Quella volta, mi premiò.

Hai sentito la mia mancanza ieri?

🙂

Devi scusarmi ma, appena uscita dal lavoro, era troppa la voglia di passeggiare per la città, tenere quel momento di sole solo mio, senza pensare a niente e nessuno. Avevo voglia di dedicare del tempo a me stessa e di fare quel che mi sentivo.

La promessa che mi sono fatta quando ho deciso di iniziare a scrivere, è stata una.

Essere sempre vera.

Sarebbe stato semplice buttare giù qualche riga ieri sera, una volta tornata a casa ma non ci avrei messo la concentrazione giusta e non ti avrei dato l’attenzione che meriti.

Dunque. Cheddire.
Il lavoro prosegue alla grande, ormai ho i miei orari e i miei impegni. Mi sto ambientando, sto prendendo manualità e mi sento sempre più leggera nel mantenere concentrazione. Capirai bene che i primi giorni sono sempre i più duri. Ho voluto assorbire come una spugna ogni insegnamento, critica, sguardo e battuta simpatica. I miei colleghi di lavoro sono molto amichevoli e solari ma, quando si tratta di lavorare, la serietà viene prima di tutto e ognuno di loro pretende e necessita di trovare in me un appoggio, una spalla.
Appurato ciò, basta agire di conseguenza.
Mi presento dieci minuti in anticipo ogni mattina (ore 6:50), preparo la mia postazione, mi assicuro che non manchi niente e alle 7:00 sono operativa al mille per mille.

Tra un toast e l’altro, tra una canzone canticchiata silenziosamente e uno scambio di risate, la mattinata passa e le ore di lavoro filano lisce. Molti sono i momenti di pienone in cui i lavoratori fanno la pausa caffè o passano per uno spuntino a metà mattina.
La clientela è seria e sofisticata, pretende un servizio di un certo tipo e a volte anche personalizzato.

Oggi Paola, la mia collega colombiana che lavora lì già da tempo, mi ha detto che piano piano dovrò acquisire dimestichezza con il menù e le varie tipologie di caffè in modo da essere in grado poi, di prendere anche gli ordini.

Nei prossimi giorni, quindi, “la ragazza dei toast” si improvviserà anche “cameriera”.

Oggi ho pensato a una cosa.
Sto riuscendo in ogni circostanza, a mantenere l’umiltà di chi vuole imparare. Questo paga sempre. Quando mi spiegano cose che non so, ascolto con attenzione e dimostro di mettere in pratica l’insegnamento alla prima occasione. Quando però, mi danno istruzioni su cose che già so fare, dentro di me penso…

“Senti, questo non me lo devi insegnare, già lo so!”

…Ma ovviamente non lo do a vedere!
🙂
Grande sorriso e “Sì” con la testa.
Grande sorriso e “Sì” con la testa.
E poi ancora…
Sorriso e “Sì” con la testa.

AHAHAHAHA

Eggià. Il modo migliore per essere accettati e ben accolti dai colleghi, in un nuovo posto di lavoro, è dimostrare voglia di imparare e consapevolezza di essere gli “ultimi arrivati”.
Se anche ciò che ti spiegano lo sai già, ascolta con attenzione ugualmente.
Quella persona potrebbe vedere del buono in te, potrebbe voler guarire le tue insicurezze, vorrebbe magari farti sentire a casa e non immaginerebbe mai che quella cosa te l’hanno già spiegata TRECENTO volte in TRECENTO ristoranti diversi.

Ci sono volte in cui, capisci di doverti attenere ad un modo di lavorare diverso da quello che hai sempre messo in pratica e considerato giusto. Potrebbero averti insegnato che i bicchieri si asciugano in quel modo, e invece…ora ti dicono che quel modo è sbagliato.
Potrebbero averti insegnato che i clienti si accolgono in una certa maniera, e invece…ora ti mostrano che il cliente si accoglie diversamente.
In un ambiente di lavoro ogni singola azione è studiata, soprattutto quando gli spazi sono piccoli e a vista. La pulizia è la prima cosa, l’ordine, la divisione dei compiti, la precisione, la delicatezza e il buon senso. Poi vengono il sorriso e la motivazione, la voglia di fare e di migliorare, l’umiltà di voler imparare anche se non si tratta del lavoro della vita.

Voglio sfruttare al massimo il periodo che mi rimane da vivere in questa città, voglio sentirmi a casa anche se sono di passaggio e voglio imparare, nonostante le mie aspirazioni lavorative siano rivolte verso altri campi.
Questo è il mio momento, questa è la mia Sydney e quando racconterò la mia esperienza, ricorderò che quella volta il manager mi fece i complimenti per come avevo lavorato.

Ricorderò che per farmi andare a casa felice, mi premiò a fine giornata con un croissant farcito con nutella e mandorle.

Erica, anzi Atmosferica.

Australia. Nozioni di base.

Oggi scrivo per te che mi hai chiesto informazioni di carattere generale sulla’Australia, per te che stai pensando di fare un’esperienza analoga alla mia ma non sai come soddisfare alcune tue curiosità, per te che stai decidendo se accettare o meno una proposta di lavoro che ti porterebbe a vivere qui, dall’altra parte del mondo.

Cercherò con questo articolo di essere il più esaustiva possibile. Parlerò dell’Australia in generale e delle sue città in maniera più o meno approfondita. A Perth ho vissuto per un mese e mezzo, Adelaide, Melbourne e Canberra le ho incontrate sulla strada del mio viaggio e ora mi trovo a Sydney dove mi sono stabilizzata da una quindicina di giorni.

Mi hai fatto domande molto generiche e a seconda della città in cui tu stia decidendo di proiettare i tuoi progetti, le cose cambiano notevolmente.
Comunque…
Ci provo.

AUSTRALIA:
Questo tema posso affrontarlo in maniera strettamente personale. Ognuno qui vive la propria esperienza, in ogni caso si rivela un’avventura trasformante che si riflette in un cambiamento profondo, radicale. Parlando per me, oggi, dopo quasi cinque mesi, dico che è un Paese che ricopre le vesti di un piccolo mondo a sé stante. La sensazione che provo qui da quando sono arrivata, è quella di essere troppo lontana da tutto, in uno Stato totalmente autonomo e molto distante dagli altri continenti sia in termini di distanza che in termini di mentalità e realtà. L’Australia si basta e si vuole bastare, è molto vanitosa. Ho visto e visitato luoghi magnifici, in qualche occasione ho sentito il fiato mancare e se la tua idea è quella di viaggiare, allora ti dico VIENI PURE!
È grande, molto grande. Pensa bene alla tua meta e sappi che in caso cambierai idea, il viaggio in macchina da una parte all’altra è molto lungo. Davvero lungo. In aereo sono circa quattro ore di volo.

Quando ho deciso di partire non mi sono appoggiata ad un’agenzia. Per ottenere il visto che prende il nome di “Working Holiday Visa”, è necessario compilare un modulo sul sito del governo australiano. Al termine dell’inserimento dei dati, ti viene richiesto il pagamento di 440 AUD (dollari australiani). Non mi dilungo sul tema visto ma se hai bisogno, non esitare a chiedermi ulteriori informazioni.
Una volta ottenuta conferma per e-mail, ho proceduto all’acquisto del volo. Il sito migliore per valutare prezzi, tratte e scali, è senza dubbio Skyscanner il quale viene costantemente aggiornato con le offerte della gran parte delle compagnie aeree.

Per i primi giorni di permanenza a Perth (destinazione da me scelta), ho prenotato una stanza su Airbnb, efficiente sito attraverso cui puoi affittare una stanza da privati evitando di buttarti nella confusione degli ostelli e risparmiando di molto rispetto agli alberghi.
Ti ripeto che sto parlando della MIA ESPERIENZA PERSONALE, non è obbligatorio agire come ho ritenuto giusto fare io, al tempo della mia partenza (Novembre 2015).

Il clima ora non è più quello estivo. Parlando di Sydney, le temperature sono calate e si aggirano sui 25 °C. Molti viaggiatori, infatti, si stanno spostando nel Queensland, Stato di Brisbane dove il caldo persiste. Più si sale, più ci si avvicina ai tropici e più fa caldo.

PERTH (Western Australia):
È una città nuova, in fase di crescita ed espansione. Parlando di quel che ho visto, vissuto e percepito, non mi ha entusiasmata. Ci ho abitato per un mese e mezzo e non ho la presunzione di dire di conoscerla bene. Ho respirato però la sua atmosfera di pace e tranquillità, molte volte l’ho sentita malinconica e spenta. È secondo me una città per famiglie o da visitare per massimo una settimana. Il centro è piccolo, costituito da tre vie principali, l’azienda di trasporti pubblici si chiama Transperth ed effettua un servizio efficiente in tutte le zone limitrofe. Un’applicazione per smartphone e una tessera magnetica ricaricabile, rendono gli spostamenti veloci e semplici. Quattro linee di bus gratuite, circolano nei quartieri più centrali.

Non ti consiglio di andare a Perth se hai voglia della pienezza di una città movimentata e grande. Ti consiglio di sceglierla se hai intenzione di starci per qualche periodo, per poi viaggiare verso nord, o verso sud. In questo senso l’unica vera città del Western Australia, è un ottimo crocevia o punto di partenza per un road trip più o meno impegnativo. Non mi dilungo sul tema “road trip” perché come sai, avrei TROPPO da dire.

Gli affitti a Perth sono i più bassi. Io stavo in una stanza condivisa in Hay Street, una delle tre vie centrali. Il costo era di 155 AUD alla settimana con Wi-Fi e spese incluse. Per una singola o per una matrimoniale, il prezzo sale a circa 180/200 AUD a testa. Molte sono le case e le opportunità di convivenza, sta a te cercare la situazione che più ti aggrada. Molte pagine Facebook pubblicano annunci continui, il trucco è tenerle sotto controllo quando il periodo prescelto per la tua partenza inizia a farsi vicino.

ADELAIDE, MELBOURNE, CANBERRA:
Su queste città non posso esprimermi più di tanto. Sono passata in ognuna per pochi giorni e posso parlarti solo di quelle che sono state le mie impressioni.

Di Adelaide ricordo il traffico, la struttura rettangolare del sistema viario, la zona di Chinatown, parecchi bus, pochi tram e la via pedonale che mi ha fatto ripensare a Perth. Zero grattacieli, pochi palazzi e tramonti mozzafiato nella zona ovest che si affaccia sul mare. Gli ultimi tramonti memorabili li ho visti lì. Se vuoi leggere gli articoli che ho scritto nei giorni di permanenza ad Adelaide, basta che digiti il nome della città nella sezione di ricerca del sito.

Di Melbourne posso dirti che mi è piaciuta un sacco! Città viva, movimentata, frizzante e alternativa. Tram moderni e altri più datati, costruzioni e facciate colorate danno un tocco di magia e la folla attraversa sulle strisce pedonali esibendo i look più particolari e bizzarri. Concordo con il luogo comune secondo cui Melbourne è una città dallo stile Europeo. Anche lì ci sono stata davvero per poco, se vuoi leggere cos’ho scritto a riguardo, inserisci “Melbourne” nella barra “CERCA”.

Canberra, infine, è una città politica e composta, silenziosa e pulita, centro delle decisioni governative. Non mi ha dato emozioni particolari, ho visitato il Parlamento ed è stata una gita interessante. Nulla di più.

SYDNEY:
Eccoci qui, nello Stato del New South Wales.
In pochi minuti ti ho fatto fare un tour pazzesco!
Ti gira la testa?
Sydney è molto grande e io personalmente devo ancora capire quanto sia vasta. Nasce su una baia e decine di ponti collegano i quartieri che popolano la costa. Qui percepisco molta ricchezza, molta vita, molta Asia, una continua crescita, esibizionismo, esagerazione e tanto turismo. Il costo della vita è molto più alto rispetto a Perth, quasi doppio. Se nel Western Australia pagavo 155 AUD per una stanza in condivisione con un’altra ragazza, qui ne spendo 190 per un letto in una camera da quattro. Puoi fare i tuoi conti e capire che se volessi avere una stanza tutta mia, l’affitto arriverebbe a toccare i 350 AUD alla settimana.
Per quanto riguarda i trasporti pubblici, bus e treni/metro viaggiano a tutte le ore. L’azienda si chiama Opal la quale offre un servizio efficiente attraverso l’applicazione per smartphone e la tessera magnetica ricaricabile presso uno dei molti Convenience Store della città aperti 7 giorni la settimana, 24 ore al giorno. Muoversi in città è semplice, le vie principali toccano le estremità della zona centrale e per raggiungere una destinazione mi capita anche di percorrere due chilometri nella stessa strada. Tutto dritto.
Situazione lavoro molto favorevole.
Come ti dicevo molti backpackers si stanno spostando verso nord dove le temperature sono ancora più che estive. Nel settore della ristorazione le possibilità sono buone, nelle costruzioni anche. Importante sono la motivazione, la voglia di fare, il sorriso, una minima esperienza e un inglese base. La paga oraria parte dai 18 AUD all’ora.
A Sydney come nelle altre città, il supermercato più economico è il Coles che costituisce una grandissima catena. Subito dopo viene il Woolworths.
Come ti ho detto qui è tutto molto più caro ma ci sono delle eccezioni che confermano la regola: per un cappuccino spendi 3.50 AUD, per un abbonamento settimanale in palestra 16 AUD e se prendi spesso i mezzi, la quarta corsa è gratuita. A me capita spesso di spostarmi in bus, in treno un po’ meno e per una corsa di circa 20 minuti, il costo si aggira intorno ai 3 AUD.
Non so…
Sto cercando di farti avere un’idea.
Ci sto riuscendo?

Un gelato (cono con due gusti) costa 4 AUD,
un ticket per l’ingresso all’acquario SeaLife 40 AUD,
quello per salire sulla Sydney Tower Eye 70 AUD,
una pagnotta costa 2 AUD,
due banane 1,50 AUD,
una cena al ristorante giapponese 25 AUD,
un abbonamento mensile telefonico costa 30/40 AUD
50 fotocopie a colori 50 AUD. Non scherzo.

Insomma…
Gli australiani si sentono molto speciali. Le attrazioni turistiche costano, gli affitti anche. Per il lavoro basta essere positivi e non arrendersi alle prime difficoltà, i trasporti sono puntuali e precisi, la città è grande e ancora devo ambientarmi.
Queste sono informazioni di carattere generale, se hai bisogno di approfondire qualche tema, scrivimi pure.

Spero di esserti stata d’aiuto!

🙂 🙂 🙂

Erica, anzi Atmosferica.

Cronache di una domenica australiana.

Buongiorno!!

Ti scrivo dal primo pomeriggio di una domenica australiana.
Da pochi giorni mi sono trasferita al piano di sotto del letto a castello e mai come nelle ultime notti, mi sono fatta un paio di dormite pazzesche. Qui sotto ho la possibilità di creare una sorta di capanna, utilizzando coperte, per ripararmi dalla forte luce della mattina. Non esistono tapparelle e quando inizia a farsi giorno, gli occhi si strizzano come spugne. Ho iniziato a utilizzare la spiritosa mascherina per la notte che mi aveva simpaticamente regalato Jason al mio compleanno.
Che invenzione favolosa.
Che regalo intelligente.
Caro Jason.
Ora sono riparata e mi posso svegliare quando voglio o quando la sveglia suona ma non di certo per la luce chiara e fastidiosa.
Sarà stranissimo, un giorno, tornare a dormire al buio.
Buio totale.
Magari avrò paura.
🙂

Ah…
Lo sai che stanotte abbiamo spostato l’orologio un’ora indietro?
In pochi giorni siamo passati dalle dieci, alle otto ore di fuso. Questo mi piace. Dieci ore di differenza erano davvero tragiche per me, il giorno e la notte erano esattamente invertiti e per comunicare con chiunque, dovevo aspettare l’ora di pranzo italiana, nonché le undici di sera, mezzanotte.
Una tragedia!

Da domani inizierò a lavorare regolarmente. Ricoprirò ufficialmente i turni della ragazza cilena che è ripartita per il proseguo del suo viaggio. C’è chi si ferma e c’è chi riparte.
Sempre di viaggio si tratta.
Io sono proprio contenta di lavorare in quel Coffee Bar dall’atmosfera giovanile e musicale. Mi sento bene. Inizierò la mattina alle sette e concluderò il mio turno verso le due del pomeriggio. Un orario ottimo che mi permetterà di mantenere le mie abitudini, gli spazi per le mie scritture e avrò tutto il pomeriggio per fare la turista, la spesa, una passeggiata o un aperitivo.

Ieri sera sono uscita a divertirmi con i miei coinquilini. Due francesi, due colombiane e due brasiliani. Ho ballato, parlato, socializzato, ho passato una bella serata spensierata.
Stanotte ho sognato in inglese.
Oh Oh
Dicono che quando succede, significa che la lingua inizia ad ingranare, speriamo! Non ti parlo del contenuto del sogno perché ancora lo devo analizzare, ma comunque ricordo perfettamente che ero madrelingua inglese.
🙂

Sotto casa un ponte pedonale collega le due rive della baia. Quando barche troppo grandi devono accedere al piccolo golfo, la parte centrale del ponte si snoda ruotando su se stessa e apre un varco per permettere il loro ingresso. Il flusso dei passanti viene bloccato per qualche minuto da transenne, un po’ come accade al passaggio di un treno quando le rotaie tagliano la strada.
Semaforo rosso.
Pazienza.
Meglio spegnere il motore.

Queste sono le dinamiche che seguo dal balcone di casa.
È divertente!

Ogni sabato sera alle 21 parte puntuale lo spettacolo pirotecnico. I fuochi d’artificio sparano colori e luci tra la baia e il ponte esplodendo in fontane di stelle cadenti, scoppiettanti salici in chiusura e pioggia bianca.
Che è?
È sempre festa per voi?
IMG_7033Quando esco per le mie passeggiate, mi piace attraversare il ponte a qualsiasi ora del giorno e della notte.
È sempre molto suggestivo.

Stava per farsi sera, il sole era basso e camminavo con la luce negli occhi. Non vedevo molto, ero come abbagliata. Dal Futuro. Le bandiere segnavano la strada ma per il resto, troppa luce!
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Allora, per riposare la vista mi sono girata, alle mie spalle era tutto chiaro, nitido e illuminato. Era bellissimo. Il Passato.
Lassù c’era anche casa mia.
IMG_6987.largeErica, anzi Atmosferica.

Into the Wild.

Due anni lui gira per il mondo: niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema, un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Così ora, dopo due anni di cammino arriva l’ultima e più grande avventura. L’apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale. Per non essere più avvelenato dalla civiltà lui fugge, cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia.

Christopher McCandless – Into the Wild


Attraversa fiumi e pianure infinite, si lascia trasportare da un treno merci e si trova in una città di grattacieli. Los Angeles. Guarda le gigantesche costruzioni con stupore, cammina disorientato per la strada e si trova a chiedere l’ora ad un passante in giacca e cravatta che gli risponde guardandolo schifato. La faccia sporca, lo zaino pesante, troppa confusione, i capelli sporchi di viaggio e natura e lo sguardo perso nelle luci della città.

Non ha una lira, non conosce il domani e si trova a chiedere informazioni ad una nera signora dai capelli corti, allo sportello di accoglienza di un dormitorio. Lei gli regala un cioccolatino, gli offre un letto e lo rende felice.

Quella è per lui vita.

La sera, da quel quartiere malfamato, si trova ancora una volta a guardare i possenti grattacieli da lontano, seduto su un marciapiede, casa di tanti senzatetto per i quali, un letto non c’era. Ha respirato in quel momento la differenza abissale tra la povertà e quel qualcosa di tanto grande ma per lui inutile, la ricchezza. Si scontravano senza parlare, nel silenzio assordante di quella notte.

Proseguendo la sua passeggiata notturna, passa davanti ad un locale. La gente parla costruendo rapporti di pura facciata, finti, di convenienza, dialoghi ubriachi riempiono le bocche di vino rosso e vodka liscia, la musica copre le voci, uomini corteggiano donne solo per dimostrare una virilità inesistente davanti agli occhi degli amici che guardano divertiti e lui, intanto, segue tutto con gli occhi pieni di odio.

Che rabbia.

Tornato in dormitorio, ringrazia la nera signora per la sua gentilezza, prende il suo zaino e riparte.

La stessa notte.

È troppo incazzato per restare.


Si trova ora in Alaska, nell’azzurro bus abbandonato diventato la sua casa, un rifugio dal freddo e dall’infinita natura selvaggia. Nel mezzo del niente, nascosto dietro a dei cespugli. Sta male, ha fame ma non è riuscito a cacciare nessun animale. Una pianta velenosa gli ha causato un forte malessere.
Pensa di morire intossicato.

Si trova così a ripensare a tutte le persone incontrate, alle strane situazioni che lo hanno arricchito e segnato. Quell’anziano avrebbe voluto prenderselo in casa come fosse suo nipote, la sua famiglia si stava tutt’ora chiedendo dove fosse finito, quella ragazzina lo aveva abbracciato con il cuore a duemila, la coppia hippie lo aveva trattato come un figlio offrendogli cibo, compagnia ma soprattutto amore.

Si sente solo e pieno di sconforto per pensare alla vita di domani. In quello stato di terribile vuoto, dove ogni energia manca, ha la forza di prendere in mano la sua penna nera e il suo diario, ha la lucidità di scrivere:

“Happiness is only real when shared”

“La felicità è reale, solo se condivisa”


Il viaggiatore alla ricerca di se stesso, si è forse spinto troppo lontano. È andato in un posto sperduto dove non ha saputo cercare la propria vita prima della propria anima. La fame di conoscenza, ha messo in secondo piano gli altri bisogni fisiologici che prima o poi avrebbero gridato aiuto. Leggeva e non cacciava, scriveva e il tempo passava. Quel bus abbandonato è stato probabilmente la vera casa che non aveva mai avuto, un rifugio dove scavare a fondo.

Ha trovato la fine guardando il cielo e piangendo lacrime di gioia.
In Alaska.

La vita è una continua ricerca e non avrà mai una risposta finale e certa, conclusiva, chiarificatrice. Bisogna sapersi mettere in gioco, accettare le sfide e una volta trovata una risposta, passare alla domanda successiva. La vita deve essere uno stimolo continuo e non deve mai essere intesa come un cammino, nel deserto, senza una meta.
Senza direzione.
Senza acqua.
Senza.

Deve essere un atto di coraggio, una scommessa sì, ma non un gioco d’azzardo.

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Erica, anzi Atmosferica.

“Hi, how are ya?!”

Oggi vorrei affrontare il delicato argomento del
“Hi, how are ya?!” australiano.

È il loro modo di presentarsi, introdursi, salutarti, accoglierti o farti sentire a tuo agio. Letteralmente significa “Ciao, come stai?!”.
Fino a qui tutto normale starai pensando. Nulla di strano. Nulla di nuovo.

Io credo che di normale non ci sia poi molto e se devo dirla tutta, la cosa sta iniziando a darmi fastidio. La trovo un’esclamazione finta, una frase fatta, mai personalizzata, mai rivolta davvero a me. Inizialmente cercavo di prenderla ironicamente, cercavo di accogliere una nuova cultura, un nuovo punto di vista e una nuova prospettiva. Qui dove tutti dicono sia la terra dei sorrisi per strada e della popolazione più socievole al mondo, ho sempre provato a miscelarmi tra usanze e nuovi costumi, tra i modi di dire e di parlare.

Però qui si tratta di una questione più fragile.

Se vai alla cassa per pagare due banane e un pacco di pasta, se prendi l’ascensore e incontri accidentalmente uno sconosciuto, se ti scontri per caso con un passante o se vuoi ordinare un cappuccino take-away, sappi che la prima cosa che ti verrà detta è: “Hi, how are ya?!”.

Ma poi perché devono dire “Ya” al posto di “You”?

Molte volte mi sarebbe piaciuto rispondere in modo inaspettato. In tante occasioni avrei potuto sorprendere il mio interlocutore, ma non l’ho ancora fatto. Avrei potuto esclamare un italianissimo “Ciao caro, tutto regolare, grazie mille!”.

Lo faccio eh, prima o poi lo faccio.

Durante i primi mesi, non riuscivo a gestire la novità tanto da trovarmi in difficoltà. Non sapevo cosa rispondere. Non riuscivo a capire se le persone me lo dicessero perché realmente volessero sapere se stavo bene, o se me lo dicessero solo così, giusto per aggiungere quelle tre parole ad un semplice e banale “Hi!”.

Ma dico io…
Cari miei…
Vi chiedo gentilmente di dirmi una volta per tutte, quale dovrebbe essere la risposta corretta, il modo per uscirne serena senza diventare paonazza cadendo in un abissale imbarazzo. Eh si perché le ho provate tutte. Ho provato a rispondere con un “Fine thanks!”… della serie “Sto bene, grazie!”, ho provato ad esibire un abbagliante sorriso che potesse depistare eventuali brutte impressioni, ho risposto anche “Fine thanks, and you?” ovvero… “Sto bene grazie, e tu?”..
Ecco.
Errore.
Errore clamoroso.
Se vuoi essere talmente gentile da ricambiare l’attenzione, la tua domanda non verrà minimamente presa in considerazione. Non riceverai risposta. Come sono abituati a porre la domanda, sono altrettanto abituati a non rispondere alla risposta. Tu rimarrai così, come un ebete, ad aspettare che la persona in questione ti dia velocemente il resto che stai aspettando o che sparisca dalla tua vista nel minor tempo possibile in modo da tornare a sentirti tranquillo e in pace con te stesso.

🙂

Per sentirmi pronta e mai più indecisa, ho stabilito quale sarà la mia risposta. Quando un qualsiasi sconosciuto mi dirà: “Hi, how are ya?!”
…io esordirò decisa con un…

“Fine, thank you very much!”.

“Sto bene, grazie mille davvero!”

Ci aggiungo il VERY MUCH, in modo da dimostrare la mia riconoscenza a chiunque si stia informando sulla mia salute e stato mentale. Non aggiungerò altro però, da oggi non dirò una parola di più anche perché loro non se la aspettano e non è determinante per fargli credere che tu sia o meno una persona educata.

Se dovrà nascere la più interessante conversazione della vita, non avrà bisogno di una risposta fatta per liberare le anime al dialogo.
O no?
Mi sembra di avere sempre un’espressione accogliente, due occhi più socievoli di un finto “Ciao, come stai?” e pronti a captare qualsiasi stimolo esterno, anche quello che potrebbe arrivare da un qualsiasi passante, anche quello che potrebbe cambiarmi la vita senza introdursi con un banale “Hi, how are ya?!”.

Erica, anzi Atmosferica.

Ora posso cantare vittoria.

Ora posso cantare vittoria.

Negli ultimi giorni varie vicissitudini, mi hanno sballottata da una parte all’altra della città vedendomi protagonista di ben tre prove di lavoro in tre posti diversi.
Un cinema!
La contentezza e la sorpresa di ricevere una telefonata da un datore di lavoro che non sai se sarà il tuo, se sarà lui, tanti fattori che giocano nella maturazione della convinzione di voler davvero quel posto, di sentirti giusta per quel tipo di mansione, con quei colleghi e nuovi compagni di avventura.

Perché è così no?
Un ambiente in cui passerai gran parte delle tue giornate, deve piacerti e farti stare bene, deve metterti a tuo agio e trasmetterti energia positiva, deve vestirti, deve far uscire il tuo carattere e la tua migliore personalità. Deve rispecchiarti. Non ho mai sopportato situazioni di tensione, competizione o stress, è giusto andare al lavoro con il sorriso e svegliarsi carichi per affrontare l’ennesima giornata al servizio degli altri.

Ti avevo parlato di quel posticino che è proprio una “chicca”.
Beh, dopo una prova di tre ore, il gestore mi aveva detto che sarei stata confermata per tre giorni a settimana. Al momento avevo accettato, ero arrivata da pochissimo e non avevo altre alternative.
Ora, dopo una settimana movimentata e decisiva, in cui le vacanze di Pasqua hanno messo in pausa anche quell’attività, mi trovo a dover dire “No” al piccolo bar gestito dai due giovani ragazzi italiani.

Il destino e tutto ciò che accade sempre per un motivo, mi hanno fatto incontrare Antonio. Ricordi? Lui mi ha indirizzato in un paio di zone della città dove avrei potuto sentirmi a mio agio in ristoranti dal profilo semplice e non troppo sofisticato come quelli di Darling Harbour o Elisabeth Quay. È proprio da quelle parti che la Pizzeria Via Napoli, ha attirato la mia attenzione. Una prova di un paio d’ore anche lì, è andata bene. Colleghi connazionali, un solo ragazzo inglese e per il resto un ambiente molto veloce, dinamico, pieno di gente, italiano fino al midollo e molto solare. Mi piaceva ma non abbastanza.

L’idea di lavorare in un ristorante italiano, iniziava a pesarmi ancora prima di vederla realizzata pienamente. Il mio sesto senso quel giorno mi aveva fatto entrare lì perché avevo bisogno di calore, dialetto meridionale e aria di casa. Dopo la prova, sono tornata ad aver bisogno di sfida, situazioni straniere, stimolanti e meno coccolose.

È così che Antonio, sempre lui, mi dice che al bar dove lavora una sua amica, stanno cercando personale. Questa sarebbe stata la soluzione ideale. Lavorare la mattina presto, per le colazioni, tra irlandesi, cileni, colombiani, tedeschi e australiani, dietro a un banco e non correndo tra tavoli e pizze troppo calde.
La prova al Table Sixty, è stata quella decisiva.
Si trova dietro a casa mia in Carrington Street, tre minuti a piedi, il bar fa parte di un elegante ristorante che occupa il piano terra di un edificio centrale. Lì fuori tante sono le fermate dei bus ed è per tanti un punto di passaggio prima di entrare in ufficio.

Finalmente non ho più pensieri preoccupati, da domani lavorerò dal lunedì al venerdì, il locale è chiuso nel weekend.
Ogni giorno mi sono chiesta tempo, il lavoro che cercavo sarebbe arrivato e anche se si tratta di un breve periodo, lo meritavo.

Io sono la ragazza dei toast e sto tirando un enorme sospiro di sollievo.
Questo era il cielo alle sette meno un quarto, stamattina, appena uscita di casa. Un raggio di luce, un alberello autunnale e tanta, tanta, voglia di lavorare.

Erica, anzi Atmosferica.

Il giorno e la notte.

Sydney sa cambiare vesti, sa essere sportiva e veloce di giorno ed elegante e romantica di notte. Ci sto mettendo un po’ a conoscerla, proprio come accade con le persone. Vietato giudicare al primo impatto, prima di trarre conclusioni affrettate, bisogna andare a fondo. Ci vuole tempo e curiosità.

Così sto facendo. Sto conoscendo ogni giorno qualcosa in più e varie situazioni mi stanno portando a spingermi al di fuori del centro della città, la quale sembra davvero non avere fine. È enorme, il mare scava migliaia di insenature nella baia e numerosi ponti collegano i disordinati pezzi di terra. L’altro giorno ho preso un bus che per portarmi nella zona di Hunters Hill, ha attraversato tre ponti nel giro di otto chilometri.

E quando pensi ai ponti, immaginali pure giganti.
Ti do il permesso di pensare in grande.

🙂

Quello che ho capito, è che Sydney è molto versatile e camaleontica. Si adatta ad ogni umore e circostanza e non è sempre incasinata, fitta e rumorosa come potresti pensare.
Sai, questa foto l’ho scattata proprio vicino a casa. Quello che vedi è il Sydney Town Hall, uno dei più importanti edifici della città.
No, non è una chiesa, è il municipio.
🙂
Ho adorato quelle luci dorate che hanno saputo donarmi quiete e magia, al centro di un incrocio trafficato verso sera. Sydney non si spegne mai, non ho ancora visto e vissuto la notte fonda e profonda, ma questa è l’idea che mi da. Non si stanca, ha sempre le batterie cariche ma sa dove ricercare pace, relax ed energia nuova.

Qui dove abito io, i rumori dei lavori in corso non si prendono nemmeno la pausa pranzo, traghetti e ristoranti galleggianti trasportano turisti a tutte le ore e se non c’è la luce del giorno, i palazzi sono illuminati. Sempre. I grattacieli sono il simbolo della vita di Sydney, non dorme mai.

Quando cammino per la strada, mi piace buttare l’occhio negli stessi riquadri, dalle stesse angolazioni e, al variare della fascia oraria, luci e sensazioni non sono mai le stesse. Posso farti vedere questa foto, ecco. Stesso incrocio, stessa costruzione decorata dallo stile vittoriano che vedi in copertina, ma per il resto è tutto diverso.
Anche l’aria che si respira, te lo garantisco.

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Adoro le due foto.
Le ho scattate in due giornate diverse, con due umori diversi.
Quello scorcio è pazzesco.
Sia con il cielo grigio della sera, che con il cielo azzurro della mattina. Non perché raffigura uno dei protagonisti dello skyline di Sydney, ma proprio perché è magico.

Mi piace notare le differenze. Quando il cielo è ancora piuttosto chiaro, luminarie nascoste nelle insenature di maestosi edifici, si accendono e creano ombre rilassanti. Sto a guardare, mi lascio abbagliare, chi non lo farebbe. I semafori non disturbano, non stonano.

La gente per la strada è sempre diversa. Posso dirti che è molto sportiva e dinamica, veloce e atletica. Molti vanno al lavoro in tenuta ginnica, in bicicletta o di corsa. Tanti camminano a passo spedito in giacca e cravatta con la ventiquattrore nella mano destra e la borsa della palestra in quella sinistra. Già alle sette della mattina gli ingranaggi girano alla perfezione. Piccoli e grandi bar si affacciano ai marciapiedi, il caffè take-away va per la maggiore, ma non l’Espresso. Il più piccolo è il cappuccino. Hanno l’usanza e l’abitudine di consumare la colazione camminando, vetrine calde e appena sfornate, mostrano puncake, tortine, muffin e ciambelle di ogni gusto, ma pochi si fermano a mangiare.

Alle sette di sera, invece, è il momento della ristorazione.

Uh, come lavorano i ristoranti. Sia nel centro che un po’ fuori centinaia sono i locali pieni di gente. Vietnamiti, thailandesi, cinesi, giapponesi, malesiani e italiani. Cucine di ogni genere fanno fumo e profumo nelle vie, tanti ristoranti si mettono in mostra attraverso grandi vetrate e menù pieni di figure ti invitano ad entrare.

Saranno questi i giorni decisivi.
Continuerò le mie osservazioni guardando attraverso la vetrina di muffin appena sfornati, o buttando veloci occhiate fuori dalla sala di un ristorante?

Ti farò sapere.

Erica, anzi Atmosferica.

Il quaderno dei “cosa farò da grande”

Ciao, come stai?
Qui oggi piove e il cielo è grigio e basso. Da quassù, dal 22esimo piano, mi sembra di essere più alta di lui. È ovviamente in giornate come queste che la malinconia viene a bussare alla porta, per cercare comprensione, calore e riparo dalla pioggia. Io la faccio entrare, non la lascerò mai fuori.
Se viene a cercarmi un motivo ci sarà.

Ho riaperto la busta dei ricordi, piena zeppa di biglietti e lettere che mi hanno lasciato le mie amiche prima di partire, la mia mamma. Leggo con curiosità quel che mi avevano dedicato quel giorno e penso a quante cose sono cambiate, a quanto sono cambiata io e a quanto siano stati tutti auguri pieni di energia positiva, tanto da sentire giorno dopo giorno la loro realizzazione.

Quello che leggo mi muove e mi smuove, mi commuove.
Mi rendo conto che questi pezzi di carta rappresentano per me una sicurezza, una scommessa, un bene prezioso, una certezza. Dico una scommessa perché, nel dichiararmi amore e nell’augurarmi buona fortuna, queste persone hanno visto del buono in quella partenza trasmettendomi una carica incredibile.

Ora ti scrivo qualche pensiero che oggi mi emoziona.
A parlare sono due amiche, due grandi amiche.

“…Ti scrivo questo pensiero per ricordarti che nei momenti più tristi, dall’altra parte del mondo ci sarò io…
Io che ti aspetterò…
Io che dire che ti voglio bene è poco…
Io che il tempo passato con te lo tengo nel mio cuore e nei miei pensieri di ogni giorno.

Con te se ne va un pezzo di me che spero però di ritrovare; di ritrovare cresciuto ma non diverso, spero di ritrovare la mia amica di sempre, spero che nei nostri abbracci continui ad esserci la magia, spero che non ti dimenticherai mai che io sono qui sempre per te.
…”

Lei mi ha fatto una grande sorpresa l’ultima sera in Italia. Ormai pensavo che non l’avrei più salutata e che non sarei riuscita ad annusare ancora una volta quella magia di cui parla. Beh, alla fine è arrivata e mi ha lasciato questo foglio di carta insieme ad un braccialetto. Per me stanno avendo un valore enorme.
In posti e momenti in cui tutto manca, banali oggetti diventano preziosi e assumono profumi, conservano ricordi.

“…Prenditi tutto quello di cui hai bisogno, tieniti tutte le cose belle che una vita piena come la tua ti ha regalato fin ora e…SPACCA TUTTO!
Il tempo ti darà risposte, gesti concreti e delusioni e solo così scoprirai ciò che potrai essere…

Intanto continua ad essere il sole per te stessa e per tutti quelli che incontrerai, così come lo sei stata per tutti quelli che hai incontrato e per me!
I WISH YOU, ALL THE BEST!”

Sai, lei mi è stata vicinissima ogni giorno. Prima che partissi mi ha anche regalato un piccolo quaderno.

Il quaderno dei “cosa farò da grande”

Ogni giorno lo guardo e solo negli ultimi mesi ho iniziato a scriverci qualcosa. Con calma. Piccoli e grandi desideri, obiettivi e progetti. Lo tratto con cura, ha delle pagine bianche e delicate. Quel nastro rosso, richiama Amore e Passione. Due ingredienti che non mancheranno mai nella mia vita e nella realizzazione dei miei sogni.

Come ben sai, non posso confidarti i miei segreti. Per scaramanzia devo custodirli gelosamente ma ti prometto che ce la metterò tutta per realizzarli e realizzarmi. Sarò forte, entusiasta, determinata, energica e positiva. Voglio diventare grande.

Ma grande grande.

Erica, anzi Atmosferica.

Posso darti del “Tu”?

Oggi mi sono svegliata con un pensiero. Io scrivo, comunico, mi sfogo, mi carico e mi rilasso, esprimendo come meglio posso ciò che giornalmente ho da dire.

Ma TU?

Da oggi voglio iniziare a parlare con Te che leggi. Non voglio più rivolgere domande o esclamazioni ad un “Voi” generale e generico. È giusto che io parli con Te, con la Tua Persona, il Tuo Cuore, e la Tua Anima. Potresti essere una grande amica, la mia mamma, il mio papà o una persona che io non conosco e forse mai conoscerò. In ogni caso, però, da oggi voglio parlare con Te.

Sappi che assumerai le vesti del mio confidente, del mio amico più stretto o di una valle infinita dove io mi recherò in caso di bisogno. Per urlare di gioia, per lamentarmi di un’ingiustizia o per confessare un segreto. Tu non dovrai fare altro che essere molto accogliente, voglioso di riflessione e di ricerca. Proprio come sono e sarò io. Solo così potremo andare d’accordo e potremo creare uno scambio ricco e reciproco.

Che ne dici?

Ovviamente vorrei ricambiare il favore. Se Ti venisse da chiedermi qualcosa, non esitare. Se volessi farmi delle domande, sono pronta a risponderti e a dedicarti del tempo.

Devi sapere che qui mi sento lontana da tutto e molte volte, vorrei sentirmi più vicina. Sai quale potrebbe essere la giusta soluzione?

Parlare con Te.

Cercherei di capire cosa pensi di quel che scrivo. Vorrei sapere se ti sono di aiuto, di compagnia. Se sei d’accordo o meno con i miei pensieri e le mie linee guida di vita. Non riesco ad avere la percezione, mi sento dalla parte opposta dove sto conducendo una vita temporanea. Sto provando che significa stare nell’altro emisfero, guardare da lontano, ascoltare e pensare alle persone importanti da qui.

Ti confido un segreto. Da quando sono partita, ho sentito crescere in me una dote particolare, un dono magico. Quando penso profondamente a una persona, chiudo gli occhi e immagino di averla vicina, quasi di toccarla. Così facendo, riesco a percepire il suo stato d’animo, riesco a sentirla e a capire se sta bene o se è in un momento di sofferenza, di fatica emotiva. Riesco anche a vederla nella sua quotidianità e mi faccio guidare dalle mie sensazioni, dalla mia immaginazione.

È il mio modo per non sentire troppo la mancanza di chi vorrei qui, è il mio modo per far capire a chi è a casa, che io ci sono. Sono qui ma anche lì.

Più di una volta ho avuto la conferma che questo mio “Potere Speciale” fosse davvero tale. Per questo non credo sia una mia convinzione. Ho avuto le mie risposte e sto tutt’ora continuando ad averle. Mi sento fortunata.

Per questo, voglio parlare con Te. Penso di volerti dare l’importanza che meriti e ovviamente non posso chiudere gli occhi e pensare a Te ma posso pensare di averti mandato un messaggio anche oggi. Una riflessione che potrebbe farti strada. Aggiungendo un pezzo al mio puzzle, magari Ti ho aiutato a capire qual è l’incastro giusto per la tua giornata, una diversa chiave di lettura per la Tua Vita. Partendo da oggi.

In questi ultimi articoli più riflessivi e introspettivi, non Ti sto parlando tanto delle mie giornate, lo so. Ti dico però, che va tutto bene e forse non parlarne, mi sta aiutando ad essere più libera nel prendermi tempo. Per quanto riguarda la foto, per me è molto significativa. In ogni momento in cui mi sono fermata a guardare, gabbiani bianchi e grigi guardavano con me. Sono arrivata a pensare che mi abbiano seguito, abbiano viaggiato con me dal Western Australia fino a qui e siano stati i miei silenziosi compagni di viaggio. Come sai, ho parlato spesso dei gabbiani. Ho visto in loro le mie tre sorelle, la mia mamma. Sempre con me. La mia famiglia.

Anche in quel momento, mi sono fermata per dare spazio e tempo a quella visione. L’ Harbour Bridge. Fino a lì lo avevo visto solo in televisione, al telegiornale. Forse Tu mi puoi capire.

Beh, quei gabbiani, rendevano quel momento reale, libero di volare.

Erica, anzi Atmosferica.

“Tutto accade per un motivo.”

“Tutto accade per un motivo.”

“Se vuoi qualcosa, chiedilo alla vita. Lei te lo darà.”

Che ne dite? Ci credete?

Per me questi sono due assiomi di vita. Due salvagenti che mi tengono a galla. Sono due teorie vere a prescindere, basta crederci e fare attenzione a ciò che accade per trovare un po’ di loro in ogni piccola o grande esperienza quotidiana, in ogni coincidenza, in ogni delusione o situazione inspiegabile. Basta affidarsi. Avvenimenti assurdi o poco rilevanti, contengono sempre, e dico sempre, un significato nascosto. Sta a noi andarlo a conoscere, a decifrare.

Per credere che tutto accada per un motivo, bisogna però lasciarsi trasportare dal destino e dalle sensazioni. Andare in un posto quando si sente di dover andare, chiamare una persona quando la vocina dice “Chiamala!”, ascoltare il saggio consiglio di qualcuno in un momento di debolezza, seguire i discorsi di due sconosciuti incontrati in coda alla cassa, riprovare una seconda volta se la prima è andata male.

Insomma. Mollare mai e prestare attenzione sempre.

In questo ho sempre seguito l’istinto e devo dire che in momenti di disorientamento o perdizione, il mio sesto senso è stato sempre una guida, una luce da seguire. Giusto pochi giorni fa, mia cugina Ambra mi ha mandato un messaggio da Londra. Mi diceva che a Sydney vive un suo caro amico, un incontro con lui mi sarebbe stato di aiuto e sarebbe potuto essere positivo.

Io NON sono la tipica persona che coglie occasioni del genere. Di solito.

Sono quella del “Faccio di testa mia!”, “Non ho bisogno di voi!”, “Non voglio appuntamenti organizzati, grazie.”

Questa volta però ho detto:

“Vediamo! Sono curiosa di scoprire chi è questa persona.”

Non ero in un momento di perdizione ma di fatica, non mi sentivo a terra ma nemmeno energica.

Beh, la chiacchierata con Antonio, è stata come una spinta per me. Mi ha raccontato la sua storia, mi ha fatto domande sulla mia. Abbiamo affrontato discorsi interessanti ed altri più leggeri. Ho riso, mi sono divertita e mi ha fatto davvero bene. Sono andata a dormire con qualche tacca di carica positiva in più nella mia batteria, con un semi-programma per il giorno seguente. Volevo esplorare zone nuove dallo stile più semplice e meno impostato e così ho ascoltato il suo consiglio e sono andata in gita a Surry Hills.

In Crown Street, la via principale, una serie di locali alla mano, proprio come li volevo io. Fino a quel momento non avevo azzardato in ristoranti troppo eleganti per i miei gusti e così, ho capito che avevo fatto bene ad aspettare, temporeggiare.

Molte volte, l’attesa e la pazienza, mi mandano ai matti. Si trasformano in insofferenza e nel senso di colpa della nullafacenza. E invece no. Sono proprio quei momenti che devono essere lasciati liberi, è in quelle occasioni che il destino sta facendo un ricalcolo, sta rielaborando il percorso. Bisogna dargli tempo.

Camminando per la via, ho adocchiato un ristorante. Mi piaceva l’arredamento, il clima, ragazzi giovani servivano grandi piatti indossando un sorriso invece che un’elegante uniforme. Mi piaceva.

Sono così entrata senza nemmeno cercare coraggio. Mi sono sentita attirata. Il manager mi ha accolto con un grande sorriso e senza nemmeno chiedermi troppo, mi ha detto:

“Vuoi lavorare? Ok, vieni lunedì alle 16.”

Uscendo, ho letto il nome del locale.

Entrando non lo avevo notato.

PIZZERIA VIA NAPOLI.

Avevo bisogno di Italia.

Ho bisogno di Italia.

Il mio cuore mi ha portato lì e sono sicura che un motivo c’è. Sto chiedendo alla vita una situazione calda e accogliente che faccia uscire la mia frizzantezza, la mia freschezza, la mia leggerezza, il sole che c’è in me e la mia risata.

Lo sto chiedendo ogni giorno.


Il lavoro nel piccolo baretto di cui vi ho parlato pochi giorni fa, è al momento in stand-by. Per le vacanze di Pasqua è chiuso per una settimana quindi ogni discorso è rimandato.

Nel frattempo non sto con le mani in mano.

Vado dove sento di dover andare.

Chiedo alla vita quello che vorrei, porto pazienza.

“Tutto accade per un motivo.”

Presto o tardi, quel motivo si paleserà.

Erica, anzi Atmosferica.