Questo è il bello.

Un nuovo articolo per festeggiare l’inizio di una nuova realtà, una nuova avventura che prospetta crescita e cambiamento.

Tutto deve sempre cambiare.
Nulla sarà mai fermo.

Il viaggio del “Chissà dove arriverò”,
il viaggio del “Parto da qui”,
è iniziato pochi giorni fa, a Milano, alla fermata Missori della metropolitana.

Settembre e Ottobre,
Due mesi pieni di alti e bassi,
sali e scendi,
energia mancante,
disaccordo emozionale,
accordo astrale,
difficoltà nei volti,
aspettativa negli occhi.

Dal 2 di novembre tutto questo mi ha portato sulla strada del “Da oggi inizio”
e sulla sedia di una scrivania.

La mia.

Un’agenzia di branding dove lo studio del marchio e dei colori sono il centro del mondo ed il primo pensiero giornaliero, quello precedente allo sbadiglio. Io sto dalla parte della gestione del progetto, della supervisione del tutto, dove le responsabilità senza tempo sono sinonimo di impegno.
Fondamentale è il rispetto delle tempistiche, il contatto con il cliente e l’interpretazione delle sue esigenze.

Tutto pane per i miei denti.
Tutta questione di precisione e comprensione, assertività accomodante, puntualità nelle consegne.

Quante parole difficili.
🙂

Sono qui e vorrei fermarmi a guardare il mio posto, il traguardo raggiunto dopo un percorso, dopo giorni di corse e fatica, di grinta mai persa ma qualche volta assopita.
Sono qui e cerco di guardarmi ferma e non già in movimento, mi osservo da fuori e non dall’interno, voglio focalizzare per una frazione di secondo questa realtà di colpo materializzata, diventata improvvisamente “La mia giornata”.

Mi viene in mente il termine in inglese “journey”, una parola che in italiano significa “viaggio” ma che ricorda il suono di una “giornata”.

Appunto.

È proprio vero che non è mai finita.

Mai accadrà di arrivare.

La giornata stessa è un infinito viaggiare.

Questa riflessione mi perseguita dai tempi dell’Australia, della Thailandia, dal mio trascorso in un posto del mondo dove ad andare veloce era solo l’asfalto sotto le ruote, oppure in un altro posto dove avevo tempo, tanto tempo per pensare, riflettere, spaziare.

Ora qui fuori la luce del giorno si riflette nei vetri azzurri del palazzo di fronte e il tramonto scende sulle case, alle 16.45 sempre puntuale. Guardo fuori e la speranza si è fatta realtà, le mille domande trovano risposta nella normalità e io lavoro, con tutta la forza che ho.

Lavoro per il mio futuro e per la mia crescita, lavoro per la mia realizzazione, incastro ogni mia cellula assecondando le mie esigenze,

e quelle degli altri.

È il caso di iniziare a comprendere che la vita va veloce e inutile è cercare di stare dietro alla sua interminabile voglia di arrivare.
È bello e giusto starci dentro, guardando attorno e godendo il momento.

In tutto ciò, vorrei dirti che non appena ho creduto di avercela fatta,
ho iniziato a chiedermi se ce la farò.

Questo è il bello della vita,

Questo è il bello del “Crescerò”.

Erica, anzi Atmosferica.
(Perennemente in viaggio…)

Sogno un tempo senza tempo.

Sai, da qualche giorno faccio sogni strani. Brutti. Incubi.
Mi sveglio con il cuore in gola o ancora peggio, continuo a sognare nel dormiveglia, cerco di aprire gli occhi, ma la forza della mia mente è più forte. Il mio inconscio mi trattiene lì, a guardare ancora un po’ uno dei film più terribili.

Ovviamente sto provando a capire quale sia il motivo di tutto ciò anche perché, come sai, mi piace andare a fondo nelle cose.
Voglio capire.
La cosa certa è che prima di partire, non sognavo.
Non così tanto.
Ricordo bene che quando le persone mi dicevano…
“Uh, non sai che sogno ho fatto stanotte!!”
…io ascoltavo incuriosita, domandandomi perché io non sognavo o comunque, non ricordavo i viaggi della notte.
La mia.

In Australia, ho iniziato anche io a ricordare i miei voli notturni, le mie spedizioni spaziali. Sono molto felice di questo, mi sento più viva e qualche volta ho anche io racconti assurdi o incredibili da condividere.
Beh, il fatto di ricordarmi anche gli incubi, fa parte del gioco.
Sarebbe troppo bello correre per prati infiniti, far volare aquiloni, baciare l’uomo perfetto e vedere pesci colorati. Sarebbe troppo bello attraversare solo tutto questo, senza punte di tristezza, cattiveria, paura, rabbia e abissi.
No?

Beh. Gli incubi di questi giorni sono proprio assurdi.
Voglio parlartene perché magari potrebbe aiutarmi.
Ieri, stavo per addormentarmi quando ho iniziato a sentire il letto inclinarsi, come se la parte superiore del mio palazzo, stesse per staccarsi e crollare a terra. Come sai, abito al 22esimo piano e quindi sembrava troppo reale. Era possibile.
Ricordo esattamente che ho pensato: “Ecco, sto per morire”. Dopo quella sensazione, ho sentito il vuoto nelle orecchie e nella pancia, proprio come mi è successo di sentire sulle giostre più alte.
Quando per un attimo pensi di non respirare più.
Una paura fottuta. L’impotenza più assoluta.
Ecco mi sono sentita cadere, nel nulla.
Lì ho proprio parlato, ho detto: “Ciao Mamma, ciao Papà, vi voglio bene.”

Oh santo cielo!!

Mi sono alzata di colpo con il magone, il mio letto era fermo e il palazzo in cui vivo intatto. Fuori c’erano le stelle e un’atmosfera di pace che illuminava la baia di Darling Harbour. Ero ansiosa e preoccupata.

Ora, la solita domanda è:

Ma perché? 

I papabili motivi sono tanti. Cuscino sbagliato, materasso scomodo, particolari pensieri, preoccupazioni, alimentazione scorretta, stimolo della pipì, paure…
Mi sto analizzando per risalire alla sorgente e come sai, non mi fermerò fino a quando non avrò trovato una spiegazione.
La mente è talmente complessa che a volte è impossibile interpretarla e inseguirla.
È davvero una stronza.
Scusa eh…
Ma quando ci vuole, ci vuole!

Ho anche sognato per ben due volte di rincontrare casualmente due persone molto importanti. Le ho ritrovate vecchie, con le rughe, la barba bianca e gli occhi stanchi. Ma vecchie vecchie.
Ero incredula, mi strofinavo gli occhi e piangevo. Urlavo al cielo chiedendo spiegazioni e sostenevo di non essere stata lontana tutti quegli anni.
Non era possibile! Che rabbia!

E anche qui…
Ma perché?

Questo forse riesco a spiegarlo.
Ho spesso la brutta sensazione di avere poco tempo, so di essere lontana da persone per me di vitale importanza. Ho come la paura di perdermi troppo della loro vita, ho paura di trovarle evolute e cambiate.
Perché sì…
…non sarò solo io ad aver subìto una trasformazione.
Il tempo è per tutti trasformante.
Oppure vedrò in maniera diversa persone poco cambiate, accadrà ciò perché sarò io ad avere occhi nuovi.
Senza dubbio.

In più, come se tutto ciò non bastasse, mi frulla continuamente in testa un pensiero a cui non posso fare altro che rivolgermi come se fossi la sua mamma.
Eh sì, l’ho creato io.
Devo farlo crescere, devo educarlo.
Sto cercando di accudirlo ed è difficilissimo.
Aiuto!
Questo pensiero mi dice che devo impegnarmi a vivere ogni giorno con grande gratitudine, devo emozionarmi e rendere la mia vita speciale. Devo aiutare gli altri e fare dei piccoli doni anche attraverso un mio sorriso, uno sguardo. Non devo aspettare, non devo farmi aspettare, devo lavorare diligentemente e guardare sempre il cielo, anche quando piove.
Mi dice tutto ciò perché la vita è breve, è corta.
Questo pensiero mi assilla.

Sono ancora giovane e pensare oggi che la vita finirà, mi rattrista.
Mi destabilizza. Vorrei appunto educare questa mia creazione e vorrei farle capire che se la vita fosse infinita, non sarebbe uno stimolo, una ricerca della verità. Non sarebbe passione, non sarebbe maestra e non assumerebbe un grande valore. Non ci sarebbe condivisione, l’amore vero e tutte quelle emozioni che esistono solo perché c’è poco tempo.

Sarebbe una banalità scontata, un tempo senza tempo, una strada senza fine.

Invece no.
Voglio che la vita sia un successo, voglio lasciare una traccia e voglio che qualcuno un giorno abbia la fortuna di viverne una grazie a me. Voglio fare del bene perché qualcuno possa farlo a sua volta e voglio conoscere con curiosità perché sarà la stessa conoscenza ad essere tramandata.

Non voglio più pensare di avere poco tempo perché,
solo nell’atto di pensarlo,
perdo tempo.

Erica, anzi Atmosferica.