Come un’onda.

Da quassù il mondo è fantastico.

Riflettevo che qui in Australia, ho abitato due case, entrambe altissime e con vista mozzafiato. Chissà cosa vado a cercare sempre così in alto.

Cosa voglio toccare?

Per caso il cielo?

Sono sempre la solita esagerata.

Sono andata a rileggere di quando ormai quattro mesi fa, raccontavo dei tramonti che vedevo dal balcone di casa a Perth, della vista su grattacieli che mi sembravano vuoti e del senso di vertigine che provavo a stare così in alto, vicino alle nuvole. Di vuoto. Nel vuoto.

Al 13esimo piano di quel palazzo, non mi sentivo abbastanza in alto. Nella vita di un’onda, stavo nel momento in cui essa si gonfia, cresce, prima di toccare la cresta più alta. Salivo, Salivo, Salivo. Ma sentivo che avrei potuto salire ancora. Ancora di più. Ancora più su.

Poi è arrivato il periodo del contatto con la terra, della convivenza con il caldo e l’arido. Ho guardato il cielo dal basso, stando ferma e in movimento. Osservavo le nuvole correre e cambiare forma, creare temporali e pioggia infinita e fredda. Ero bassa, piccola e impotente ma d’altronde, mi ci ero portata da sola. Di che mi dovevo lamentare. Ho viaggiato senza mai sentirmi al pari con la natura, era immensa e non potevo fare altro che abbandonarmi alla sua forza, alla sua grandezza, senza opporre resistenza.

In quel caso, l’onda mi tirava. Mentre si ritirava, scoprendo una superficie di sabbia liscia e candida, mi risucchiava dentro sé ma io non avevo paura. Mi lasciavo travolgere, capovolgere e capitava che per qualche secondo non mi faceva respirare. Poi, una volta fuori con la testa, una bella boccata di ossigeno mi caricava per una nuova immersione. Ero debole rispetto all’onda, ero forse incapace di nuotare, ma ero al sicuro. La lasciavo fare e anche con molto piacere.

Sono arrivata poi qui e come una grande onda che si lancia sulla baia, mi sono trovata catapultata quassù. Sono balzata al 22esimo piano di un grattacielo. Sono volata con gli occhi bendati e ora che posso vedere di nuovo mi godo la vista dall’alto. È stato come uno tsunami, travolgente ed impetuoso. Quanta acqua ha spostato! Quando la terra è riemersa dalle acque, la baia di Darling Harbour. La sera quando cala il sole. Traghetti e ristoranti galleggianti, un ponte illuminato e pieno di lampioni. Piccole barchette a vela sono parcheggiate e le gru, la notte, sono in punta rosse, lampeggianti. Ancora mi chiedo come ho fatto ad arrivare qui, sono ancora frastornata.

Tutto normale.

Continuo a prendermi tempo, dove non sono mai stata ma Sono.

Perché per vedere cose che non hai mai visto, devi andare dove non sei mai stato.

Erica, anzi Atmosferica.

Come vedo Sydney.

Scusate ma forse sto iniziando a realizzarlo solo ora. La città è estremamente grande e anche se vivo in una casa, in una via, in uno dei migliori e più centrali quartieri, non è così facile sentirsi Veramente Qui, Veramente Adesso, Veramente A Casa.

Forse l’ho realizzato dopo aver visto l’Opera House e l’Harbour Bridge. Non so come spiegarlo ma quando penso a queste due opere architettoniche famose in tutto il mondo e identificate come simboli della città, scorrono davanti ai miei occhi immagini viste in televisione o sui giornali. Mi viene in mente il servizio del telegiornale il primo giorno dell’anno, dove la giornalista parla del capodanno a Sydney come uno dei primi del mondo e uno dei più spettacolari.

Fuochi d’artificio, luci, realtà inimmaginabile e troppo lontana.

Beh, sono qui.

Ieri era il momento per andare in perlustrazione. Poca è la distanza che mi separa da quella piazza piena di turisti che costeggia la baia (Sydney Cove). Due chilometri e una mezz’ora di passeggiata. Ho percorso George Street con la musica nelle orecchie e le scarpe da ginnastica, fino ad arrivare in Circular Quay.

Non c’è nulla di circolare.

🙂

Quattro moli numerati caricano turisti su piccoli o grandi battelli, gite organizzate di ogni genere portano in tutte le parti della città e troppe persone scattavano fotografie. Proprio lì, un ragazzo giovane e biondino suonava la chitarra a modo suo raccogliendo intorno a sé una folla curiosa e stupita. Teneva lo strumento appoggiato sulle gambe, ma non nella classica posizione. Diciamo che la chitarra era sdraiata, appoggiata di schiena. Con strani movimenti delle mani, creava arte in un modo mai visto, non servendosi di spartiti o della sua voce. Mi ha catturata. Mi sono così seduta su un muretto e mentre il sole mi picchiava in viso, lo ascoltavo e mi facevo portare su, dove voleva andare lui.

Girando di poco lo sguardo verso destra, tra le foglie verdi di un albero ho visto due delle punte di quella bianca e bizzarra costruzione. Camminando da quella parte, la piazza si è aperta dopo aver superato una fila di ristoranti e in cima alle scale, la Sydney Opera House.

“Ciao Sydney! Ma sei tu?”

Mentre a destra c’era lei, a sinistra il ponte riempiva la scena. Io stavo in mezzo alla piazza e c’erano pure i soliti gabbiani. Bianchi e grigi. Ero piccola, avevo caldo e osservavo migliaia di persone che scattavano foto e spiritosi selfie. Che cinema! Vedevo i turisti ma non mi sentivo turista, nonostante fosse la prima volta anche per me.

Che strano.

Volevo studiare le loro espressioni e i loro movimenti, senza ascoltarmi troppo. Quello che mi è piaciuto, è stato sicuramente lo spazio libero e arioso, tanta gente ma nessuno troppo vicino, libertà di movimento e pace!

No, non c’era confusione o fretta.

Non una direzione comune.

Invece che mischiarmi a chi andava dritto, a chi andava storto o a chi attraversava la piazza di sbieco, mi sono seduta. Di nuovo. Mi andava così.

Da lì potevo seguire meglio le dinamiche, vedevo tutto dietro a una ringhiera, seguivo con lo sguardo lontani personaggi strani e mi lasciavo irritare da gruppi di turisti asiatici che scattavano dieci foto al secondo senza godere per un attimo di quello che avevano attorno.

Ma dico io…

Respira, metti giù la macchina fotografica, goditela, rilassati, mangiati un gelato, scambia due parole e osserva.

Niente.

Non si fermavano un secondo.

Io però mi sono fermata e ho guardato in silenzio Sydney.

Erica, anzi Atmosferica.

“Quel posticino è proprio una chicca!”

Vi scrivo dal soggiorno di casa. La luce del sole entra dalle grandi vetrate e una musica portoghese crea atmosfera gioiosa. Come ogni giorno, verso le cinque del pomeriggio.

Della serie…”Toda Joia, Toda Beleza!”

🙂

Mi sento talmente bene in questo appartamento da non sentire il bisogno di isolarmi per scrivere. Spesso mi è successo prima di arrivare qui. Le parole delle persone coprivano le mie e i rumori distraevano il corso dei miei pensieri. Sarebbe inoltre impossibile erigere muri perché qui, sono tutti molto socievoli e coinvolgenti.

Dunque…

Posso rendervi partecipi del fatto che ho fatto una prova di lavoro stamattina. Oh yes. Tutto è nato da un annuncio e dalla prontezza di un’amica di Mattia nel comunicarmelo.

“Un piccolo bar nel quartiere di Glebe, cerca una cameriera!”

Benissimo.

Dopo tre minuti già ero al telefono con il gestore del locale il quale mi ha chiesto che tipo di esperienza avessi, quale fosse la mia disponibilità e quando sarei potuta passare per farmi conoscere. Mi sono così presentata ieri mattina presto perché alle nove sarei dovuta andare a seguire il corso per ottenere l’RSA (certificazione necessaria per lavorare nella ristorazione).

Quanti impegni!!

Ho raggiunto a piedi il locale distante più di due chilometri. Una bella camminata mattutina è stata un toccasana, ho attraversato fiumi e costeggiato parchi, ogni tanto mi giravo per vedere cosa lasciavo alle mie spalle e le ultime centinaia di metri ho faticato in salita. Fiatone!

Il piccolo bar è gestito da Lui e Lei, due ragazzi italiani immigrati in Australia. È una realtà molto familiare e qualcuno direbbe..

“Quel posticino è proprio una chicca!”

È curato nel dettaglio e offre pochi posti a sedere, regalando così una coccola a chiunque decida di entrare, solo o in compagnia. L’atmosfera è campagnola, floreale e colorata. Finestre finte sulle parenti interne, tavolini in legno e altri due più grandi e più particolari. Bello, davvero piacevole.

Beh, la prova è andata bene.

Sono felice di aver trovato lavoretto nel giro di pochi giorni anche se al momento si tratta di venti ore settimanali. Mi devo occupare del servizio, devo preparare piatti, centrifughe e drink, asciugare i bicchieri quando occorre e controllare che i tavoli siano puliti. Lì tutti fanno tutto, basta organizzare gli spazi e muoversi con ordine. Sono contenta e pronta, un lavoro non si rifiuta mai. Con la dovuta calma potrò portare il curriculum nelle zone che più mi invitano e sperare di trovare un full time, magari, un giorno. Oppure quel posto si rivelerà quello giusto per me, chi lo sà.

Come sapete, quando inizio ad avere desideri e idee concrete, inizio a chiamare, chiamare, chiamare le buone energie. Passeggiando per la città, inizio a identificare i posti in cui mi piacerebbe lavorare, mi metto nei panni delle cameriere che lavorano e osservo da lontano le dinamiche, le facce, i piatti, la location, il metodo…

Insomma. Tutto. Io vedo tutto.

Nulla mi sfugge cari miei.

A domani con altre novità! Intanto pensate intensamente al nostro amato Vando!

Molto intensamente!

Erica, anzi Atmosferica.

Ma alla fine di tutto questo…

Questo era il cielo appena fuori Sydney, era pieno, intenso e tipicamente Atmosferico. L’ho immortalato perché era autentico e mi riempiva. Era vero. Le nuvole gonfie, la luce del sole e il senso di profondità che solo il cielo australiano può spiegare.

Oggi riguardando l’immagine, sento che quel momento lontano, è già diventato un ricordo, qualcosa che non rivedrò più e sembra incredibile, quasi finto. Disegnato. Dipinto. Creato.

Per fortuna non ho mai lasciato passare giorno senza guardare lassù per almeno dieci minuti. Per fortuna ho raccolto nella mia testa tanto azzurro e blu stellato. Per fortuna è tutto qui, ben custodito. Nel viaggio che mi ha portato qui è stato divertente seguire il cielo è rincorrere le nuvole, vederlo di colori sensazionali o più scuro di un mare profondo. È stata ricorrente la sensazione di unione che lui giornalmente mi regalava insieme al mare. In fin dei conti sono entrambi immensi e infiniti, accomunano il mondo, uniscono le terre e toccano tutta l’umanità. Sono gli unici a poterlo fare. Mi hanno aiutato dandomi forza e accorciando distanze quando mi sentivo troppo lontana.

Lontana da tutto.

Qui a Sydney sono cambiati di nuovo i colori, la città cambia il cielo e questo a sua volta cambia il colore del mare. Di riflesso. L’attenzione si è spostata sulle persone e sui palazzi, sui grattaceli. Lo sguardo va su, ma non abbastanza e si ferma alla punta di alte costruzioni innalzate verso vette altissime e illuminate ma non infinite. Qui percepisco limiti e il gioco di colori di grandi vetrate ma non c’è l’infinito del cielo. Qui finisce velocemente e riempie spazi piccoli, chiusi e inquinati. Lo spirito di osservazione è aumentato del 300%. Guardo la gente che cammina, i giovani che si tengono per mano, quelli che attendono di attraversare al semaforo e noto il comportamento di automobilisti e camionisti. Sto studiando i mezzi, le stazioni e le tratte dei bus. Ho visto i lavoratori in pausa pranzo, la mattina presto diretti verso l’ufficio e la sera alle 17 uscire puntuali con la camicia non stropicciata e la cravatta ancora perfettamente annodata.

Mi sto facendo un’idea di tutto, nulla mi sfugge.

Poi vi dirò…

Da questa parte sento molto più forte la lontananza e le dieci ore che mi separano dalla vita italiana. Sì, la vita del futuro potrà sembrarvi divertente, ma quando ricevi un messaggio o una chiamata e puntualmente è per te ora di andare a dormire, non è per nulla incoraggiante. Sei costretto a bloccare la comunicazione tra uno sbadiglio e l’altro, per non addormentarti ogni volta alle due del mattino.

Intanto i giorni passano.

Sto abituandomi quindi, a vivere gran parte della giornata senza sentire l’esigenza di condividere ciò che mi succede con amiche, sorelle o genitori. Quando riesco a sentirli con calma, racconto tutto d’un fiato tralasciando inevitabilmente dettagli importanti o emozioni ormai scemate o trasformate in altre più forti o più recenti.

Sono piena di voglia di vivere questa città, proprio come quel cielo…ma sono anche spesso vuota per la mancanza di condivisione con chi vorrei, con chi è vicino ma lontano.

Troppo lontano.

Questo è il principale motivo per cui non vivrei mai in Australia. Il contrasto tra pienezza ed immenso vuoto potrebbe farmi male e accrescere sempre di più la distanza fino a farla diventare ancor più pesante. La vita è fatta di amore, del profumo di un abbraccio, della comprensione di uno sguardo e del calore di una mano. Qui per me è tutto senza profumo, tutto piatto e freddo, troppo distante per sentirlo.

Tutto.

Conoscerò Sydney e accoglierò ben volentieri ciò che avrà da offrirmi. Guarderò la città con positiva energia e grande predisposizione. Scatterò fotografie e farò nuove conoscenze, lavorerò e farò la turista, mi godrò l’ultimo caldo e poi le temperature miti che verranno. Ascolterò i rumori dopo il silenzio e ogni giorno seguirò l’evoluzione di lavori in corso delle mille gru posizionate in cima ai palazzi. Catturerò pezzi di vita e musiche mai sentite, starò a sedere sul balcone di casa con le mie scritture tra le mani, mi divertirò a scambiare due battute con i miei coinquilini francesi, brasiliani e colombiani, mi vestirò elegante per uscire a cena o per un giro nel centro. Subirò attivamente lo scorrere del tempo rendendo ogni giornata degna di essere raccontata, arricchirò la quotidiana routine di piccoli e nuovi obiettivi, mi prenderò la calma di sviluppare idee e andrò a ricercare stimoli creativi dove mi porterà il cuore. Immaginerò il mio futuro, pianificherò una nuova partenza e mi informerò per esaudire piccoli desideri con coscienza, penserò in segreto a nuove avventure e poi racconterò a voi le mie emozioni e le sorprese.

Questi sono i programmi ma alla fine di tutto questo, volerò nelle mani calde delle mie sorelle, nella comprensione di uno sguardo amico e nell’abbraccio profumato della mamma.

Giornata profonda e piena come quel cielo.

Erica, anzi Atmosferica.

L’energia che torna.

Sto iniziando a farmi spazio tra la folla e i pensieri. Due giorni di recupero mi sono serviti per smaltire la stanchezza e l’adrenalina iniziale.

Arrivare qui è stato come fare un incidente. Inizialmente ti senti bene, ma dopo qualche ora inizi a sentire piccoli dolori, zero energia, giramenti di testa e voglia di dormire. Allora non puoi fare altro che ascoltare il tuo corpo, capirlo assecondando i suoi bisogni e le sue necessità.

È successo esattamente questo.

Non mi sono lasciata prendere e travolgere dalla fretta di scoprire, accontentandomi di brevi passeggiate nella lunga via di casa e per qualche via adiacente. Ho potuto capire che vivo in una delle migliori zone, vicino alla stazione di Town Hall, a due passi dai negozi della parte pedonale di Pitt Street e vicinissima all’ Opera House.

Al mio risveglio, stamattina, ero abbastanza in forze da condividere con entusiasmo il momento della colazione con le due coinquiline francesi. Sono due amiche di Parigi, arrivate qui a Maggio. Ho parlato con loro del mio viaggio e dei miei progetti, ho ascoltato i loro piani e le loro esperienze. È stato uno scambio piacevole, sono due ragazze semplici più grandi di me di un anno. Ci ho messo poco a farle ridere e a sfoggiare la mia contagiosa risata, entrando così nelle loro grazie.

D’altronde la simpatia è un mio punto di forza.

Per fortuna!!

AHAHAHAHA 🙂

Inizio a sentirmi parte del gruppo anche se devo dire che i ragazzi brasiliani preferiscono rimanere nel loro mondo e parlare tra loro. Ci sarà tempo anche per approfondire e conoscerli di più, non c’è fretta. Se non si sforzeranno di parlare in inglese, mi impegnerò io a imparare la loro lingua.

Perché no!

🙂

Oggi mi sono iscritta ad un corso programmato per domani mattina. Seguirò una lezione di 5 ore, al termine della quale dovrò superare un test per ottenere una certificazione chiamata RSA. Solo con questa è possibile lavorare nella ristorazione o in qualsiasi locale in cui è autorizzata la vendita di alcolici. Qui nello stato di Syndey, New South Wales, è necessario avere l’RSA specifica della regione infatti, nella ricerca di lavoro, non avrei potuto presentare quella ottenuta a Perth, nel Western Australia.

Costo certificazione: 120 dollari.

Alla faccia!!

Bene, queste sono le novità! Piano piano conoscerò l’anima di questa città e zona dopo zona, inizierò ad orientarmi senza navigatore.

Stiamo scrivendo l’annuncio per vendere VANDO e provvederemo a pubblicarlo in ogni dove nei prossimi giorni. Fuori dai denti vi dico che gli voglio tanto bene ma non mi manca per niente!

🙂

Nella foto vedete uno scorcio della città, catturato ieri in una passeggiata serale con un’amica conosciuta a Perth e rincontrata qui. Che vita sorprendente! Ti fa rincontrare e incontrare persone un po’ come vuole lei. Serata piovosa e capricciosa ma atmosfera suggestiva.

Vi abbraccio!

Erica, anzi Atmosferica.

Calma e sangue freddo.

Qui in Kent Street si sta bene.

La casa è abbastanza grande, ha un ampio terrazzo che affaccia sulla baia di Darling Harbour (come vedete in foto), due bagni, lavanderia, due camere, soggiorno, cucina, televisione, divani, potentissima connessione Wi-fi 🙂 e chi più ne ha, più ne metta.

Dormo in stanza con due ragazze francesi e una colombiana, sono al piano di sopra di uno spazioso letto a castello dalle lenzuola verdi e ho già sistemato tutte le mie cose negli spazi dedicati alla “quarta coinquilina della stanza”. Fortunatamente sono tutte piuttosto ordinate quindi ho potuto accomodarmi senza dover camminare su borse, vestiti e cinture come è già capitato. Ho la mia mensola, il mio cassetto, il mio angolo nella doccia, il mio spazio vicino al lavandino e una ventina di grucce. Finalmente ho disfatto la valigia che era sigillata da troppo tempo e i vestiti all’interno stavano per perdere colori e forme.

Giusto in tempo!

Nell’altra stanza, invece, quattro baldi giovani dormono nei due letti a castello, hanno il loro bagno e un altro terrazzo. Che lusso! Tra i maschietti abbiamo due brasiliani, un francese e un italiano, Giuseppe da Bari, già soprannominato Peppino dalla sottoscritta.

Poche parole con Peppino sono bastate per entrare subito in confidenza. Ha vent’anni ed è venuto qui dalla Puglia per cercare fortuna, per lavorare nella ristorazione come già faceva in Italia senza, però, guadagnare abbastanza. Si è messo in gioco, è partito da solo e mi ha parlato di come si sta rendendo conto che qui si guadagna bene ma che i soldi non fanno la felicità.

“Ho capito che i soldi non fanno la felicità, soprattutto se la famiglia è troppo lontana.”

Mi piace l’atmosfera che si respira in casa, è un ambiente molto tranquillo dove poter scambiare due chiacchiere, guardare un film in compagnia senza magari disturbare i momenti di riposo altrui. Il proprietario di casa, che non vive con noi, al momento della consegna delle chiavi ha precisato e sottolineato che sono vietate feste in casa, schiamazzi e musica troppo alta.

Io l’ho subito rassicurato dicendogli che una delle caratteristiche della casa che stavo cercando, doveva proprio essere LA QUIETE.

Vai sereno caro!

Anche Mattia è ben sistemato in George Street. Casa mia dista una ventina di minuti a piedi dalla sua e anche lui si sta ambientando in questa potente città.

Ora devo prendermi il tempo per capire cos’ho attorno, prendere cognizione delle distanze e continuare ad orientarmi tenendo come riferimento i grattacieli. Eh sì, quelli non si muovono e qui sono meglio di una bussola.

Calma e sangue freddo.

Erica, anzi Atmosferica.


LETTO COMODISSIMO, TRE CUSCINI E ZERO LUCE NEGLI OCCHI!

CIAO!

Canberra. Aiuto!

Allora…

…allora…

…come vi ho detto ieri, devo cercare di rimanere concentrata e centrata. Sono a Sydney, in poche ore la città mi ha letteralmente mangiata.

La prima impressione è questa. Sono arrivata nel pomeriggio ma è già sera, il tempo è volato. Devo rendermi conto da che parte sono girata, imparare i nomi delle vie, cercare una casa senza lasciarmi condizionare dalla fame di questa città. Vuole girarti, farti perdere concentrazione e il senso del tempo.

Non ce la farà amici.

Il mio livello di attenzione è stellare.

Facciamo un passo indietro.

Stamattina eravamo a Canberra. Un piccolo giro nella parte centrale della città, è bastato per percepirne la serietà. Edifici nuovissimi e moderni. Sembra che abbiano costruito tutto nello stesso giorno. Ieri.

In occasione del Canberra Day, molte persone saranno sicuramente andate a farsi un tuffo in mare. Era deserta. Non un bar aperto, non un negozio illuminato e non una persona per strada. Desolazione totale.

Abbiamo così optato per una bella visita guidata al Parlamento. Che ci vai a fare a Canberra se non per fare un bel tour gratuito nelle aule parlamentari con tanto di guida?
Un bel giro di perlustrazione di un paio d’ore, ha riempito la nostra mattinata. Il ragazzo australiano ci riempiva di informazioni e aneddoti che arrivavano alle nostre orecchie come fiumi in piena. Due grandi sale occupano le due ali dell’immenso candido edificio: “The House of Representatives” e “Senate”. Una verde e una rossa. Nuove, nuovissime.

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Ho sorriso quando ci è stato spiegato che gran parte delle colonne sono costruite con marmo proveniente dall’Italia. La guida li ha nominati come Marmo di Carrara (bianco) e Marmo Cipollino (verde).

“Cipollino is a little onion.” ha esclamato sorridendo.

Tradotto, intendeva dire che “Cipollino” in italiano significa “piccola cipolla”.

E come dargli torto! 🙂

Bene! È stato molto interessante e ho sentito tutta la gioventù di questo paese, ho respirato aria di nuovo in questa maestosa costruzione aperta nel 1988. Ho visto ritratti dipinti su tela dei primi ministri, ho guardato video esplicativi e documenti originali chiusi in una teca. Camminato su parquet lucido che quasi quasi mi ci sarei potuta specchiare, ho visto eleganti fontane senza magia, ho percorso lunghi vuoti corridoi e salito scalinate in marmo bianco.

Una bella visita culturale prima di tuffarmi in questa vulcanica città, ci voleva.

Vi aggiorno presto, pensatemi intensamente.

Erica, anzi Atmosferica.