Roberts.

“Voglio avere un contatto duraturo con Dio” gli dissi. “Qualche volta mi sembra di percepire l’essenza divina di questo mondo, ma poi ne perdo il senso, distratta da piccoli desideri e piccole paure. Io voglio restare sempre accanto a Dio, ma senza farmi monaca o rinunciare interamente ai piaceri della vita. Voglio vivere nel mondo e godere delle gioie che ci offre, ma voglio anche imparare a dedicarmi a Dio.”
Ketut disse che mi avrebbe risposto con un disegno. Mi mostrò uno schizzo che aveva fatto durante una meditazione: una figura umana androgina, in piedi, con le mani congiunte in preghiera. Ma quella figura aveva quattro gambe, e al posto della testa un groviglio di foglie e fiori selvatici. Sul cuore era disegnato un piccolo viso sorridente.
“Per trovare l’equilibrio che stai cercando” mi rispose Ketut attraverso l’interprete “Devi diventare così. Devi tenere i piedi ben piantati a terra, come se avessi quattro gambe. In questo modo puoi vivere nel mondo, ma devi smettere di guardarlo con la testa, devi guardarlo con il cuore. Così conoscerai Dio.”

“Mangia, prega, ama -Una donna cerca la felicità” di Elisabeth Gilbert

Jewel Cave.

La grotta del gioiello, un gioiello di grotta.

Libera interpretazione.

Sembra una foto scattata a coralli sul fondale marino e invece no, ritrae il fondale della Jewel Cave.

Una luce color cobalto ha illuminato per un istante quella parte di grotta, facendomi mancare l’ossigeno nei polmoni.

Un respiro profondo per svegliarmi da quel breve incantesimo, mi ha riportato alla realtà.

Scendendo di 50 chilometri, percorrendo per intero la Caves Road (la strada delle grotte), ieri ci siamo fermati alla Jewel Cave, decidendo di sfruttare il secondo ingresso che avevamo a disposizione per visitare una seconda grotta a scelta tra le quattro.

Quando, due giorni fa, abbiamo visitato la Lake Cave, è stata decisione nostra acquistare un ticket per la visita di due grotte.

Ticket per persona: 22.50 dollari

Ticket per due escursioni: 40 dollari

Ci è sembrata un’ottima mossa pagare per due sfruttando lo sconto, nonostante non avessimo ancora ben chiari i nostri spostamenti dei giorni successivi.

Nessun problema, nel raggio di poco più di 100 chilometri, altri tre luoghi misteriosi. Ne avremmo scelto uno.

Decidendo di spostarci verso Augusta, vi dicevo, ci siamo fermati alla Jewel Cave.

La grotta più grande, scoperta anche quella negli ultimi anni del 1800. Mi ha impressionato l’enorme spazio sotterraneo che si è aperto una volta scesi in profondità. La guida questa volta era una simpatica signora dai capelli lunghi e neri che parlava un australiano stretto e veloce.

Con l’aiuto della sua torcia, illuminava le parti curiose di cui parlava, rendendo la comprensione più semplice.

La passerella in legno sembrava infinita e seguiva le insenature tra le rocce, creando un percorso incredibile e pieno di sorprese.

Questa volta, la roccia formava delle sagome davvero strane che mi sembrava fossero di cera. Il giallo, si trasformava a volte in color caramello.

Mi ha impressionato la radice di quell’albero che viveva sopra le nostre teste. A furia di cercare appigli e nutrizione, si era arrotolata su se stessa creando un lungo cordone color ebano che cadeva verticale, per almeno una ventina di metri.image

Lì sotto un tempo, c’era l’acqua che ha lasciato il suo segno sul fondale della grotta e la storia delle tigri della Tasmania è stata pazzesca.

Un centinaio di anni fa, due tigri sono precipitate nella grotta, trovando la loro morte dopo qualche giorno senza cibo. Di acqua ce n’era in abbondanza al tempo ma null’altro.

Il nome di Jewel, è stato assegnato per l’impressionante grandezza e per la luce riflessa da quelle formazioni preziose. In alcuni punti del percorso labirintico, la guida si soffermava nel creare diverse atmosfere con diversi colori di luce.

In ogni piattaforma in legno, ci sorprendeva giocando con dei tasti illuminati e ci indicava punti precisi dove poter scorgere diverse bizzarre forme.

Ho visto una stalagmite talmente grande da sembrare un totem, una ragazza che camminava dandoci le spalle e mostrando i suoi lunghi capelli lisci, ho visto Peter Pan che spiccava il volo e una cascata di roccia dalla superficie levigata.image image

Mille sorprese ad ogni angolo e cinquecento scalini che ci separavano dalla terra.

All’ultimo step, come vuole la tradizione, abbiamo provato l’ebrezza del buio.

Sapevo di essere appoggiata alla ringhiera, sapevo di essere al sicuro ma la sensazione di vuoto era forte.

Cercavo di chiudere gli occhi e di riaprirli con più forza per far sì che la mia vista si abituasse alla mancanza di luce. Credevo di iniziare a vedere qualche sagoma come accade quando ci troviamo al buio in una qualunque situazione.

È stato proprio in quel momento, che la guida ha detto che l’occhio non si sarebbe mai abituato da tanto era intenso quel nero.

Un minuto che è sembrato un’eternità. Un minuto che è bastato a fare un viaggio lungo una vita.

Jewel Cave, la grotta del gioiello.

Il vero bene prezioso è la luce.

Erica, anzi Atmosferica.

Wave Rock.

Dalla foto potete intuire anche voi, quanto la natura si sia superata anche questa volta.

Mi sentivo sommersa dalle rocce, quelle striature di più colori davano l’idea del movimento, dell’onda. Ho provato a salire camminando sulla pendenza, trovandomi puntualmente a dover indietreggiare.

Mattia ha preso la rincorsa, riuscendo a salire di un paio di metri. Gli ho fatto una foto nella bocca dell’onda.

Lui la voleva da lì.

Io invece, mi sono arresa alla sua forza. La guardavo e mi lasciavo travolgere. Era possente e ho provato anche quella sensazione di impotenza che provo quando la forza dell’oceano mi vuole trascinare.

È difficile descrivere tanta stranezza.

Davanti alla potenza devi arrenderti, guardare, lasciarti assuefare e non pretendere di controllare, gestire o comandare.

Non c’è ragione da cercare.

Non puoi sempre pensare di immaginare e di prevedere i passi dell’universo. L’immaginazione va ad attingere comunque da realtà già viste e vissute. Non crea mai nulla di totalmente nuovo.

La natura può decidere di incurvarsi a formare un’onda anche se non si tratta di acqua, può colorarsi di rosa e formare un lago, può riunire miliardi di conchiglie in una sola spiaggia.

Tu devi stare a guardare.

Sì, e devi farlo in silenzio.

Wave Rock è un sito naturale in mezzo a innumerevoli chilometri quadrati di steppa. Continuando il breve percorso segnalato con delle frecce in legno, siamo arrivati in cima a quell’ammasso di roccia rossa e da lassù si poteva godere di una vista stupenda.

Mi sentivo un po’ il Re Leone quando guarda la savana dall’alto. Era impressionante come da lì potessi avere una visuale completa di tutto ciò che c’era intorno.

Mi sentivo una Regina.

“Ma qui non ci sono i leoni?”

…ho chiesto a Mattia.

“No, solo canguri!”

Mi ha risposto.

Mi sono fatta una risata andando oltre il reale, volevo a tutti i costi pensare che in quella distesa di erba bruciata, vi potessero vivere anche tigri, leoni, ghepardi e zebre.

E poi…

Io di canguri VIVI non ne ho ancora visti.

Sono ancora libera di lasciar galoppare la mia fantasia, popolando questa terra con decine e decine di animali qui mai vissuti.

La vista da lassù potete immaginarla come un quadro che raffigura una distesa di diversi colori chiari e scuri, verde, marrone, giallo, arancione e bianco. Ogni sezione di colore, su quel dipinto, ha una forma geometrica ed è separata da linee nette.

Finisce un colore, ne inizia un altro.

Al centro dei campi, costruzioni cubiche di fieno mi facevano capire che qualcuno si era preso cura del terreno. Lo notavo anche dal segno lasciato dai trattori, lunghe strisce a colori alterni.

Marrone chiaro,

marrone scuro,

marrone chiaro,

marrone scuro.

Erano ben identificabili le aree appena state soggette ad incendi. Erano tante. In quel caso erano bianche, con tronchi neri spezzati e rami senza vita disidratati.
Alcuni alberi però, forse i più giovani, avevano resistito. Avevano avuto più forza. Non avevano più la corteccia a proteggerli ma solo lo strato subito sottostante. Facevano impressione perchè quella nuova corteccia in fase di rinascita, brillava. Era di color bronzeo e con i raggi del sole rifletteva una luce particolare, luccicante.

Avevamo sentito qualche giorno fa di incendi divampati in queste zone. Le temperature sono alte e la siccità la senti sotto la pelle.

Mi ha fatto effetto vedere che il fuoco si sia spinto velocemente fino al ciglio bloccando sicuramente la viabilità dell’unica strada. Quando ci immaginiamo un incendio, lo vediamo comunque circoscritto ad un area, ad un bosco.

Qui no.

Quando inizia a bruciare, rischia di non fermarsi mai. Non ho idea di quanta acqua sia servita e quanti vigili del fuoco siano intervenuti per bloccare il divampare delle fiamme.

Ho l’idea solo di quel che ho visto.

Un’idea che poche ore fa, non avrei mai potuto pensare di avere.

Aprite la mente e siate pronti a viaggiare.

Erica, anzi Atmosferica.

Due mesi.

Inizia il terzo mese in Australia.

Mi piacerebbe fare il classico bilancio di fine mese, un resoconto. Vorrei tirare le somme per la seconda volta, insieme a voi.

La cosa strana è che anche oggi sto viaggiando verso Perth. Due mesi fa atterravo esattamente in queste ore e non potevo immaginarmi niente.

Un salto nel buio.

Sono curiosa di vedere l’effetto che mi farà vedere la città da lontano. Quei grattacieli che tanto non mi piacevano, dopo questo viaggio potrebbero darmi sensazioni diverse.

Forse mi farà bene trascorrere qualche giorno a Perth, forse non vedrò l’ora di ripartire di nuovo.

Due mesi di continua trasformazione e viaggio ininterrotto. Dentro e fuori. Verso nord e ora verso sud.

Una lunga corsa su questa striscia di cemento che separa distese infinite di natura, una continua scoperta di ciò che mi appartiene e che non pensavo potesse mai essere parte integrante di me.

Ho conosciuto un’Erica più simpatica del solito, più ansiosa del previsto e molto avventuriera. La taciturna Atmosferica e quella molto espansiva.

Per il resto solo grandi conferme. Confermo la mia solarità e il mio entusiasmo. Calma e sangue freddo. Sono sempre io, vitale, gioiosa, sempre sorridente e molto riflessiva.

Due mesi di lontananza da Casa. Inizialmente mi mancava, ora ancora di più. Guardando tutto da lontano, vedo tutto più nitido. Ho sempre più chiaro chi sono e chi voglio essere.

In questa vita vorrei fare grandi cose, ho dei piccoli progetti e idee sempre pronte a stupirmi.

Voglio comunicare e vivere di questo. Voglio regalare quello che ogni giorno sento abbondare nel mio cuore, nella mia anima. Voglio donare sorrisi e storie.

Non vorrei smettere mai di farlo.

Voglio vivere a pieno questa esperienza che ricorderò per il resto della vita. Un giorno, quando sarò grande, la racconterò con le farfalle nello stomaco ed emozione. Mi sto espandendo, mi sto moltiplicando e qui c’è tanto spazio.

L’Australia è grande.

Posso crescere a dismisura.

Momenti di silenzio mi stimolano. Penso a cose che potrei fare che mai, e dico mai, avrei sognato di pensare.

Ricordo, una settimana fa, mi sono vista che parlavo a ragazzi giovani. Uno degli impegni che potrei prendermi, potrebbe essere quello di andare a trasmettere motivazione ai più piccoli, vorrei che tutti abbiano il coraggio di sperimentare, di uscire dagli schemi imposti dalla società o magari da un’educazione ferrea. I giovani devono viaggiare prima di avviarsi pretendendo di conoscersi.

Non serve essere ricchi per potersi permettere una ricchezza interiore.

Chiunque può perseguire i propri obiettivi, come meglio crede. È giusto considerare più strade.

Questo lo devo comunicare. La sento un pò come una vocazione.

Un’altra idea è quella di mettere insieme, un giorno, alcuni dei miei articoli, forse tutti o forse quelli per me più importanti.
Potrei scrivere un libro.

Perchè no.

Vorrei anche fare tesoro delle magnifiche fotografie che ritraggono spettacoli colorati. Sì, potrei chiedere a chi ha il talento della pittura, di realizzare dei quadri. Poi vorrei raggrupparli in una grande sala, e vederli tutti esposti in una mostra.

Che ne pensate?

Queste idee sbocciate nella mia testa, si svilupperanno. So che se me ne prenderò cura, potrò farle crescere e annusarne il profumo una volta fiorite.

La cosa certa è che quello che sto scrivendo rimarrà. È scritto e rimane qui per chiunque voglia leggere. Mi sono presa questo impegno senza fatica, sto liberando la mia passione.

Finalmente.

L’idea di lavorare nel grande mondo della comunicazione, organizzare eventi e continuare una strada coerente con le mie precedenti esperienze lavorative. Quella è sempre viva dentro me.

Quando riesci ad uscire dai confini di ciò che consideri normalità, puoi riscoprirti o ancora di più, puoi conoscerti davvero. Puoi anche convincerti che davvero sei quel che credevi oppure puoi trovarti costretto a ripartire da zero.

Due mesi. Qualche settimana di ambientazione, un mese di lavoro come cameriera, l’inglese è migliorato, venti giorni di viaggio e ora, per la seconda volta ritorno a Perth.

E ora?

Scopriamolo insieme.

Erica, anzi Atmosferica.


Quel gabbiano bianco stava lì. Le folate di vento non lo spostavano di un millimetro. Lui voleva stare su quelle pietre ad osservare l’infinito.

Pink Lake.

Non potete nemmeno immaginare cosa è esploso dentro me, quando si è aperta davanti ai miei occhi quella distesa di acqua rosa. Non riuscivo a credere che potesse esistere davvero un lago naturale di quel colore. Sembrava finto, sembrava davvero di guardare un quadro.

Un quadro dai colori surreali, dipinto in un momento di sana pazzia.

Stavamo viaggiando da un’ora abbondante. Ripartiti da Geraldton in mattinata eravamo diretti a Kalbarri. La notte di capodanno l’abbiamo trascorsa al Foreshore Backpackers, un ostello che offre bellissime vedute sul mare, dove un gruppo di ragazzi viaggiatori, ci ha fatto compagnia nell’attesa della mezzanotte. È stato carino, sicuramente memorabile! Due passi di danza nell’unico locale del posto e qualche risata giusta.

Il giorno precedente, arrivati in ostello, una comunicazione scritta con gesso bianco compariva sulla lavagnetta posizionata giusto fuori dalla reception:

“Ore 19.30 cena di capodanno. Noi vi offriamo la pizza, voi portate da bere!”

Fantastico! Il destino ci aveva portato nel posto giusto. Loro ci offrivano la cena, noi abbiamo recuperato qualche birra Corona in un piccolo negozio trovato aperto per miracolo.

🙂

Eravamo tutti in viaggio, ci trovavamo lì di passaggio o magari per una vacanza di qualche giorno come il surfista calabrese che vive a Sydney da quattro anni. Era lì a godersi per qualche giorno il vento e le spiagge della costa ovest. Poi, c’era chi, come noi, era diretto alla scoperta del nord e chi, invece, sarebbe ripartito il giorno dopo procedendo verso Perth.

Questo è stato il nostro capodanno!

Dicevamo…

Siamo ripartiti quindi per Kalbarri, la sosta intermedia sarebbe stata Port Gregory, la casa naturale del tanto famigerato Pink Lake.

La prima parte di viaggio è stata davvero difficile. Il caldo era soffocante e sentire il sole battere sulla pelle era snervante. Mi coprivo con un telo da mare ma sudavo. Quaranta gradi, aria calda. L’acqua non dissetava molto ma continuavo a bere per non rischiare. Acqua. Acqua. Acqua. Ero seduta di fianco a Mattia, con la coda dell’occhio vigilavo, controllavo che andasse tutto bene. Ogni tanto gli chiedevo gestualmente come stesse procedendo:

Domanda: POLLICE IN SU (?)

Risposta: POLLICE IN SU (!)

Ok, tutto regolare.

Francesca era seduta dietro, per distrarsi dalla temperatura vulcanica ascoltava musica nelle cuffie e osservava il paesaggio scattando qualche fotografia.

Vando correva.

Ad un certo punto vedo un cartello che diceva:

“Port Gregory 5 km”

Ok, c’eravamo quasi, mancava poco.

All’improvviso, lo vedo.

Senza preavviso.

Non avevamo fatto cinque chilometri ma molti meno!

Forse uno.

La strada ha iniziato a costeggiare il LAGO ROSA, uno spettacolo della natura. In alcuni punti il colore era più intenso, in altri volgeva al bianco e mi sembrava latte. Sì latte. Le rive semi-rocciose dal colore rossastro creavano un perfetto accostamento. Strano ma azzeccato.

Come quando decidi cosa indossare prima di un importante appuntamento, e pensando ai vari colori del tuo guardaroba, non ti verrebbe mai in mente di vestire una maglietta di un rosa acceso e un pantalone rosso mattone.

Beh, decidi di provare comunque perchè alla fine dei conti quelli sono i due indumenti con cui ti sentiresti più a tuo agio. I tuoi preferiti.

Ti guardi allo specchio e rimani così.

Stranito.

“Caspita, non avrei mai pensato, ma sto una favola!”

Ho guardato Mattia. Senza dire niente.

Lui mi guarda e con una mimica facciale mi ha voluto semplicemente far capire che non credeva ai suoi occhi.

Franci invece esclamava: “Ma in che posto siamo???”

Ci siamo fermati al lato della strada, il caldo era scomparso, un venticello fresco faceva svolazzare la mia gonnellina gialla e non vedevo la fine del lago.

Era davvero gigantesco.

Senza parole.

Senza fiato.

Nel Western Australia è possibile ammirare numerosi laghi rosa. Per noi questo è il secondo. Il primo ha deliziato il nostro tour in bicicletta sull’isola di Rottnest. Quel lago, però, non mi aveva lasciata a bocca aperta come questo di Port Gregory. Era di un rosa meno intenso e ne potevo delineare i contorni, era più piccolo.

La colorazione di questi laghi è dovuta alla presenza di particolari alghe, come la Dunaliella salina, responsabili dei pigmenti colorati. Credo che anche a voi risulti strano immaginare ad un’alga rosa.
Ma dovete farlo.

Superate i vostri limiti, è il momento!

Vedremo altri laghi rosa?

Lo scopriremo strada facendo ma direi che posso ritenermi già fortunata.

Oggi siamo diretti a Denham dove campeggeremo per due notti. I prossimi tre giorni si prospettano super intensi di emozioni.

Sono curiosissima! Questo viaggio sembra conservare continue sorprese.

Nonostante la scarsa connessione sono felice di riuscire a comunicare sempre con voi, ho bisogno di scrivervi, ho bisogno di farvi scoprire queste meraviglie.

Pensiero guida: “Non ti scordare mai l’importanza di vivere dando libero sfogo all’energia. Non mancare mai di cogliere la bellezza di tutte le cose viventi. Questo giorno, anzi, questo preciso momento che stiamo condividendo, è un regalo. Sii vitale, ilare e curioso. Resta fedele alla tua missione di servizio disinteressato agli altri. A tutto il resto penserà l’universo.

“Il Monaco che vendette la sua Ferrari” – Robin S. Sharma

Erica, anzi Atmosferica.


TANTI AUGURI PAPÀ