Perchè voglio ridere per sempre.

Sono tornata.
Anzi, parto ora.

Dopo dieci giorni di silenzio torno ad avere un contatto con la vita diverso.
Dieci giorni di meditazione continua in un monastero chiuso in un’atmosfera indescrivibile, dieci giorni nella giungla thailandese che con i suoi animali mi ha fatta tornare all’essenza e alla povertà che ancora non conoscevo.

Il contatto con il vero, la percezione della realtà e del momento presente.
È stato difficile dormire su un letto duro come pietra, rinchiusa in una bianca zanzariera che mi proteggeva da ragni, serpenti, scorpioni e zanzare. No, non mi faceva sentire imprigionata, mi regalava solo protezione in un mondo tanto sconosciuto e pieno di sorprese come quello della giungla. Un viscido geco lungo mezzo metro puntualmente veniva a farmi visita nei momenti di relax, mi rendeva nervosa e con quella consistenza gelatinosa mi impressionava.
Però c’è da dire che da quella collina vedevo il mare limpido come non l’avevo mai visto prima. Questo lo devo confessare. Mi sedevo su quei gradini blu del tempio e osservavo tutto il paesaggio. Ai piedi del piccolo monte si stendeva una distesa di palme e verde. Un colore pazzesco che nelle giornate di sole mi sembrava brillante. A volte davo uno sguardo anche dentro, nel tempio, dove un Buddha dorato stava disteso su un fianco. Mi chiedevo chi fosse, cosa fosse, guardavo colori, cercavo di capire e puntualmente accendevo un incenso profumato.
Era un segno di rispetto, per me era un messaggio.
“Non ti conosco ma ti rispetto.”

Oggi dopo dieci giorni di silenzio senza un orologio e un telefono, senza distrazioni o giornali, senza televisione o uno sguardo amico, senza musica e senza un messaggio dalla mamma, sento forte in me la vera essenza della vita. Ero guidata da una campana che suonava puntuale alle 4 del mattino buttandomi giù dal “letto” quando nella foresta regnava ancora il buio pesto, ero trascinata dai miei pensieri, dal terriccio del bosco e dal nulla più assoluto. Un’esperienza trasformante che forse rimarrà la più importante scoperta della mia vita per un lunghissimo tempo.
Anzi per sempre credo.
Una scoperta, una rivelazione, una confidenza e una confessione.
Ho capito e pensato, ho pianto e meditato in un monastero per undici ore al giorno, ho davvero capito chi sono e chi sono sempre stata senza saperlo davvero.

Sono libertà, pura libertà.

Non ho fatto un intenso percorso meditativo ma ho fatto una lunga pulizia nella mia mente, ho esplorato tutte le stanze e ripulito tutti gli angoli più nascosti. Avevo paura che un lungo silenzio avrebbe potuto riportare alla memoria traumi rimossi, cancellati.
Sai, quando si sta soli con la propria coscienza per giornate interminabili, ci si mette alla prova.
Brutte esperienze potrebbero bussare alla porta, sensi di colpa potrebbero ritirarti giù e dimostrarti che hanno ancora la forza di condizionarti e di mettere a rischio un lavoro lungo mesi, un impegno costato fatica.

Io sono stata felice di scoprire che il viaggio che mi guida da Novembre, mi ha portata in posti reali davvero esistenti.
Mi ha regalato verità.
Non avevo nessuna illusione di stare bene, ora so di stare bene davvero.
Sono pulita.
Questa è stata la conferma.

Immagino tu voglia sapere le dinamiche di una giornata tipo oppure che diamine significhi meditare, che cavolo si possa nascondere in questo mondo pieno di mistero.
In poche parole devi immaginare una giornata lunga e silenziosa, il rumore dei grilli di sottofondo e il tempo segnato dal rumore di una campana che rimbombava su tutta la collina.
Quello era il segnale, l’orologio e il richiamo.
La meditazione, invece, si basa sul presente e sulla concentrazione, sul respiro e sull’azione che il corpo sta svolgendo.
Qui ed ora.

Quante volte chiudi gli occhi e scappi in posti lontani, passati, futuri o addirittura immaginari?
Quante volte ti crei aspettative senza nemmeno valutarne l’impossibile realizzazione?
Quante volte scappi da un pensiero scomodo per paura di affrontarlo?

La meditazione vuole liberare l’anima da questa prigione.
Vuole creare distacco tra passato e futuro permettendoti di non identificarti in ciò che oggi non ti rappresenta.

E che forse non ti rappresenterà mai.

Un grande maestro e monaco australiano, Anthony, ha guidato me e i miei quasi sessanta compagni di viaggio e silenzio, verso una luce per ognuno diversa ma sicuramente illuminante. Ha raccontato storie e riflettuto su temi di vita o illusione di vita.
È davvero una persona pazzesca, ricca di dottrina e sapienza, ricca di senso.

A volte mi estraniavo da tutto e osservavo la situazione dall’esterno. Come se fossi una spettatrice, come se non fossi la diretta protagonista di un silenzioso film. Vedevo i cambiamenti nel volto delle persone, ero impressionata da come contatti visivi fossero più espliciti di parole. Vedevo chi praticava meditazione con costanza e determinazione e chi, come me, apriva gli occhi in cerca di altro.

Dal quinto giorno è iniziata per me una sofferenza che chiedeva il suono della mia voce ma soprattutto della mia risata. Avevo inoltre bisogno di scrivere ed esprimere la mia dimensione in una parola, in un piccolo disegno astratto.
La mancanza della mia risata mi ha fatto piangere, e la mancanza della scrittura mi ha fatto scrivere il mio nome con un ramo nel terriccio del bosco.

Mi rivedevo tra quelle foglie. Ero io. Ero natura.

Quando anche questo non bastava ho chiesto aiuto, ho domandato di poter avere una penna e ti giuro che appena l’ho avuta, mi sono sentita libera, finalmente ricca!
Avevo come un pezzo d’oro tra le mani.
Un oggetto dal valore inestimabile.
Ho iniziato a scarabocchiare le fotocopie del mio visto australiano che casualmente avevo nello zaino, ho iniziato a disegnare greche e a scrivere nomi. Dedicavo ore ad un disegno astratto di inchiostro blu ma non ho scritto, questo ho cercato di non farlo.
La frase che più mi piaceva scrivere era “Let’s laugh forever!”, pensavo di voler ridere per sempre allo scadere del silenzio, al suono dell’ultima campana.
È pazzesco, non credi?
Non pensavo fosse così fondamentale per me.
La mia risata.
Se mi conosci la potresti sentire ora.

Sto ridendo per te, e per me.

Non ti nascondo che ho anche pensato di andarmene.
Il giorno sei.

Non meritavo quel dolore e quell’implosione, non potevo accettare di dover ridere in silenzio.
Nella mente.
Ho pianto e ho parlato con uno dei volontari, ho chiesto aiuto e ho ricevuto un grande sostegno emotivo da Giulia, una magica ragazza incontrata lì.
Con i suoi occhi neri ed espressivi, mi capiva e silenziosamente mi parlava.
Sono così riuscita a farmi forza, era per me importante portare a termine un percorso. Sapevo da sempre che sarebbero stati otto giorni di silenzio, non volevo scappare al sesto.

Ho cercato in me la determinazione e la voglia di toccare il traguardo.

Le ultime 24 ore sono state infinite e piene di adrenalina, non vedevo l’ora di poter tornare a respirare. A ridere. Dovevo farmi una di quelle risate lunghe una vita, da crampi allo stomaco e lacrime di gioia.
Per fortuna ho incontrato la simpatia di Giulia che con il suo accento sardo mi regala esilaranti momenti di pura vita.
Quanto rido!

L’ho incontrata il primo giorno e dopo una breve conoscenza di poche ore, è iniziato il silenzio. Ci siamo sempre supportate, capite, e ringrazio la vita di averla fatta passare dalla mia strada, di avermi portato sulla sua.

Nel suo viaggio attraverso gli stati del sud-est asiatico non aveva in programma l’isola di Koh Phangan ma, il destino l’ha portata qui.
Forse l’ho chiamata io.

Ora, prima che riparta la vorrei tenere con me qualche giorno per conoscere altro oltre a quello che ho capito dai suoi occhi, durante questi giorni vuoti di parole ma pieni di tutto.
La tengo con me per condividere momenti di pura gioia.

Perché voglio ridere, ridere per sempre.

Erica, anzi Atmosferica.

È giunta l’ora del silenzio.

Bene, sono pronta.
È giunta l’ora del silenzio.
Ora ti spiego.
Appena trovo le parole.

Un incipit così singhiozzato credo di non averlo mai scritto. Anzi, ne sono sicura. Forse non so da dove iniziare, forse non mi so spiegare, oppure devo solo lasciare le mani libere, senza più cancellare e ribattere.
Cancellare e ribattere.

Sull’isola di Koh Phangan il sole sta per calare e credo che stasera il cielo sarà di un colore spettacolare. Finalmente oggi la Thailandia ha deciso di regalarmi una giornata di sole magnifico e potente dopo quasi quattro giorni di timidezza.

Eccoti, ora ti vedo in tutta la tua bellezza, in tutta la tua luce.

È proprio vero che con il sole e il cielo azzurro è tutta un’altra storia, l’umore è migliore e l’energia più intensa. Le baracche di lamiera sembrano meno povere e sporche, la gente locale mi pare meno triste e risaltano ancor di più i colori dei frutti esposti su traballanti assi di legno.

Tutte immagini fotografate nella mia testa e non solo, tutte personali sensazioni anche se non credo di sbagliarmi. Senza rendermene conto sto deviando totalmente dal nodo centrale di ciò che ti voglio raccontare. La mia mente in questo momento è un nemico e le mie mani la seguono senza esitazione.
Ma insomma…fermatevi!
Ora intervengo io.
Devo parlarti di una cosa importante.
Devo raccontarti di un’altra scommessa, forse la più difficile.

Domani mattina il mio tassista di fiducia, Wee, mi porterà alle porte di un posto che segnerà, probabilmente, l’inizio di una nuova trasformazione.
L’ennesima.
Il proseguo e la continuazione.

Kow Tahm – Insight Meditation Centre
Questo è il luogo in cui andrò domani mattina, situato in cima ad una delle colline qui a Ban Tai.
Quello che offre questo centro è un’esperienza di vita particolare. Una settimana, o poco più, di silenzio e meditazione insieme a persone che scelgono, come sto facendo io, di scoprire il vero contatto diretto con la propria anima.
Si tratta di un ritiro spirituale (non religioso), durante il quale vengono spiegate e poi applicate le tecniche di uno specifico tipo di meditazione che prende il nome di “Vipassana Meditation”.
Che sarà mai questo nome strano?

🙂

Ho scelto di mettermi alla prova e di rinunciare per quasi dieci giorni a tutto ciò che nella vita di tutti i giorni mi distrae dalla mia parte più genuina, quella non condizionata dall’esterno, dai giudizi, dalla tecnologia, dal pensiero altrui.
Sarà dura psicologicamente e fisicamente, il telefono sarà spento e il dialogo, con le persone lì presenti, limitato. La mia attenzione sarà totalmente focalizzata sulle mie sensazioni fisiche, sulle mie emozioni e sui miei pensieri.

La meditazione non viene intesa come un modo per scappare dalla realtà ma, al contrario, per agire in maniera veritiera attraverso essa.
Questo è il mio obiettivo.
Agire sempre e solo secondo la mia più profonda verità.

Le condizioni per poter partecipare al ritiro sono semplici e non discriminanti. È sconsigliato a chi non abbia un buon equilibrio interiore e a chi abbia particolari dipendenze.
Ovviamente.
La meditazione viene praticata continuamente per tutti i giorni di silenzio e vede l’alternarsi di quella seduta a quella camminata, insieme ad altre attività focalizzate sul momento presente.

(Sto facendo una fatica assurda a scrivere, mannaggia mi sento tipo una professoressa alla cattedra!)

Mi rendo conto che ti sto parlando di qualcosa di complesso e che magari non hai mai sentito parlare di meditazione. Forse, però, sei il primo a sentirti interessato all’argomento o a praticarla con costanza. Io sinceramente non sono una grande meditatrice. Non riservo al mio “IO” un lungo momento ma tante piccole riflessioni nell’arco della giornata.
Quando mi va, smetto di guardare fuori e inizio a guardare dentro.
In questa settimana, invece, sarà diverso. Sarà impegnativo sia fisicamente che mentalmente ma credo che se ne uscirò vincitrice, porterò con me la vittoria ovunque e per sempre.
Sventolerò un grande bandiera con grande soddisfazione.
Per me sarà un fantastico traguardo.

Per questo è giunta l’ora del silenzio.
Per un po’ non ti scriverò, non parlerò e non condividerò fotografie. Non punterò la sveglia la mattina perché alle 5.00 suonerà una campana, starò alle indicazioni dei maestri e mi lascerò trasformare con coraggio. Quando uscirò, sarò diversa sicuramente ma non so in che misura.
So solo che non sarò la stessa Erica, anzi Atmosferica che ti scrive ora e che ti ha scritto sino ad oggi.

Con queste mie parole voglio principalmente darti tranquillità e farti capire che sono totalmente consapevole di quel che ho deciso di fare. Sono giorni in cui riesco ad essere molto presente e al passo con ciò che mi sta accadendo.
Non temere e se anche non mi sentirai, sarò al sicuro.

Bene, sono pronta.
È giunta l’ora del silenzio.

Koh Tahm è un centro conosciutissimo dalle persone locali tanto che Wee, il mio amico e simpatico tassista, sa bene dove dovrà portarmi.

Oggi mi ha anche detto che,
da lassù,
la vista mi piacerà assai.

Erica, anzi Atmosferica.

Profumo di pesce e povertà.

Ok, sto per partire di nuovo. Stamattina la testa frulla alla massima velocità, pensieri di ogni genere e natura mi stanno travolgendo ma come sempre, cerco di selezionare e capire.

È impressionante come le questioni personali rimangano ferme, anche quando il corpo è in movimento. Colori e profumi, persone e piccole scene quotidiane, mi rimandano a ricordi lontani e vicini. Momenti belli che vorrei conservare si affiancano inesorabilmente a quelli brutti che vorrei dimenticare. Come se i primi, non possano esistere senza i secondi.

Sto apprezzando questa solitudine come se fosse la più importante possibilità per rinascere davvero. Faccio grandi discorsi a me stessa e qualche volta li appunto sul mio quaderno.

Ieri ho percorso circa un chilometro a piedi sulla strada. Sono entrata con lo sguardo nelle baracche di lamiera sporche e a volte puzzolenti. Puntualmente una persona all’interno mi invitava ad entrare, una parrucchiera, un fruttivendolo o un piccolo omino che vendeva pollo allo spiedo. Sorridevano.

Sono andata al mercato e mi sono trovata davanti ad una distesa di colori e profumi, un contatto diretto con il sano e il genuino. Verdura e pesce erano esposti su grandi piatti colorati e le donne dietro alle bancarelle avevano puntualmente uno sguardo triste. Mi sembrava di vedere la loro anima.

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Mentre camminavo sul cemento umido, tra quelle facce vedevo la Thailandia, quella che avevo sempre sognato. Finalmente mi trovavo lì, al mercato del vero.

Una bambina che masticava un povero inglese, mi ha servito la mia porzione di verdure e pollo. Avevo fame e quel vassoio era molto invitante. Profumato.


Per cena invece mi sono vestita carina, avevo voglia di coccolarmi. Appena fuori dall’albergo un ragazzo mi invitava ad entrare nel ristorante thai per cui lavorava. Mi sono avvicinata e dopo aver risposto al suo saluto, mi sono fatta accompagnare ad un tavolo di legno abbellito da una candela rossa. Lui aveva capito di cosa avevo bisogno. Un tipico piatto thailandese era proprio quel che mi andava e quell’atmosfera calda e luminosa mi piaceva.

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Era bello cenare da sola, non provavo invidia per la coppia di fidanzati seduti vicino a me. Avevano entrambi una faccia annoiata e guardavano il cellulare scorrendo le notifiche di Facebook.
Che tristezza.
Io ero piena di me ed ero troppo contenta, scrivevo senza vergogna sul mio quadernino e dialogavo con le mie parole, argomentavo, discutevo.

Tutto è curato nel minimo particolare, ma in modo naturale. Dopo aver pagato il conto, 145 BATH, il ragazzo mi ha portato una salvietta umida e profumata per pulirmi le mani. Di fianco un fiore bianco. Era vero ed era appena stato colto. Per me.

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Dopo aver infilato il fiore tra i miei capelli mi sono alzata e alle mie spalle ho sentito la sua voce: “Sweet dreams!”.

Mi sono girata per ringraziarlo e ho di nuovo risposto al saluto. Mani giunte e capo chino.

I miei sogni sono stati dolci ma sul finale un filo agitati. Un traghetto tra qualche ora mi porterà a Koh Phangan. Un’altra isola che dista una mezz’ora da qui.

🙂

Keep in touch.

Erica, anzi Atmosferica.

Prime impressioni Thailandesi.

È forse la prima volta che identifico un titolo al mio articolo, ancor prima di scrivere. È forte il bisogno di fissare le mie prime sensazioni di questo cambiamento.

Questo è un altro mondo.

Quattordici ore di viaggio mi hanno portata qui, dove la lancetta dell’orologio recupera tre ore rispetto a Sydney ma è tutto talmente povero che mi sembra di vedere annullati anni e anni di evoluzione. Sembra assurdo.

L’atterraggio all’aeroporto di Koh Samui è stato di forte impatto. Guardando fuori dall’oblò, non vedevo luci ma solo il nero del mare. Ero seduta sul lato destro, da sola. L’aereo ha perso quota velocemente e ho avuto la sensazione di cadere a picco su quella distesa di acqua nera. Era sera. Le luci della pista mi hanno di nuovo fatta sentire a terra, dopo un lungo viaggio passato anche da Bangkok. Per poche ore.

La prima impressione sconvolgente me l’ha data proprio l’aeroporto. Sembrava una capanna illuminata, tutto interamente all’aperto e piccolo. Molto piccolo. Legno, piante e luci.
La percezione del drastico distacco dalla realtà Australiana a quella Thailandese è arrivata forte e chiara, inaspettata. So bene che qui mi ci sono portata io, so anche che sono venuta qui per respirare l’atmosfera di questo paese che nella sua povertà regala una strana voglia di magia. Tutto questo mi è chiaro, ma il tocco con il suolo e lo sguardo delle persone del posto, sono comunque stati una sorpresa inaspettata.

Dietro ad una scrivania povera e traballante, una ragazza dai dolci lineamenti vendeva “Sim Telefoniche Thailandesi Per Turisti”. Non penso che per i viaggiatori siano riservati numeri speciali ma era sicuramente la prima cosa che volevo fare una volta entrata in terra Thai. Un numero di telefono su cui avere connessione ovunque. Al prezzo di 400 BATH mi ha offerto un servizio completo, con le sue mani veloci ed esperte ha attivato tutto in tre minuti, evitandomi lo stress di dovermi interfacciare con messaggi incomprensibili. Più che lettere, le loro sembrano le greche che facevo alla scuola media tra un compito ed un altro.
Le ho anche chiesto se vendeva cover per il telefono, la mia era rotta e su questo sono particolarmente fissata. Devo avere una cover che mi soddisfi e soprattutto intatta. Con disinvolta gentilezza mi ha riconsegnato il telefono insieme ad una cover che lei non usava più.
La fantasia rappresenta un acchiappa sogni.
Mi ha fatta felice, mi è sembrato un regalo speciale.
Un pezzo di plastica che per me ha un grande valore.
Il valore dei suoi sogni.

Un taxi-bus mi ha portata nel piccolo resort in cui alloggio per sole due notti. Una è già andata. Una ragazza mi ha accolta come se fossi un importante ospite e mentre davo i miei dati per il check-in, mi ha anche offerto un fresco succo d’arancia. Non ho scelto un posto di lusso, non voglio essere servita e riverita come potresti pensare. Voglio viaggiare senza aspettarmi nulla, voglio entrare interamente nel loro modo di vivere e sto già apprezzando la loro estrema gentilezza e la voglia di farti sentire a casa. Anche se non hanno niente.

In Australia un succo all’arancia sarebbe un extra.
Anche in Italia.

Dalla stanza sento il rumore delle onde e dormo su un letto immensamente grande. Non sono abituata ad avere tutto questo spazio. I cigni costruiti con gli asciugamani sono sempre stati una mia passione.
Danno un tocco di arte ad un letto bianco e rosso.
Danno il benvenuto. Basta poco.
Sulla via principale vedo baracche di lamiera con insegne scolorite, motorini e macchine sfrecciano ad una velocità non consentita e ognuno fa un po’ quel che vuole. Nessuno indossa il casco e le precedenze sono un optional. Per il momento preferisco spostarmi a piedi e quando dovrò percorrere distanze più lunghe monterò su un taxi.
Il mio papà direbbe:
“Meglio spendere qualcosa in più, piuttosto che affittare un motorino e rischiare la vita.”
Ben detto papino.
Infatti farò così.

Respiro una Thailandia cruda ma non cattiva, mi sono catapultata in un altro mondo e mi sento curiosa di conoscerne ogni angolo, ogni carattere. Uso una piccola borsetta per contenere soldi, passaporto, telefono e una conchiglia colorata. Se riesco la tengo sotto ai vestiti, in modo che non sia visibile. Nel mio zaino ho l’occorrente di cui posso aver bisogno e il caldo è umido.
Trenta gradi.
Mi sono comprata un piccolo quadernino, con in copertina una coccinella rossa, su cui appunterò i miei pensieri. Quelli da prendere al volo.

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Che l’avventura abbia inizio.
Sempre se di inizio si può parlare.

Erica, anzi Atmosferica.

Scusa ma devo andare…

“Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I’m safe, you’ve got me now.”

“Sono venuta da te con la speranza distrutta 
Mi hai dato più di una mano da stringere 
Mi hai sostenuta prima che toccassi il suolo 
Dimmi che sono al sicuro, tu mi hai ora.”

(Take me home – Jess Glynne)

Questa direi che rappresenterà per sempre la canzone dell’ultimo giorno di Australia. La ascolto da stamattina e la tengo segreta nelle mie orecchie anche ora che ti sto scrivendo. Sono emozionata e malinconica, sono forte e felice. Mi sento così, proprio come queste parole, proprio come questa arrabbiata ma dolce melodia.

Chiunque, forse anche tu, potrebbe dire che è una canzone triste di un amore disperato e non corrisposto. Lei canta chiedendo un’attenzione e pregando nel ritorno del suo amato, nell’aiuto in caso di difficoltà e di caduta. Chiede se lui potrebbe portarla a casa, è in crisi nera. Cerca una cura per la sua anima spezzata.

Io questo mi sono permessa di chiederlo all’Australia. Mi sono allontanata da tutto per protesta, ero arrivata ad un punto in cui avevo regalato troppo senza ricevere in cambio almeno la metà di quel che meritavo. Ora che è guarito, posso confessare un dolore che raggelava le mie giornate senza darmi troppi riscontri positivi. La mia partenza è stata data dalla voglia di far capire a me stessa che la mia anima avrebbe potuto sostenermi ovunque. Dovevo avere la certezza che da sola sarei potuta partire per qualsiasi viaggio dentro e fuori e che l’Australia non mi avrebbe fatto paura. Anche nel posto più lontano ce l’avrei fatta. Sono partita per una questione personale che dovevo risolvere, dovevo parlarmi e ascoltare ogni mia singola parola. A volte anche a voce alta.

Forte come la musica, ad altissimo volume.

Una sfida lunga sette mesi che si chiude oggi con un sorriso e gli occhi pieni di luce. Stringo i pugni dalla gioia e salto sulla valigia con due piedi per riuscire a chiuderci dentro tutto quello che di più bello e profondo sono riuscita trovare e raccogliere sul mio cammino. Non voglio perdere niente, devo conservare tutto.

Queste sono delle confidenze molto personali, lo so. Non so nemmeno se, leggendo, sia per te facile arrivare fino a lì. Fino al nodo. Fino al punto più profondo che sto toccando qui e ora. Sì perché l’Australia mi ha ancora, per poche ore. Mi sta urlando ora frasi di addio e un saluto memorabile. La sto ascoltando, la sto guardando. Come dice questa canzone, mi ha anche dato tante mani da stringere e le sarò grata per tutta la vita perché con queste mani, ho costruito la mia essenza, la mia rete, il mio nido, il mio rifugio. Ho donato quel che avanzava, tenendo per me il mio segreto potere. Quello per me indispensabile per stare bene. Poche sono le persone a cui l’ho regalato. Non me ne volere ma mi sento speciale.

Lei mi ha permesso anche di guardarmi dentro, mi ha portato in posti magnifici che solo quando sarò a casa guarderò con occhi consapevoli. Non credo di essere sempre stata presente, non penso di essere riuscita a rimanere al passo tra immagini ed emozioni. Tra luoghi e consapevolezza. Molto spesso non capivo la grandezza dello spettacolo che avevo a pochi metri dal mio naso, pensavo fosse normale. Ma non per questo è stato meno intenso, sia chiaro.

Sai, quando di fronte a te hai migliaia di chilometri deserti, è talmente difficile guardare lontano che riesci solo a guardarti dentro. È il posto più vicino da mettere a fuoco. Quando invece ti siedi davanti all’orizzonte, vedi questa linea infinita che taglia il cielo ed è talmente difficile capire la meraviglia di tutta quella infinità, che la cosa più facile da fare è arrivare all’orizzonte dei tuoi pensieri. Lì dove forse non eri ancora stata.

Sempre come dice la canzone, stavo toccando il fondo prima di partire. Non mi rendevo conto ma forse inconsciamente ne ero totalmente consapevole. Questo viaggio è stato la cura, mi ha dato la consapevolezza della mia potenza e dell’energia instancabile che mi riempie senza scappare mai. Mi appartiene e tra noi c’è un legame profondo. Mi piace, ora, guardare quel fondo dall’alto. È come se stessi galleggiando e il fondale sotto di me sia profondissimo, quasi lontanissimo. So perfettamente che un’ondata improvvisa potrebbe di nuovo farmi mancare l’aria tirandomi verso il basso, ma questa è la vita. Non è possibile eliminare la cattiva sorte, come la buona. Resta una vita intera da vivere ora, resta la voglia di rimanere a galla indipendentemente dalla forza del mare. Nel mio oceano ora c’è il sole, vedo pesci colorati e so nuotare senza fare fatica.

Quest’acqua limpida ora la porto con me, in Thailandia.

Erica, anzi Atmosferica.

Il posto migliore in cui stare…

Quando cerco il centro e il punto di equilibrio dove niente mi fa pendere dal lato più pesante, mi siedo a terra. Eccomi qui a scriverti dal pavimento di casa, da Sydney.

Potresti sederti sulla luna, identificare l’Australia, individuare la costa est e fare uno zoom su Sydney, Kent Street, 361/146, piano 22. Sono qui. In questo modo arriveresti qui, nel piccolo punto di questa grande terra, il punto in cui sono seduta cercando il mio posto.

Qual è il mio posto?

Proprio non lo so. Mi viene da dirti che il mio posto sono io. Il mio posto è il mio cuore, sono la mia anima e i miei occhi. Per il resto nulla è mio e nulla lo è stato.

Ho qualche giorno per raccogliere gli ultimi incontri, le ultime parole e gli ultimi sguardi. La parte più dura ma la più preziosa perchè sono certa che tutto quel che arriverà in queste ultime ore, sarà mio. Per sempre.

Sono scombussolata ma con i piedi ben saldi a terra. Non preoccuparti. Mi sono scritta una lista delle ultime cose da fare in modo da non arrivare all’ultimo giorno confuso a non saper che pesci pigliare. Sto per partire di nuovo. Te lo giuro.
Non riesco a definirti in poche parole il mio stato d’animo ma è anche bello sentirmi così. Mi piace.

Come sempre mi lascio travolgere dalle emozioni e ascolto canzoni in base ai giri strani che la mia mente decide di percorrere. Le seguo, musica e anima, viaggio con loro. Mi lascio trasportare in profonda tristezza ed immensa felicità. Sono dispiaciuta per quel che lascio ma curiosa di vedere quel che mi aspetta, chi mi aspetterà.

Chi lo sa.

Per unire il Mondo in un’immagine, pochi minuti fa guardavo questa foto che vedi in copertina. Qui dentro vedo tutto più piccolo, trovo equilibrio, riesco ad unire le varie strade, le emozioni frastornanti che pretendono troppo spazio. State calme! L’ho scattata ieri a Bondi Beach in un pomeriggio freddo e leggermente ventoso. In questo mare vedo l’acqua che unisce le terre, nella sabbia vedo la stabilità e la concretezza alle quali ogni oceano trova base e nel cielo, beh, nel cielo vedo tutto quel mistero che avvolge il Mondo, ovunque.

Ogni posto è pieno di cielo. Ogni posto è pieno di mistero.

Questa foto mi fa riflettere soprattutto ora in cui mi lascio cullare da un momentaneo e giustificato senso di perdizione. Presto lascerò l’Australia ma ovunque nel mondo potrò decidere di portarmi davanti ad un’infinita distesa d’acqua che bagna la terra.

Ovunque sarò, potrò stare bene.

Ovunque andrò, avrò ben chiaro che sarò io il posto migliore in cui stare, ancor meglio se di fronte al mare.

Erica, anzi Atmosferica.

Buongiorno Brisbane.

Proprio nel momento in cui ho sentito l’aereo staccarsi da terra, ho realizzato di essere ancora in viaggio.

L’ennesima partenza ma la prima da quando mi sento nuova. Inizia oggi un periodo di decollo e atterraggio, di andata e ritorno. Un aereo pieno di volti, alcuni dormivano già prima di spiccare il volo. Mi chiedo come abbiano potuto perdersi quel momento ogni volta per me emozionante e ancor più bello se vissuto con la mente rilassata. Abbandono.

Ti lasci schiacciare dalla forza, senti il petto a contatto con il cuore e ogni pensiero spicca il volo insieme a te. È uno strano momento di saluto, in cui in due minuti ti trovi a vedere mille luci che formano una città. La tua fino a qualche momento prima. Dove c’è nero c’è mare e riesci a unire i puntini sulla cartina geografica. La Terra. La luna o il sole.

Sei nelle mani di un pilota, sei sulle ali di un aereo e devi fidarti del cielo. Lui ti sosterrà e ti porterà dove stai chiedendo di andare. Una magia direi.

È stato un viaggio breve che dalle nostre parti può portarti in una vicina città Europea.
Parigi, Barcellona, Berlino.
Non so le durate e le distanze precise ma so che con un volo del genere potresti trovarti tra altre lingue, altre culture, tra la storia di un antico luogo e tra il cemento di muri scrostati dal tempo. Chiese ricche di atmosfera e spirito, viottoli stanchi di passi, piazze bagnate da fontane piene di monete e desideri.

Qui è sempre tutto nuovo e un volo di un’ora e mezza ti porta nella più vicina grande città.
In una delle…due.
Principali.

Puntando verso nord, Brisbane.

È così che mi ci sono portata. Una gita programmata all’ultimo e decisa così, su due piedi.
Quanto mi piacciono le idee improvvise, le partenze che non avresti pensato di cavalcare mai. Le pazzie.

Avevo abbandonato l’idea di Brisbane. Dopo migliaia di chilometri non riuscivo più a pensare di spostarmi da Sydney, mi sentivo bloccata e asciutta. Piena e satura.

E invece no.

È servito un sorriso di un amico. Uno stimolo che aspettavo da qualche tempo che mi desse una nuova spinta. Nuova come me.

Vorrei dirti anche che mi sento in movimento ma comunque ferma. Come ho pensato quando al gate è comparsa la scritta “Open”.
Stavo per partire ma mi sentivo salda e solida, tutta d’un pezzo. Questo volo non mi ha fatto l’effetto di altri, non ho sentito perdizione o quel filo di agitazione. Ero solo contenta.

Di Brisbane ho già visto l’alba e ho camminato sotto ad un cielo rosa delle sei di mattina. La prima impressione è stata bella e fresca, un benvenuto niente male.

Cercherò tra le vie un po’ di diversità, cercherò il particolare che la rende unica. Sono già in cammino e in scoperta, da oggi ricomincio.

Da oggi sono di nuovo aperta, di nuovo nuova.

Erica, anzi Atmosferica.

Il riscontro nell’incontro.

Finalmente riesco a ritagliare due ore piene di pensieri e parole, per scriverti e vuotare il sacco. Ultimamente arrivo sempre all’orlo. Dopo qualche giorno di silenzio, sento forte il bisogno di sfogarmi e gettare in parole tutto quello che frulla instancabile nella mia testa.
È una sensazione strana che solo chi ama scrivere può capire. Mi accorgo di avere questo bisogno quando, chiudendo gli occhi per un breve riposo dopo il lavoro, la mia anima inizia a parlare come se dovesse scrivere. Come se dovesse raccontare.

È proprio in quel momento che non la voglio zittire e inizio a scrivere come una diligente studentessa che non vuole perdersi una singola parola del professore. Scrivo tutto.

Sono giorni intensi come i miei pensieri e solo scrivendo quel che dice quella voce, posso fare ordine e tornare a vedere tutto con più chiarezza e calma. Si tratta di smistare ciò che è importante da ciò che occupa la mente solo perché non ha altro posto in cui stare. Una sorta di raccolta differenziata dei pensieri, una cura per l’anima, la soluzione ideale ad ogni stato di leggera confusione.

L’ultima settimana di lavoro sta fluendo veloce e malinconica. Sono molto dispiaciuta al pensiero di non rivedere più questa piccola famiglia che mi ha accolta e capita. D’altro canto però, sono adrenalinica e piena di motivazione all’idea di altre avventure e scoperte che mi aspettano.

Non voglio anticiparti molto perché sarà bello farti delle sorprese e portati in luoghi che non immagineresti. Ho voglia di farti viaggiare insieme a me, tu hai gli occhi bendati e solo al momento opportuno vedrai quanta bellezza sarà attorno a te. Solo lì potrai vedere.
Quando lo decido io.

Ci stai?

Sono emozionata. Ho una tremenda voglia di vivere ogni secondo delle mie giornate intensamente anche se, spesso, sento il mio fisico chiedere aiuto. Sono sempre troppo energica e anche nel contatto con le persone mi piace dare il massimo, amo entrare nella testa di chi ho davanti e regalare ciò che sento chiedere dalla connessione.

Mi è capitato soprattutto oggi di ricevere riscontri positivi, un cliente e un collega mi hanno colpita regalandomi due simpatiche ma molto vere affermazioni.

 Un signorotto serio e barbuto, avvocato e cliente abituale, mi ha fatto un sorriso per la prima volta. Ho come avuto la conferma che mi avesse capita, dopo tempo. È da più di due mesi che ordina sempre al tavolo 9, è uno di quei clienti che potrebbe dire…

“Il solito grazie!”

…ma non lo dice, giusto per rimanere tenebroso e poco prevedibile.

…ma tu comunque già lo sai…

Un flat white e pane tostato senza glutine con burro e vegemite.

Ogni volta mi ha ringraziato ma senza guardare mai i miei occhi. Bene, nonostante ciò, io l’ho sempre servito con il sorriso come a sfidarlo, come a dire…
…”Prima o poi mi sorriderai anche tu!”
Dopo ripetuti e gelidi “Thank you.”, oggi la svolta.
Mi ha guardata e mi ha detto:
“Thank you funny girl!”

🙂

Mi ha ringraziato dicendomi che sono una ragazza divertente. Sorrideva. Mi ha guardata dritta dritta negli occhi. Ho visto il suo sorriso farsi spazio tra i folti baffi ed è stato come vedere una lampadina in una stanza buia. Una candela accesa. Ho subìto attivamente il suo sguardo e mi ha comunicato altro oltre a quelle quattro parole.
Beh, una grande soddisfazione.
È proprio vero che a volte basta poco per essere felici. Mi ha fatto capire di aver accettato con piacere il mio regalo, i miei regali giornalieri.

Mi ha colpito anche la frase di Beppe, un ragazzo russo che lavora con noi da pochi giorni. Gli è bastato un niente per captare la mia essenza e decifrare il mio carattere.
Oggi mi ha fatto riflettere.

“You have a great personality. You are going to be a good woman, a good wife and a good mother.”

My God Beppe! Thank you!

Mi sono sentita apprezzata per quello che sono e per quello che vorrei essere. Per ciò che SOGNO di essere.
In pochi giorni ha visto in me la determinazione di una donna, la giusta personalità per essere una brava moglie e l’amorevolezza che potrei regalare da madre.
Non potevo ricevere complimento più bello e penso che lui l’abbia capito dal mio silenzio sfociato in un sorriso.

Sono tremendamente felice di questi piccoli riscontri che sto avendo. Sento di vivere intensamente questi ultimi giorni, non mi perdo nemmeno un secondo, uno sguardo, un sorriso, una parola che potrebbe cambiarmi la giornata.

Spero di essere riuscita a spiegarti la sensazione di pienezza che sta colmando la mia quotidianità in ogni piccola azione e attenzione. Tutta questa intensità si traduce in mancanza di tempo per te e a volte anche per me.
Ho le occhiaie.

Il freddo a Sydney è arrivato, la mattina un vento gelido e tagliente ti punta dritto dritto negli occhi. Nonostante ciò sento il cuore caldo e pronto, aperto e libero.
Te lo sto spiegando a parole mie, ma dovrei dirlo a parole sue.

Ssshhh. Silenzio.

Perché a noi il freddo non fa paura.

Erica, anzi Atmosferica.

La luna per un momento.

È tempo di scritture e aggiornamenti! Non è vero?
Mi rendo conto di essere stata parecchio sfuggente nell’ultimo periodo, ho scritto di mancanze e amori ma non della mia vita qui. Dentro e fuori.
Beh, se vuoi un breve aggiornamento, posso dirti che l’esistenza sta scorrendo sotto i miei piedi e sopra la mia testa alla velocità della luce. Forse è per questo che ho deciso di fermarmi per qualche giorno, almeno con la scrittura. Avevo e ho bisogno di qualcosa di fermo per un momento.

Il tempo passa in fretta, ho forte necessità di metabolizzare questo scorrere inarrestabile di minuti, secondi e giorni.

Mesi.

Sono immersa fino all’ultimo capello nella mia realtà che presto diventerà di qualcun’altro. Già, sto pensando a questo.
Un giorno molto vicino un’altra persona prenderà il mio letto e il mio lavoro, godrà della splendida vista del tramonto e del sole da questo balcone e conoscerà i miei coinquilini, i miei colleghi, i miei attuali amici. Sarà una persona o magari saranno due, tre. Magari quattro. Chi può dirlo.
La teoria del non attaccamento e il sempre più volante spirito che regnano il mio mondo, non portano a dispiacermi troppo per quel che lascerò ma mi caricano di energia per il nuovo che giorno dopo giorno scoprirò. Tutto sarà con me e se cambierò di nuovo vita, tutto rimarrà nella mia precedente strada che ha portato alla presente crescita. Alla rinascita.
È tutto con me, dentro di me. Sto osservando i miei cambiamenti anche più recenti. Erica, anzi, Atmosferica non è la stessa che è arrivata a Sydney quasi due mesi fa. Sydney non è la stessa che l’ha accolta inizialmente. È particolare sentire il cambiamento della città che sta al passo con quello della persona. È bello lasciarsi trasformare da una realtà di passaggio e da una vita momentanea ma comunque autentica. L’Australia quante facce ha cambiato, la gente quante cose mi ha detto, insegnato. Un’isola che sembra un altro mondo, in un momento ti trascina nell’abisso e poi subito dopo ti fa guardare in alto. Il cielo.

Mi sento in un momento.

Il momento.

Una frazione di tempo che mai ritornerà e sto respirando un fresco vento autunnale che, come già ti avevo detto, tanto autunnale non è. Mi sento in primavera, massima fioritura e colori accesi.

L’estate la sento, si avvicina.

La mia vita qui prosegue alla grande. Tra alti e bassi come è normale che sia, tra giornate di pioggia e giornate di sole, tra alcuni sconosciuti e altri sconosciuti che rimarranno tali, tra nuove prospettive e vecchie fotografie.
Tutto corre ma tutto rimane.
Come dire…

…è tutto in una fotografia di un momento. Una fotografia che parla del passato.

Stasera la luna mostra uno spicchio sottilissimo della sua tondeggiante forma, è bianca e molto luminosa. Qualche nuvola in corsa copre quel poco che si vede, per qualche secondo, per un momento. Mi sento un po’ così, tanto piena e tanto vasta, tanto grande ma tanto lontana, nascondo una notevole fetta e lascio per un momento uscire la mia luce dalla parte più stretta, difficile. Incomprensibile.
So bene che non sono facile ma forse è questo il bello no?
Lascio a te la libertà di immaginare quel che non si vede e quel che non si sente. Pensalo come vuoi ma deve essere bello. Ok?

Se vuoi puoi essere la nuvola che corre, puoi diventare il cielo nero che mi accoglie o andare ad esplorare la mia fetta più segreta. Per un momento riservata. Dai concedimelo per questa volta.
Prova a pensare al non detto, al lato buio e quello meno conosciuto.

Per un momento in sospeso.

Presto lo scoprirò, e capirai insieme a me quel che mi aspetta.

Sono o non sono la penna che scriverà il mio viaggio?

Molto presto numerosi colpi di scena e altri momenti di vita e di passaggio.

Erica, anzi Atmosferica in viaggio.

Non Mente ed è unica.

Ti piace?
È Bondi Beach.
La cosa strana e bizzarra è che questo scorcio mi ricorda la nostra Costiera Amalfitana.
La cosa che fa ancora più ridere è che io, sulla Costiera Amalfitana, non ci sono mai stata.
Ti rendi conto la mia testa dove va a finire?

Un po’ come quando ero in viaggio e mi si stendeva davanti la secca e infinita steppa australiana.
La mia mente vedeva la savana, leoni e giraffe, zebre e tigri.
La cosa bella è che non sono mai stata nemmeno nella savana. L’ho vista è vissuta in qualche cartone animato, una ventina di anni fa. Facciamo quindici dai.
Per il resto, è tutto nella mia immaginazione.

È tutto qui dentro.

A me piace.
Mi invento associazioni e somiglianze.
Anche quando conosco una nuova persona, nel giro di pochi minuti il mio cervello la abbina ad una che già conosco. Il modo di gesticolare, la forma del naso, la risata, la camminata, lo sguardo, il modo di commentare e la forma dei piedi.
Vai a capire…
Anche lì.

La mente di per se è un mondo incomprensibile, ma la mia deve esserlo all’ennesima potenza. Facciamo al cubo, dai.

Mente di Erica = (mondo incomprensibile)³

Un’equazione apparentemente semplice ma che nemmeno il più bravo dei matematici potrebbe risolvere. Sì perché la mia mente la conosco solo io, nessun altro. Ne tantomeno è possibile verificare quell’uguaglianza che oltre ad identificare la mia mente, delinea un mondo incomprensibile elevato al cubo. Impossibile.
Sono diventata gelosa di lei, la proteggo e la tutelo. La faccio crescere e l’accudisco, promettendole ogni giorno di lasciarla libera di esprimersi.
Lei mi ringrazia offrendomi molta creatività, servendomi su piatti d’argento testi e parole, associazioni strane come quelle di cui ti parlavo poco fa e tanti pensieri lunghi e profondi.
Abbiamo un buon rapporto. Non devo metterle vincoli ne paletti, non devo essere oppressiva e stressante, non devo dirle di pensare sempre alle stesse cose o a monotoni pensieri che le danno pesantezza.

Se mi comporto bene, ogni giorno mi regala emozioni. Mi fa ridere, mi fa piangere e mi carica di motivazione. Mi stimola, mi fa ragionare e quando mi voglio divertire, me lo fa fare con intelligenza. Mi rende simpatica, comprensiva, aperta al nuovo e predisposta al dialogo.

Se però non rispetto i patti, diventa cattiva.
Inizia ad allontanarsi da me, mi lascia sola e spesata. Disorientata, persa. Non mi guida e non mi sostiene, non mi da niente.
Poche sono le volte in cui mi sono sentita abbandonata ma le ricordo bene, chiaramente.
Si è ribellata perché non l’ho ascoltata, non l’ho capita, non l’ho protetta, non l’ho assecondata, non l’ho seguita ma soprattutto non le ho dato il tempo di cui necessitava.

Lei conosce il tempo. Lei è saggia e paziente.

Ora credo che abbiamo trovato un buon compromesso, un punto di equilibrio. La sento pacifica e serena, mi fa dormire bene la notte e mi fa ridere, tanto!
In questi giorni di temperature pazze e imprevedibili, una leggera sinusite mi sta facendo tribulare. Fortuna che c’è lei! Mi dice che devo riposare, mi devo curare ma senza preoccuparmi. Non è nulla di grave. Passerà.

Così dice!

Ascoltiamola!

🙂

Sono felice di averla come amica, lei è unica, potrebbe somigliare solo a se stessa e potrebbe ricordarmi nessun’altra se non lei. Fa parte di me e solo la pazzia me la potrebbe portare via. Una maledetta pazzia.

Io le sono infinitamente grata e poi è sincera, su di lei posso sempre contare. Tra le due, la bugiarda potrei essere solo io.

O no?

Perché la Mente, non Mente.

🙂

Dai… Fattela una risata.

Erica, anzi Atmosferica.