Sogno un tempo senza tempo.

Sai, da qualche giorno faccio sogni strani. Brutti. Incubi.
Mi sveglio con il cuore in gola o ancora peggio, continuo a sognare nel dormiveglia, cerco di aprire gli occhi, ma la forza della mia mente è più forte. Il mio inconscio mi trattiene lì, a guardare ancora un po’ uno dei film più terribili.

Ovviamente sto provando a capire quale sia il motivo di tutto ciò anche perché, come sai, mi piace andare a fondo nelle cose.
Voglio capire.
La cosa certa è che prima di partire, non sognavo.
Non così tanto.
Ricordo bene che quando le persone mi dicevano…
“Uh, non sai che sogno ho fatto stanotte!!”
…io ascoltavo incuriosita, domandandomi perché io non sognavo o comunque, non ricordavo i viaggi della notte.
La mia.

In Australia, ho iniziato anche io a ricordare i miei voli notturni, le mie spedizioni spaziali. Sono molto felice di questo, mi sento più viva e qualche volta ho anche io racconti assurdi o incredibili da condividere.
Beh, il fatto di ricordarmi anche gli incubi, fa parte del gioco.
Sarebbe troppo bello correre per prati infiniti, far volare aquiloni, baciare l’uomo perfetto e vedere pesci colorati. Sarebbe troppo bello attraversare solo tutto questo, senza punte di tristezza, cattiveria, paura, rabbia e abissi.
No?

Beh. Gli incubi di questi giorni sono proprio assurdi.
Voglio parlartene perché magari potrebbe aiutarmi.
Ieri, stavo per addormentarmi quando ho iniziato a sentire il letto inclinarsi, come se la parte superiore del mio palazzo, stesse per staccarsi e crollare a terra. Come sai, abito al 22esimo piano e quindi sembrava troppo reale. Era possibile.
Ricordo esattamente che ho pensato: “Ecco, sto per morire”. Dopo quella sensazione, ho sentito il vuoto nelle orecchie e nella pancia, proprio come mi è successo di sentire sulle giostre più alte.
Quando per un attimo pensi di non respirare più.
Una paura fottuta. L’impotenza più assoluta.
Ecco mi sono sentita cadere, nel nulla.
Lì ho proprio parlato, ho detto: “Ciao Mamma, ciao Papà, vi voglio bene.”

Oh santo cielo!!

Mi sono alzata di colpo con il magone, il mio letto era fermo e il palazzo in cui vivo intatto. Fuori c’erano le stelle e un’atmosfera di pace che illuminava la baia di Darling Harbour. Ero ansiosa e preoccupata.

Ora, la solita domanda è:

Ma perché? 

I papabili motivi sono tanti. Cuscino sbagliato, materasso scomodo, particolari pensieri, preoccupazioni, alimentazione scorretta, stimolo della pipì, paure…
Mi sto analizzando per risalire alla sorgente e come sai, non mi fermerò fino a quando non avrò trovato una spiegazione.
La mente è talmente complessa che a volte è impossibile interpretarla e inseguirla.
È davvero una stronza.
Scusa eh…
Ma quando ci vuole, ci vuole!

Ho anche sognato per ben due volte di rincontrare casualmente due persone molto importanti. Le ho ritrovate vecchie, con le rughe, la barba bianca e gli occhi stanchi. Ma vecchie vecchie.
Ero incredula, mi strofinavo gli occhi e piangevo. Urlavo al cielo chiedendo spiegazioni e sostenevo di non essere stata lontana tutti quegli anni.
Non era possibile! Che rabbia!

E anche qui…
Ma perché?

Questo forse riesco a spiegarlo.
Ho spesso la brutta sensazione di avere poco tempo, so di essere lontana da persone per me di vitale importanza. Ho come la paura di perdermi troppo della loro vita, ho paura di trovarle evolute e cambiate.
Perché sì…
…non sarò solo io ad aver subìto una trasformazione.
Il tempo è per tutti trasformante.
Oppure vedrò in maniera diversa persone poco cambiate, accadrà ciò perché sarò io ad avere occhi nuovi.
Senza dubbio.

In più, come se tutto ciò non bastasse, mi frulla continuamente in testa un pensiero a cui non posso fare altro che rivolgermi come se fossi la sua mamma.
Eh sì, l’ho creato io.
Devo farlo crescere, devo educarlo.
Sto cercando di accudirlo ed è difficilissimo.
Aiuto!
Questo pensiero mi dice che devo impegnarmi a vivere ogni giorno con grande gratitudine, devo emozionarmi e rendere la mia vita speciale. Devo aiutare gli altri e fare dei piccoli doni anche attraverso un mio sorriso, uno sguardo. Non devo aspettare, non devo farmi aspettare, devo lavorare diligentemente e guardare sempre il cielo, anche quando piove.
Mi dice tutto ciò perché la vita è breve, è corta.
Questo pensiero mi assilla.

Sono ancora giovane e pensare oggi che la vita finirà, mi rattrista.
Mi destabilizza. Vorrei appunto educare questa mia creazione e vorrei farle capire che se la vita fosse infinita, non sarebbe uno stimolo, una ricerca della verità. Non sarebbe passione, non sarebbe maestra e non assumerebbe un grande valore. Non ci sarebbe condivisione, l’amore vero e tutte quelle emozioni che esistono solo perché c’è poco tempo.

Sarebbe una banalità scontata, un tempo senza tempo, una strada senza fine.

Invece no.
Voglio che la vita sia un successo, voglio lasciare una traccia e voglio che qualcuno un giorno abbia la fortuna di viverne una grazie a me. Voglio fare del bene perché qualcuno possa farlo a sua volta e voglio conoscere con curiosità perché sarà la stessa conoscenza ad essere tramandata.

Non voglio più pensare di avere poco tempo perché,
solo nell’atto di pensarlo,
perdo tempo.

Erica, anzi Atmosferica.

Ti parlo del Ritorno…

Ciao Amorigno Mio,

Oggi di cosa parliamo?
Forse ti rispondo alle domande che riguardano il mio Ritorno. Mi hai chiesto cosa mi aspetto dall’Italia, cosa mi porterò a casa dall’Australia.
Bene.
Anche se è molto difficile, ora provo a rispondere a tutto e a soddisfare le tue curiosità.

Prima di tutto volevo dirti che oggi ho letto un articolo su Internazionale.it, un giornale molto importante. Valentina Pigmei, una giornalista, ha affrontato il tema del “ritorno” riflettendo su citazioni e spunti che ho trovato molto interessanti. Il titolo del suo articolo è:
“Il vero spirito del viaggio è il ritorno”
…un titolo che non lascia nemmeno un filo di mistero e che svela già il tema centrale del testo. Beh, come sai non mi piacciono molto i titoli così chiari e palesi, però mi sono sentita di leggere.

Se ti va potresti cliccare sul link sottolineato qui sopra e darci un’occhiata così da entrare nel vivo delle mie riflessioni però ti dico subito e volentieri ciò che condivido pienamente in ciò che ho letto.
Ad un certo punto la giornalista inserisce una citazione di Elena Sacco, la sua guru nonché viaggiatrice, la quale dopo essere stata a lungo lontana dall’Italia, decide di riprendere una vita da mamma e lavoratrice e sceglie di farlo a Milano.

“Il viaggio di ritorno, ora lo so, aveva una meta”, scrive Elena Sacco. “Capire che le avventure hanno mille orizzonti – non certo tutti tropicali – e che il meglio non è altrove, il meglio è uno stato d’animo. Un coraggio consapevole di ciò che posso vivere qui e ora con quello che ho, immaginando il futuro come qualcosa di plasmabile nelle mie mani. Non lo avrei sperimentato se non fossi partita, non lo avrei capito se non fossi tornata”.

Ecco Amore, in queste parole c’è tutto un mondo e anche quello che ti direi pensando al mio ritorno. È una scelta pensata e immaginata, creata e ragionata. Sono pronta a mettermi in gioco, con la consapevolezza di chi sono e di chi mi piacerebbe diventare. Un Ritorno che per me significa Viaggio. Un Ritorno che racchiude il senso di quel che sono andata a cercare partendo per un viaggio che come un girotondo mi riporterà al punto di partenza.

Ricordo che quando sono partita, mi sono tenuta aperta ad ogni possibilità, anche a quella di non tornare più. Tu lo sapevi e l’hai sentito anche quando ci siamo salutate da quel maledetto vetro prima dei controlli all’aereoporto di Malpensa.

Quella separazione trasparente la considero tutt’oggi illegale.

Beh, mi sono bastati pochi mesi per vedere nell’Italia la mia Terra e il mio Ritorno. Non potrei mai pensare di vivere così lontana.
Come potrei vivere senza di te, lontana dalle nostre sorelle, dalle mie amiche?
Ma siamo pazzi?
È vero che poi nella vita non si può mai sapere e potrà anche capitare che un giorno ti saluterò di nuovo, perché lascerò ancora una volta l’Italia, chi lo sa. Ti prometto e ti giuro, però, che non andrò lontana come sono ora. Non potrei mai.

So cosa si prova e non avrò più bisogno di sperimentare l’ebrezza di tutte queste ore di fuso, se non per un breve periodo.
Che sia chiaro. Mi basta così.

Tornando a noi, dal mio Ritorno mi aspetto molte difficoltà. No, non penso che sarà tutto bello, rose e fiori, abbracci e baci e incontri tanto attesi.
No.
Anche, ma non solo.
Dovrò rientrare in contatto con realtà, situazioni, persone, pensieri, ostacoli. Proprio a casa scoprirò il mio vero cambiamento, solo lì capirò cosa è scattato in me, cosa si è trasformato, cosa è maturato e cosa invece è rimasto uguale.
Qui non riesco a capirlo fino in fondo, io sono la compagna delle mie giornate, sono il giudice e la peccatrice, sono la maestra e l’allieva.
Sono tutto insieme, sono tutto io.
Dovrò crearmi una vita, un futuro, una stabilità e un progetto, potrò coltivare con amore i legami che da qui sento forti e mi impegnerò a trarre frutti da questa esperienza ogni giorno della mia rinascita.

Partirò da zero.
Di nuovo.

Dall’altro lato però, è ancora troppo presto per parlare del Ritorno. So che non vedi l’ora di rivedermi ma puoi ben capire che da oggi a quel giorno, ne passerà di acqua sotto ai ponti…

Quanta ne passerà Tesoro Mio…

Appunto per questo, non so ancora dirti cosa infilerò nella valigia di Ritorno, da questa Australia. Non lo so.
La valigia è una, il peso non deve superare i 30kg e qualche regalino te lo vorrei portare. Che ne dici?
Solo una volta arrivata a Casa, quando riaprirò il mio bagaglio, potrò distinguere cosa davvero avrò deciso di portare con me. Ci saranno cose che lascerò qui ma non perché non mi interessano o perché le reputo secondarie. Saranno talmente Mie che saranno parte di me e di ciò che sarò diventata. Saranno talmente grandi e potenti, pesanti e importanti, che non ci entreranno nemmeno se cercherò di trovare l’incastro più intelligente.

Rimarranno qui. Nella loro Terra.

Ho una voglia matta di riabbracciarti e di sentire il tuo profumo. Dal mio Ritorno mi aspetto anche di ritrovarti cresciuta e imparerò a conoscere le tue nuove espressioni, ti osserverò gesticolare e e ti ascolterò attentamente quando mi racconterai i tuoi scoop. Ho tanta voglia di colmare questo vuoto che ci divide e di sentirmi vicina a Te, a Voi. Voglio sentirti parlare, cantare, voglio andare a mangiare una bella pizza insieme e prestarti i miei vestiti.

Te li presto tutti!!!!

Sarà emozionante.

Spero di aver risposto alle tue domande in modo soddisfacente anche oggi. Mi sono impegnata e ti ringrazio perché mi dai sempre un sacco di spunti.

Tu che sei ai miei occhi sempre piccola, ma che stai diventando troppo grande.

Erica, la tua Sorellona.


Un pensiero per te:
In foto vedi la Stazione Centrale di Sydney.

I treni partono e poi tornano.
Passano non solo una volta, e ti portano in tanti posti.
Tu puoi decidere dove andare, quando andare e perché.

Su quel treno non incontrerai i viaggiatori che stavano su un altro treno, ma sarà comunque emozionante.
Incontrerai le persone che il Destino voleva incontrassi e la cosa bella è che il loro Destino voleva che incontrassero Te.

Troppi nomi?

Ciao!
Come prosegue questo martedì pomeriggio?
Io l’ho dedicato al relax, totale pace.

Continuo a parlare con te Eliana Amore Mio e oggi mi viene da risponderti alle domande riguardanti il lavoro. Tutto prosegue alla grande e ormai sto lavorando da quasi tre settimane.
Vola il tempo eh?
Ogni giorno mi ritrovo dietro al bancone di un bar, tra le mani pane bianco, ai cinque semi, pane turco e senza glutine, avocado, sandwich di ogni genere e poi ancora, burro, burro d’arachidi, marmellata e confettura.

Qui fanno una colazione davvero tosta sai?
Si dice che il pasto più importante sia il primo della giornata e devo dire che per gli australiani è vero più che mai.
Un caffè take-away è sempre accompagnato da un toast con burro e marmellata, burro e vegemite (una sostanza spalmabili nera e pastosa ricca di vitamine e fibre), burro e burro d’arachidi.
Burro, burro, burro e aiuto quanto burro.
C’è invece chi inizia la giornata con un caffè e un panino farcito di uova, bacon e ketchup, prosciutto, pomodoro e formaggio, altri che prendono posto e ordinano un piatto completo di verdure, pane tostato, uovo, funghi, bacon, avocado…

Sono piatti molto invitanti e presentati in modo raffinato ed elegante ma non ho ancora avuto la fame adatta per provarli.
Prima di andare via da qui, ti prometto che premediterò un mezzo digiuno il giorno prima e mi sfamerò la mattina seguente con uno di questi piattazzi pazzeschi tanto belli quanto calorici che qui vanno di moda ovunque.
Saranno anche buoni?
Ti saprò dire!
Sicuramente sono molto colorati.

Dicevo che va tutto liscio, mi sto integrando sempre più in un team già formato e unito mantenendo, però, un professionale rapporto di solo lavoro. Il manager francese, mi fa sorridere spesso con qualche battuta in italiano.
Ad una mia domanda è capace di rispondere:
“Lasciatemi cantare con la chitarra in mano…”
Totalmente disconnessa dal discorso ma estremamente esilarante. L’accento francese in tutto ciò, è la ciliegina sulla torta.
La risata scatta spontanea e il clima lavorativo risente di questa leggerezza.
La ragazza colombiana che sta in cassa, mi ha preso in simpatia. Interviene spesso anche lei con esclamazioni del tipo:
“Erica…què pasa!?”
…Oppure le piace “spagnolizzare” il mio nome chiamandomi…
“Erica Fernanda Maria”

Ma si può?
🙂
…e anche lì, il suo accento latino è ineguagliabile e quelle battute personalizzate, mi fanno molto piacere.
Arriviamo a Travers, australiano d’hoc originario di Melbourne. Mannaggia parla un inglese assurdo. Ora però, lo capisco di più, i suoni che escono dalla sua bocca sono sempre più famigliari e comprensibili. Se mi capita di sbagliare qualcosa, eccolo pronto con il suo “It’s all right!”…che mitiga ogni grado di tensione.
Un altro modo che ha per farti capire di prenderla alla leggera è:
“Don’t worry, you’re right”, tradotto letteralmente…“Non preoccuparti, sei giusto!”.
🙂
Quando invece rimane stupito piacevolmente, scatta l’esclamazione…
“Wow! You’re a superstar!”

Ahahahaha!

Arriviamo a Damien che si affianca a Travers alla macchina dei caffè. È bello guardarli lavorare, sembrano due acrobati e fanno molta scena. Sono una coppia funzionante. Sicuramente.
Damien è irlandese, occhio azzurro e capello rossiccio/biondiccio/coloreindefinito.
Anche lui mi fa sentire a casa e quando mi lancia una battutina simpatica, mi dice:
“No, you can’t laugh!”, tradotto…“No, tu non puoi ridere!”.

Ahahahaha!

🙂

Arriviamo alla mitica Sarah. Anche con lei mi trovo molto bene, nei piccoli momenti di break scambiamo due parole e ci intendiamo anche con gli sguardi. Dopo mezzogiorno mi affianco a lei nella parte esterna dove una ventina di tavolini tondi in legno accolgono lavoratori in giacca e cravatta nella loro pausa o in occasione di veri e propri appuntamenti di lavoro.
Compostezza e serietà, attenzione e ordine, educazione e disponibilità, sguardo sempre pronto e sorriso accogliente.
Il manager questa settimana ha aggiunto qualche ora in più nel mio orario, venerdì Sarah andrà via prima di me e dovrò gestire da sola i tavoli.

Qua si fanno progressi.

Ti confesso una cosa. Sono un po’ stufa di fare la cameriera.
🙁
Come sai, già in Italia ho lavorato nella ristorazione durante il liceo e il periodo universitario. Sto cercando di vivere questa ennesima esperienza nel settore come fosse una scuola, capto ogni parola e ogni modo di dire. Conosco nuove persone e una nuova cultura, se di cultura possiamo parlare.
La colazione australiana è ormai per me una normalità e non mi stupisce più vedere quel che mangiano, burro ovunque e tazze di caffè che sono il triplo di un nostro cappuccino.
Però sì, mi sento una donnina ormai.
Vorrei realizzare i miei sogni.

Sai che hanno un sacco di tipi di caffè?
Il nome varia a seconda che ci sia cacao o meno, oppure che sia in tazza o in vetro.
Un sacco di nomi.
Ne vuoi sapere qualcuno?

Allora:
Flat White: è il corrispondente del nostro cappuccino, la tazza è un po’ più piccola ma è identico. Se il cliente dovesse volere la misura più grande, deve ordinarlo “Large”.
Cappuccino: è il corrispondente del nostro cappuccino ma CON CACAO.
Sì esatto, loro hanno due nomi per per lo stesso prodotto con o senza cacao.

Noi la facciamo breve:
“Un cappuccino grazie!”

“Con cacao o senza cacao?”

Fine del cinema!

Latte: è il cappuccino senza cacao ma nel bicchiere di vetro.
Mocha: è il cappuccino CON CACAO in vetro.

Per noi il cappuccino è uno ed inequivocabile. Sì, ci sono sempre delle varianti, ma noi abbiamo una tradizione culturale notevole racchiusa nel nome “CAPPUCCINO”.

🙂

Insomma. Non sto ad elencarti tutti i tipi di caffè perché avrai capito che ci sono troppe varianti.
Solo ora li ho imparati bene!
Una faticaccia!

Poi non dimentichiamo che ognuno può essere “Regular”, “Skim” o “Soy”.
Nel secondo caso, il cliente vuole il latte parzialmente scremato e nel terzo il latte di soia.

Ti sta scoppiando la testa?

Forse ti conviene rileggere e fare uno schemino, una tabella a doppia entrata. Non so, evidenzia le parole importanti!
Ultimamente ragiono in modo molto schematico. Lo so. Scusa.

🙂

Non ti ho parlato del “Take-away” e del “Dine-in”, ma credo che con il tuo inglese supersonico tu possa a immaginare di che si tratta.

Ci risentiamo domani con nuove risposte alle tue domande?
Intanto ti saluto con questo bel tramonto dal balcone di casa.

Stasera cielo rosa.
Non poteva che essere per te e tu sai bene perché.

Sei sempre con me.

Erica, la tua sorellona.

Un mare di pioggia.

Mi ero un attimo persa nel mio mondo ma è bastato un messaggino alla mia cara Sorellina Eliana, per ritrovare la connessione. Le ho chiesto di farmi qualche domanda e se avesse qualche curiosità particolare sulla mia vita qui, sulle mie sensazioni, sui miei pensieri e progetti. Essendo entrata in una quotidianità scandita da ritmi lavorativi e classiche dinamiche, considero ciò che vivo normale e potrebbero quindi sfuggirmi dettagli che potrebbero essere oggetto curiosità.

Devo dire che le sono bastati pochi secondi per partire con una carrellata di domande. Sono rimasta piacevolmente stupita dalla sua prontezza e dal tipo di questioni che mi ha rivolto.

Mi ha detto che potrei parlare del lavoro e dire come procede, cosa vedo, le mie impressioni. Mi ha chiesto cosa mangio e se fa freddo. Mi ha fatto domande sulle mie uscite notturne, chiedendomi se qui si fa qualcosa di diverso, se mi diverto e se incontro situazioni che non avevo mai conosciuto prima. Ha spostato poi l’attenzione sullo yoga, mi ha domandato se ho conosciuto personaggi strani che lo praticano con me. Proseguendo sulla linea della stranezza, è curiosa di sapere se al lavoro vedo gente particolare. Ha nominato poi il mitico Vando. È anche nel suo cuore. Mi ha chiesto cosa mi è rimasto di lui e del viaggio. Parlando poi di tutte le foto che ho fatto, vorrebbe sapere se quando le riguardo provo emozioni particolari, se mi trasmettono sensazioni che potrei condividere. La signorina mi ha proiettato poi nel futuro, vuole sapere cosa mi aspetto dall’Italia quando torno, cosa mi manca di più del mio Paese e cosa mi porterò a casa da questa Terra.

La domanda ultima ma non meno importante, è scivolata sul mio cambiamento. Mi ha chiesto se mi sento diversa, più matura, più pazza, più libera o più adulta.


Eliana Amore Mio. Sei un uragano!

Ti prometto che da oggi, risponderò a tutto. Lo farò proprio come se parlassi con te.
Ti va?

Scelgo un argomento random.

Fotografie.

Mamma mia.

Anzi, Sorella Mia.

🙂

Quando guardo le foto che ho scattato dal 13 Novembre ad oggi, la mia testa parte per un viaggio senza fine. Colori si mescolano a bellissime emozioni contrastanti proprio come loro. Vedo paesaggi in cui laghi rosa si accostano a terra rossa, marrone. Distese verdi, gialle, rigogliose o bruciate. Vedo tramonti ogni volta diversi e credo che prima di partire, non avrei mai potuto immaginare che sarebbero stati i compagni più preziosi di questa magica avventura. L’Australia è molto colorata e se hai la fortuna di guardare il cielo in quell’esatta frazione di secondo, potresti esplodere insieme a lui e alle sue stelle sempre troppo grandi. Assurde. Il cielo è alto, grande, immenso. L’oceano è scuro, violento e di una calma piatta. Avrai potuto notare anche tu che alcune fotografie sembrano finte, allucinanti! Potrebbe non sembrare vero.

Invece lo è.

Guardando le foto che ho scattato, a volte faccio fatica a pensare che è stato il leggero ma pronto movimento del mio dito a fermare il tempo. Sembrano quadri, dipinti. Come quelle immagini dei giornali, nelle pubblicità di viaggi o agenzie di turismo. Posti paradisiaci che ti sembrano irraggiungibili o magari pensi che potrai raggiungerli solo in un futuro lontano, quando avrai tanti soldi. Tanti tanti soldi.
Beh, ho capito che i soldi non sempre sono necessari.
Anzi, non permettono di comprare le gioie più belle.
Quando sfoglio il mio album, ricordo tanti momenti di riflessione, la mia voglia di immagazzinare e raccogliere i colori del mare. Sono sempre tantissimi, anche in una giornata di pioggia.

Giusto oggi, ho scattato la foto che vedi in copertina. Una giornata uggiosa e spenta, piovosa e triste. Mi sentivo così felice di essere di fronte al mare anche con quel tempaccio, che non ho potuto fare a meno di infilarmi quel pezzo di azzurro nel taschino.
Non è bellissimo?
Pensami lì, davanti a quella spiaggia, prima della mia lezione di yoga.
Ero felice di vedere quelle persone che pucciavano i piedi alla riva perché al mare bisogna andarci anche quando piove.
Perché sì, il mare va vissuto anche quando il cielo piange, i colori sono differenti, le sensazioni del tutto nuove…

…perché solo se piove puoi vedere il mare quando piove.

Una fortuna, non credi?

Domani continuo con le risposte Amore Mio.

Intanto grazie della tua vicinanza.
Ti sento qui con me, in riva a questo mare di pioggia.

Erica, anzi Atmosferica.

Presentazioni generali.

Allora la situazione è la seguente:

Ore 21, Giuseppe e Fabio guardano quella genialata pazzesca di “American Pie” mentre Victor taglia cipolle e pomodori come se non ci fosse un domani. I miei occhi lacrimano da far paura, mi sono appena alzata a spalancare la porta-finestra del balcone per far circolare ARIA. Non si respira più ma a quanto pare, Keyla non è disturbata da tutto ciò e continua a dormire sonni sereni. Victor dice che questi due chili di cipolle e pomodori servono come condimento per pasta, carne, riso…
(parole sue)
…e come ben sai, la domanda sorge spontanea:

Ma Perché?

🙂

Questo melting pot di culture mi diverte ogni giorno di più. Nelle più banali circostanze, noto modi di fare e reagire totalmente diversi tra loro. Quella di mettere Italiani, Francesi, Brasiliani e Colombiani in una casa, potrebbe anche essere l’idea per un esperimento etnico, culturale.
Divertente!

Nella vita casalinga sono molto solitaria perché mi piace avere i miei spazi e i miei tempi. Mi piace decidere quando cenare, quando riposare, quando fare una doccia e quando uscire. In questo sono diventata ancor più sfuggente di quanto già lo ero rima della mia partenza. Ultimamente però, sto cercando di partecipare di più alla vita di casa e all’esperimento “America Latina vs Europa”.
🙂
Sì, si potrebbero identificare due macro classi all’interno della competizione ma di rado accade che Europei e Americani si trovino totalmente d’accordo tra loro. Il modo di cucinare, di parlare, di ascoltare musica o di affrontare un qualsiasi discorso. Il modo di vestire, di rapportarsi, l’ottimismo, la solarità, la simpatia, la leggerezza.
Insomma, sai bene che sono una grande osservatrice e potrei farti una tabella a doppia entrata di quattro colonne e innumerevoli righe, in cui ti potrei mettere per iscritto le caratteristiche di ogni micro-classe, con tanto di esempi pratici.

AHAHAHA

Scusa, non volevo essere così tecnica. Devi perdonarmi se ogni tanto esce la mia indole schematica ed analista che va a dominare in maniera drastica la parte creativa e più flessibile.

Scusa ancora.

🙂

Potrei dirti che i Colombiani sono sempre molto energici. Nella squadra “Colombia” compaiono Keyla e Daiana, quest’ultima è la piccolina di casa ma ha la potenza di un uragano e un sorriso bianco bianco.
Entra in attacco il Brasile con tre facce simpatiche. Fabio, Victor e Carlos sono dei ballerini d’hoc, hanno il ritmo nel sangue e in ogni momento una canzone da cantare. Entrambe le squadre rientrano nella categoria “Student Visa” e hanno quindi l’obbligo di seguire un corso di inglese per tutto l’arco della loro permanenza in Australia, che si tratti di pochi mesi o di anni. Molti di loro stanno anche lavorando, riempiendo così ogni minuto della loro giornata.
Gente impegnata!!
La Francia è in minoranza. Pauline è una ragazza di Parigi, laureata in biotecnologie e in Australia da quasi un anno. Simpatica! Mi trovo bene con lei anche se, l’inglese francese proprio non mi va giù.
🙂
La bandiera tricolore regala gioie continue alla casa. Risate contagiose e sketch imperdibili. Mi si affianca Giuseppe che va ad aggiungere colore con il suo accento meridionale.

Capisci quanta allegria?

Spagnolo, Portoghese, Italiano e Francese si uniscono in un mix di pura vida.

Eccoti presentata la mia Family Australiana.

Erica, anzi Atmosferica.

La mia verde dimensione.

Parco di Pyrmount. Parchetto.
Si svolge così il mio sabato pomeriggio di relax con gli amici. Ho seguito l’invito dei miei coinquilini e sono venuta a godermi il verde di questo grande prato incastrato tra il il porticciolo di Darling Harbour e la strada. Un quadrato di terra circoscritto in pochi metri e vicinissimo a casa.

Osservo Fabio, Victor e Giuseppe che si scambiano palleggi, una ragazza si esercita in acrobazie da barman qui dove il suolo è morbido e non c’è pericolo per bicchieri e bottiglie rotanti. Un ragazzo sulla panchina legge un libro, due amici asiatici mangiano sushi e bevono una Coca-Cola. Lui e lei fanno esercizi sincronizzati tutti vestiti di colori fluo.
Quanto mi piace osservare.
🙂
Mi rilassa.

Comunque…
Come stai?
Io molto bene!
Ieri non sono riuscita a scrivere perché mi sono lasciata trasportare dagli eventi. Finito lavoro alle due del pomeriggio, sono andata per negozi alla ricerca di un paio di fuseaux sportivi e super colorati. Avevo voglia di attrezzarmi adeguatamente per la mia nuova attività fisica. Un po’ come i ciclisti che devono indossare le loro tutine aderenti, i nuotatori un costume comodo, cuffia e occhialini olimpionici, i motociclisti senza la loro tutina in pelle non viaggiano e i calciatori non giocano senza scarpette e parastinchi. Il tennista deve avere la sua racchetta, il corridore le sue scarpe e la ballerina classica le sue punte.
Embè?
Io devo avere un paio di fuseaux super colorati, elasticizzati e adatti al mio nuovo yoga.

Così, dopo un bel giro per negozi e dopo aver valutato le varie offerte (troppe), ho optato per i migliori. Colorati di blu, azzurro, bianco e verde. Costosi ma troppo belli. E visto che le cose o si fanno bene, o non si fanno, ho abbinato un top traspirante. Una vera figata.
Appena li indosso mi viene voglia di mettermi nella posizione del guerriero.
La conosci?
🙂
Non la conoscevo nemmeno io fino a una settimana fa. Basta che digiti “posizione guerriero yoga” in un qualsiasi motore di ricerca e capisci.
Se mi conosci, oltre a capire ti fai sicuro una bella risata.

image

Vabbè. Comprata l’attrezzatura adeguata, ero pronta. Alle 18 iniziava la lezione.

È stato di nuovo diverso. Terza lezione, terza maestra. Il fatto di provare diversi metodi e tipi di yoga mi piace. La linea guida di base è la stessa, poi cambiano i metodi di insegnamento e di approccio. Cambia la voce, la musica di accompagnamento e di conseguenza l’atmosfera.
Al termine della lezione la sensazione di leggerezza e apertura è pazzesca. Sento la testa sgombra da ogni pensiero pesante e i polmoni aperti, le gambe affaticate ma un benessere fisico e mentale che mi fa volare.

Tornata a casa, i coinquilini stavano preparandosi per uscire. Ovviamente dovevo unirmi al gruppo senza scuse quindi il tempo di mangiare qualcosa per cena e via. Ero molto aperta e dopo la prima mezz’ora di pura stanchezza, ho sentito l’energia tornare in circolo, la batteria di nuovo verde.

Il verde è il mio colore ultimamente.

Quarto chakra, ricordi? Quello del cuore.

Ad ogni modo, è stata una serata davvero piacevole. Ho conosciuto nuove persone e ascoltato storie. Ho ballato e mi sentivo incredibilmente bene! Riscontri positivi e buona energia, testa leggera e apertura.

Avrò trovato la mia dimensione?

I prossimi giorni saranno decisivi per scoprirlo!

Erica, anzi Atmosferica.

Tre emozioni.

Parola d’ordine di oggi è:
Emozionati.

Parola d’ordine nel senso che è un ordine.
Un imperativo.
Quando a scuola studiavo questo tempo verbale, la maestra diceva che generalmente è seguito da un punto esclamativo.

E allora…

Emozionati!

Piangi per te stesso, ridi di te stesso, sorprenditi e vivi la tristezza. Abbandonati ed emoziona te stesso. Sto sforzandomi di lavorare principalmente su questo, dopo aver superato giorni di piattezza emotiva ed emozionale. Quando ci ero dentro, non me ne rendevo conto come ora. Sto andando alla ricerca di forti emozioni che mi facciano liberare grandi respiri e perché no, piangere un po’.

…ti starai chiedendo…

“E come fai??”

Guardare un bel film è già un’idea. Fatti consigliare un titolo da un amico o da una sorella! Potrebbe anche essere un modo per creare contatto e connessione. Più di una volta mi è capitato di chiedere un titolo di una canzone, di un film. Quale modo migliore per emozionarsi pensando a una persona speciale?
Ho appena finito di vedere “Aloha”, conosci?
Beh, un paio di lacrimuccie sono scese. Mi sono lasciata travolgere dalla storia, dall’amore e dalle incomprensioni, dal linguaggio dei segni, dalle parole degli occhi e dall’adrenalina spaziale. Se hai voglia di emozionarti e spendere due ore piacevoli senza impegnarti in un film più complesso, te lo consiglio!

Per emozionarmi vado al mare.
Mi ci porto con un bus rosso, nella borsa un telo mare, una bottiglia d’acqua, gli occhiali da sole e un po’ di musica rilassante. Mi sdraio sul prato, mai completamente, e guardo l’orizzonte. Il chakra del cuore si apre, é quello delle relazioni e dell’apertura. Sai, a me si concentra tutto lì. Nella bocca dello stomaco. Quando sono arrabbiata, nervosa, chiusa, impaurita o tesa, sento un grande nodo lì, che blocca anche il respiro. Quando sono emozionata, felice, in sintonia con la natura, in pace con me stessa e in equilibrio con ciò che mi circonda, sento in quel punto un leggero turbinio di energia buona.

Verde.

Spazi ventosi e ariosi mi aiutano a liberare e sciogliere, mi aiuta cantare e ridere.

Il trucco sta nell’ascoltarsi. Metti una mano nel punto del quarto chakra e prova a sentire il tuo respiro, il tuo battito cardiaco. Chiudi gli occhi.
Quello è il punto dell’equilibrio. Il centrale di sette.

Un terzo modo per emozionarmi, l’ho trovato nello yoga. Non ti so dire se è la novità o se davvero mi emozionerà sempre ma le sensazioni che provo sono quasi indescrivibili.
Dico “quasi” perché vorrei provare a trasformare in parole.
Ieri ho provato una nuova tipologia, la maestra era un’altra e la sala piena. L’atmosfera era calma e soffusa, delle candele sulla lunga vetrata liberavano profumi e già ancor prima di iniziare, mi sentivo nel posto giusto. Un esercizio di stretching prima di quelli più faticosi, mi ha fatto entrare nella mia dimensione. Sono stupita perché nonostante si è in gruppo, ognuno vive la propria esperienza, strettamente personale. Lei ha intonato dei mantra che di tutta risposta il gruppo, cioè noi, doveva ripetere. Un canto in sanscrito che richiamava il contatto con l’universo. Lei aveva una voce profonda ed angelica, liberava un’energia unica.

Momenti di pura emozione.

Momenti in cui stai lì, sdraiata sul tappetino blu con un cuscino sotto la testa.
Momenti in cui ti chiedi…
“Ma davvero sto facendo tutto questo? Ma davvero mi sta facendo così bene? Ma davvero sono riuscita a raggiungere una tale sensazione di benessere?”

Tra sudore e respiri a bocca aperta, lo yoga risulta faticoso ma estremamente liberatorio. Ogni muscolo trova il suo momento e quel punto lì, alla bocca dello stomaco, si scioglie completamente. Si apre. Si libera.

Beh, queste sono le mie emozioni. Spero che anche tu abbia i tuoi segreti per liberarti dalla tensione di una “giornata no”, per sentirti in equilibrio anche dopo una litigata o per piangere quando è da troppo tempo che non versi una lacrima.

Se non ci avevi mai pensato, trova i tuoi angoli di pace in cui liberare le tue emozioni. Prenditi il tempo di vivere fino all’ultimo respiro ogni tua emozione.

Che sia gioia
che sia dolore
sempre di emozione si tratta.

Erica, anzi Atmosferica.

Cinque mesi.

Ehi!

Ehi!

Ehi!

Aspetta un momento…

Stavo per tralasciare una data importante o sbaglio?

Ma non mi dici niente?

Non mi avvisi?

La data ufficiale della partenza dall’Italia è il 12 di Novembre 2015 ma poiché sono approdata in terra australiana il giorno seguente, mi prendo la libertà di festeggiare anche il giorno 13.

Perché no.

13 Aprile 2016

Mamma mia.

Cinque mesi.

 Questi cinque mesi che finiscono, aprono la strada al sesto con troppe novità. Troppi cambiamenti ed equilibri persi e poi ritrovati. Salti nel vuoto intervallati da piccoli passi, giornate di pioggia e scoperte importanti.

Un mese fa ero a Melbourne.
Ricordi?
Sembra ieri.
Sembra troppo tempo fa.

Dammi cinque minuti per ripercorrere questi trenta giorni.
Mi sembrano trecento.
Mi sembrano un secondo.
Sto cecando di fare un passo indietro insieme a te.
Aiutami ti prego.
Dammi tempo.

Realizzare che oggi inizia il capitolo di lettura numero sei, mi fa un po’ effetto. Mi sento catapultata qui, a parlare del tempo che ha fatto una corsa.
Mi ha fregato.

Ma quanto corre?
Che fiatone.

Mi sento talmente impacciata da non trovare le parole. È come se avessi incontrato per caso una persona che non vedevo da tempo. Camminavo per la strada spensierata, quando all’improvviso ho sentito urlare il mio nome.

“ERICA??”

Mi sono voltata e…

Oh merda!

“Ma sei proprio tu?”

Che imbarazzo!

“Ma cosa ci fai qui?”

Forse mi sento arrossire perché è stato un mese trasformante. Ancora più degli altri già affrontati in riflessioni passate e puntuali. Sono imbarazzata perché non ho fatto in tempo a specchiarmi, a riconoscermi e l’amico incontrato per caso, mi vede così, spettinata e struccata, vestita a casaccio e per niente presentabile.

La fine del viaggio on the road con l’arrivo a Sydney, la vendita di Vando, la ricerca di una casa, un lavoro, persone nuove in una sconosciuta città, il senso di soffocamento, una realtà piena di tutto quando fino a quel momento il tutto era il deserto, il vuoto, il niente, il muto e il cielo.

Un mese ricco di trasformazione personale, ansia da città seguita dalla calma dell’anima, la mia. Mille incertezze ma la certezza di esserci, per me stessa. Troppi rumori e confusione. Una nuova sfida che giusto ora sto capendo di aver vinto. Sì perché anche qui ho vinto.

Ho vinto la Perdizione iniziale.

Sto costruendo piano piano una mia quotidianità, una routine scandita dagli orari lavorativi. Organizzo le mie giornate e passo del tempo in compagnia di amici, mi sono aperta a nuove scoperte come quella dello yoga o di gite fuori porta. Sto riprendendo l’energia che inizialmente mi mancava e le sto dando tutto il tempo di cui necessita per tornare in forma.

La città di Sydney mi ha sconvolta ma in senso positivo. Ho toccato il fondo una decina di giorni fa quando pensavo di aver perso ogni carica motivazionale. Non te ne ho parlato prima perché me ne sto rendendo conto ora. Se butto un occhio indietro, mi vedo spenta e priva di stimoli.

Ho cercato di non perdermi. Mi sono aggrappata ad un paio di persone senza che lo sapessero, ho aspirato un po’ della loro buona energia per ricaricare le batterie. Sono stata brava a non perdere tutta la carica rischiando di spegnermi, ho catturato sorrisi e colori caldi, ascoltato canzoni e mangiato dolci.

Dovevo solo portare pazienza. Dovevo darmi il tempo di abituarmi e amalgamarmi senza avere fretta di sentirmi adeguata e all’altezza di una città di dimensioni galattiche.

Cinque mesi.

Sydney.

Mi ritrovo qui come dopo un torpore, una fitta nebbia.
Ok, ora vedo bene.
C’è luce.

Il sesto mese sta per cominciare.

Erica, anzi Atmosferica.

La Mancanza.

Oggi mi viene da parlarti della Mancanza.
Non voglio farlo con aria triste o stile malinconico, anche perché sono emozioni che ora come ora non mi appartengono. Voglio parlartene con libertà, spiegarti cosa sento e cosa è diventata per me la Mancanza. Te ne voglio parlare ora dopo un periodo di riflessione, ho capito molto a riguardo e sono arrivata a conoscerla talmente bene che mi sembra quasi di poterla toccare con mano.
Ne percepisco la consistenza, l’odore e il sapore.
La Mancanza.

Quante volte, nella vita di tutti i giorni, si dice “Mi manchi”, quante volte si sente, o si pensa di sentire, la Mancanza di qualcuno dopo qualche giorno di separazione…qualche ora…

Quante volte…

In quel caso penso non si tratti di Mancanza vera.
Penso che sia l’insofferenza dell’attesa e l’impazienza che ci tiene sospesi fino all’incontro successivo. Quella persona, che sia la dolce metà o un genitore, che sia l’amica o una sorella, è per noi essenziale e fondamentale per completare quello che è il puzzle della nostra quotidianità. L’esprimere Mancanza, in quel caso, è un modo per dimostrare affetto, per far sapere che senza di lui/lei, il nostro puzzle sarebbe incompleto e quel pezzo mancante sarebbe insostituibile.

Voglio parlarti di una Mancanza diversa. Voglio dirti che quando hai a che fare con un puzzle nuovo, perennemente incompleto e terribilmente difficile, ogni giorno cerchi negli occhi delle persone i pezzi Mancanti, cerchi luoghi per prendere spunti di colore, sapori e profumi per completare, ma a fine giornata, il tuo puzzle è comunque ancora tutto da inventare.

Questo posto mi porta a sentire la Mancanza come fosse un sentimento mai provato, del tutto nuovo. Dopo questi mesi trasformanti,  tutto è cambiato.
Quando avevo a portata di mano tutte le persone per me importanti, non ci facevo caso e sottovalutavo molto di quel che ora sento vuoto, sordo e muto. Il mio puzzle era bello ed ero orgogliosa del disegno che ogni giorno ne veniva fuori. Una bella sorpresa. Un bel gioco.

La Mancanza, quella vera, si sperimenta solo con La Lontananza, quella vera.

Migliaia di chilometri ti tengono distanti dal profumo della mamma, ore di fuso creano squilibrio e senti delle voragini nello stomaco che non si possono saziare nemmeno con cucchiaiate di Nutella. Arrivi a renderti conto che di lei ti manca il suo sorriso, di lei ti manca la sua voce. Di lei ti manca il modo in cui muove le mani e di lei il modo che ha di guardare nel vuoto. Speciale. Strano. Singolare. Di lei ti manca la sua mano e con lei, se potessi, faresti una passeggiata sul lungomare, ora.
La Mancanza ti fa guardare intensamente delle fotografie silenziose fino al punto di volerne percepire profumi e suoni, ti fa stare a guardare un tramonto e ti fa pensare che forse sarebbe bello condividerlo, ti fa ascoltare una canzone e ti fa chiudere gli occhi facendoti immaginare la voce della tua sorellina, che l’aveva intonata chissà quante volte.
Quella canzone.
L’aveva cantata a te.

Vivo bene la Mancanza perché so che avrà fine. Non la vivo con sofferenza perché gliene sarò grata per tutta la vita. La sto ringraziando. Seriamente. Quando respirerò quel profumo e tra le mani avrò quelle mani, sarò la persona più felice del mondo. Ringrazierò la vita, il mio coraggio e questo viaggio per avermi insegnato il valore della semplicità e nessuno mai, potrà farmi scordare tutto questo turbinio di emozioni che mi ha travolta fino a non farmi respirare.
Come ora.
Mentre ti scrivo queste parole.

Ho detto che non voglio più dire “Mi manchi”.
Non sopporto più la monotonia di questa frase che non mi permette di esprimere il crescere della Mancanza, l’immensità dell’impotenza che sento nel dire due parole che rimangono lì, scritte su un telefono.
Rimangono ferme, astratte, senza sapore, senza odore.
Che schifo.

Che saranno mai in confronto a quel che provo davvero?
Come posso mandare un messaggio concreto che faccia arrivare tutto il mio amore vero?

Ho capito una cosa semplice.

Basta il pensiero.
Quello arriva sempre quando è sincero.

Tu lo sai che parlo di te.
Io sono riconoscente alla vita perché ci ha fatto incontrare.

Quando mi lamentavo per le sofferenze e i dispiaceri, quando parlavamo insieme di delusioni e sconfitte, non pensavamo a quanto eravamo fortunate a trovarci vicine, davanti ad un caffè, sotto ad una coperta o in riva a un lago.
Era normalità?
No, non credo proprio.
I nostri occhi si esploravano, le nostre voci si univano e se volevamo, potevamo toccarci. Potevamo annusarci. Potevamo abbracciarci.

Quanto eravamo fortunate?

Tu sai quanta potenza abbiamo nel cuore e quanto brilleremo insieme.

Sarà tutto nuovo.

Sarà semplicemente amore.

Erica, anzi Atmosferica.

Grazie Vita.

Sto tornando da Coogee.
Non voglio aspettare di arrivare a casa per scrivere perché devo fissare queste sensazioni adesso. Ora. Sul bus M50.
Dopo il lavoro, verso le due di pomeriggio, ho deciso bene di andare verso il mare. Ero già stata a Coogee in un pomeriggio nervoso e confuso, oggi avevo la serenità di ritornarci.
Già l’altra volta, avevo visto una scuola di Yoga, proprio lì, affacciata sul mare.
Una grande vetrata dava sull’oceano e sempre in modo confuso avevo pensato che sarebbe stato bello provare, salire quelle scale e chiedere informazioni.
Beh, non ero entrata. Non ero pronta.

Oggi, sono andata con l’intenzione di capire se stavo davvero meglio. Volevo vedere lo stesso mare e la stessa spiaggia, volevo riportarmi davanti alla stessa scuola e capire se davvero mi sentivo meglio. Più predisposta insomma.

Sono arrivata verso le tre e trenta, una mezz’ora di bus è passata leggera con le canzoni di Mengoni a tenermi compagnia. Caro Marco, sei ormai la colonna sonora dei miei viaggi. I pensieri erano leggeri. Stavo bene.

Mi sono rilassata per un po’ sul prato verde a ridosso della spiaggia, guardavo l’orizzonte e nel frattempo constatavo che ero in equilibrio con la vita. Una pace profonda e una calma piatta.

Ho ringraziato me stessa. Ero tornata dove dovevo tornare.
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Devi sapere che sono sempre frizzante e molto spesso vorrei riuscire a incanalare la mia energia senza disperderla in modo sbagliato o senza trattenerla nello stomaco.
La parola “Yoga” è volata alle mie orecchie più volte negli ultimi giorni, questa disciplina mi ha sempre incuriosita ma credo di non essere mai stata pronta.

Fino ad oggi.

È così che mi sono avvicinata alla scuola, un edificio verde su due piani. Sulla parete all’esterno sono riportati in maniera ordinata, originale e chiara gli orari di tutti i corsi. Gesso bianco su uno sfondo nero.
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Alle 17 sarebbe iniziata la lezione per principianti. Era il mio momento. Una voce silenziosa mi ha invitato ad entrare e in pochi secondi mi sono trovata dentro. Profumo e pace.

Quella vetrata che dava sul mare era come una visione perfetta. Quando mi immaginavo una sala dove praticare Yoga, non dico che sognavo proprio quella visione ma quasi.
Il mare, il sole, un parquet chiaro e cuscini a volontà.
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La maestra era, anzi, è una ragazza bionda e giovane. Il suo accento australiano era stranamente comprensibile e ben scandito. Seguivo le sue istruzioni partendo dalla respirazione.
Fondamentale nello Yoga e nella vita.

Posizioni faticose ma rilassanti mi distendevano i muscoli, le braccia facevano forza ma il corpo ringraziava. Lasciavo entrare l’energia da quella vetrata e la musica soft mi cullava. Rilassavo i polmoni e il collo, mi allungavo su quel tappetino blu.

Avevo bisogno di una guida, un’esperienza nuova. Pochi minuti sono bastati per entrare in un mondo tutto mio ma aperto all’ascolto.

Al concludersi della lezione, l’indicazione della maestra mi chiedeva di stare sdraiata con le braccia distese lungo i fianchi, i palmi rivolti verso l’alto e il collo rilassato.
Proprio in quel momento, quando la luce si è fatta soffusa, è arrivata lei che con le sue mani calde mi ha massaggiato le tempie.
Un profumo di olio essenziale mi è rimasto sulla pelle e mi è entrato nel naso.
Il sole stava salutando.
Un tocco magico. Giuro.
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Con le sue parole mi ha fatto concentrare su ogni singola parte del mio corpo. Dovevo liberare ogni tensione e sciogliere ogni nodo.
Piedi, caviglie, gambe, fianchi, pancia, petto, collo, braccia, mani, dita.
Con gli occhi chiusi dovevo sentire il contatto con la terra e ascoltare il mio corpo e il suo equilibrio.

Era quello che cercavo.

Namastè e Grazie Vita.

Erica, anzi Atmosferica.