“Mangia, prega, ama.”

 

Il cielo nuovamente nuvoloso e un risveglio poco piacevole causato del problemino che si presenta puntualmente ogni mese a noi donne, non mi fanno sentire al massimo della mia energia.

Voi donne mi capite!

Ti svegli, un giorno, e ti senti come se un trattore ti fosse passato sopra al corpo durante la notte. Sensazioni di gonfiore coordinate a fame compulsiva, sono ordinarie. Un leggero senso di fastidio nella parte bassa del ventre può diventare un dolore insopportabile e la cosa brutta è svegliarsi di notte con fitte che vanno a toccare le ginocchia.

Ahi ahi.

Che ne dite, l’ho descritto bene il dolore fisico unito al senso di insofferenza psicologico?

Voi uomini, che ne volete sapere! Dovete solo lasciar sbollire ogni nostro stato d’animo negativo e cercare di essere un po’ coccoloni e comprensivi.

La donna che si sente capita, elimina automaticamente il 50% dei dolori dal proprio corpo, attiva il senso collaborativo e metabolizza lo stress velocemente senza rendere la situazione troppo pesante.

Volete sapere se mi sento capita dal mio compagno di viaggio?

Mattia è molto comprensivo! Mi ha ceduto la sua metà di letto proponendo uno scambio, magari avrei dormito meglio. Mi lascia i miei tempi e i miei spazi. Senza fare troppe domande, cerca di capire dalle mie espressioni come sto. Si dedica alle faccende “domestiche” e meccaniche di Vando.

Per colazione un the caldo e qualche biscotto. Un antidolorifico mi guarirà nel giro di una mezz’ora e saremo pronti per una nuova giornata di ricerca.

Vi aggiorno: siamo a Pemberton. Dalla punta sud-ovest del Western Australia, siamo risaliti verso l’interno di circa 200 chilometri. Rimarremo qui una settimana nella quale OGNI azienda agricola sarà per noi possibilità di lavoro. Vi prometto che le spulceremo tutte servendoci della mitica invenzione di Google Maps. Ho visto dal satellite che ce ne sono molte nascoste ma le stradine sterrate non sfuggiranno. Dall’alto si vede tutto.

Qualche giorno di stop ci vuole e in più siamo in una zona ricca di Farm. Sembra che la coltivazione dell’avocado vada alla grande e nel giro di dieci giorni al massimo, mele e pere saranno pronte per la raccolta.

Siamo come sempre molto energici e mi chiedo da dove riesca ad attingere energia il giorno più doloroso e stressante del mese.

Ma sono carica.

Giuro.

Continuando la lettura di “Mangia, prega, ama”, fantastico libro scritto da Elisabeth Gilbert, mi sono sentita curiosa al punto di spingermi a cercare spezzoni del film su Youtube interpretato da Julia Roberts.

Qui dove la televisione non esiste e guardare un film sarà per molti giorni un grande sogno, mi accontento di qualche video anche se non fa altro che risucchiare alla velocità della luce i dati disponibili per la navigazione.

Tutto questo però, influisce sulla mia mente in maniera positiva. Sono stimolata, riflessiva e concentrata nello studio della mia anima.

Buona lettura, buona visione e buon inizio settimana a tutti.

Erica, anzi Atmosferica.


“Alla fine, sono arrivata a credere a una ricerca che io chiamo LA FISICA DELL’ANIMA, una forza della natura governata da leggi reali quanto la legge di gravità.
La regola di questo principio funziona più o meno così: se sei abbastanza coraggiosa da lasciarti indietro tutto ciò che è familiare e confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna.
Se sei veramente intenzionata a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio.
Se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti.
E se sei preparata soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa veramente scomode.
Allora la verità non ti sarà preclusa.”

Elizabeth Gilbert (Julia Roberts)
dal film “Mangia, Prega, Ama” di Ryan Murphy

Il faro.

La punta sud della costa ovest, nella regione di Margaret River, è identificata dal Faro di Capo Leeuwin.

Questo angolo di Australia, nell’estremo sud-ovest, è dedicato alla memoria di tutti i marinai del mondo. La dedica fu fatta dal primo ministro dell’Australia occidentale, John Forrest, il 10 dicembre 1896 durante l’apertura ufficiale.

In questo caso qualche dettaglio storico non mi sembra niente male.

Che ne dite?

Capo Leeuwin era spesso il primo approdo in terra australiana per le navi che viaggiavano attraverso il Capo di Buona Speranza. Tanti eroi del mare hanno trovato la loro fine tra le onde impetuose dell’oceano e vedere quelle targhe con i loro nomi disposte in fila sulla parete, è stato di forte impatto.

Cape Leeuwin Lighthouse, la casa della luce.

Una costruzione tanto perfetta quanto luminosa. Il sole si rifletteva sulle pietre bianche, facendolo sembrare vivo.

Sembrava che volesse gridare: “Io devo regalare luce!!”

Le sue intenzioni erano chiare ed ero totalmente appagata dalla bellezza di quel che vedevo. Il cielo era di un azzurro tanto pieno quanto quel bianco. Arrivata lì sotto, mi sono seduta su una panchina, il giardino era potato con cura e le onde sbattevano sugli scogli rossi.

Da lì, il sole si nascondeva incoronando di una luce angelica la sommità del faro. Che stupore.

Mi sembrava di avere una visione paradisiaca. Il bianco, la luce, l’azzurro.

Poteva essere una rivelazione e io mi sono concentrata nell’ascoltare. Percepivo un’essenza divina in quel che vedevo e che sentivo.

Ho ascoltato la luce.

Erica, anzi Atmosferica.


Vi trascrivo qui di seguito il dialogo tra Elisabeth Gilbert e uno sciamano indonesiano. Mi sto ritrovando molto nella lettura di questo libro in cui la scrittrice, parla del suo viaggio di un anno alla ricerca della verità, della sua verità.
Molti di voi conosceranno il libro, o il film interpretato da Julia Roberts.

“Voglio avere un contatto duraturo con Dio” gli dissi. “Qualche volta mi sembra di percepire l’essenza divina di questo mondo, ma poi ne perdo il senso, distratta da piccoli desideri e piccole paure. Io voglio restare sempre accanto a Dio, ma senza farmi monaca o rinunciare interamente ai piaceri della vita. Voglio vivere nel mondo e godere delle gioie che ci offre, ma voglio anche imparare a dedicarmi a Dio.”
Ketut disse che mi avrebbe risposto con un disegno. Mi mostrò uno schizzo che aveva fatto durante una meditazione: una figura umana androgina, in piedi, con le mani congiunte in preghiera. Ma quella figura aveva quattro gambe, e al posto della testa un groviglio di foglie e fiori selvatici. Sul cuore era disegnato un piccolo viso sorridente.
“Per trovare l’equilibrio che stai cercando” mi rispose Ketut attraverso l’interprete “Devi diventare così. Devi tenere i piedi ben piantati a terra, come se avessi quattro gambe. In questo modo puoi vivere nel mondo, ma devi smettere di guardarlo con la testa, devi guardarlo con il cuore. Così conoscerai Dio.”

“Mangia, prega, ama -Una donna cerca la felicità” di Elisabeth Gilbert

Jewel Cave.

La grotta del gioiello, un gioiello di grotta.

Libera interpretazione.

Sembra una foto scattata a coralli sul fondale marino e invece no, ritrae il fondale della Jewel Cave.

Una luce color cobalto ha illuminato per un istante quella parte di grotta, facendomi mancare l’ossigeno nei polmoni.

Un respiro profondo per svegliarmi da quel breve incantesimo, mi ha riportato alla realtà.

Scendendo di 50 chilometri, percorrendo per intero la Caves Road (la strada delle grotte), ieri ci siamo fermati alla Jewel Cave, decidendo di sfruttare il secondo ingresso che avevamo a disposizione per visitare una seconda grotta a scelta tra le quattro.

Quando, due giorni fa, abbiamo visitato la Lake Cave, è stata decisione nostra acquistare un ticket per la visita di due grotte.

Ticket per persona: 22.50 dollari

Ticket per due escursioni: 40 dollari

Ci è sembrata un’ottima mossa pagare per due sfruttando lo sconto, nonostante non avessimo ancora ben chiari i nostri spostamenti dei giorni successivi.

Nessun problema, nel raggio di poco più di 100 chilometri, altri tre luoghi misteriosi. Ne avremmo scelto uno.

Decidendo di spostarci verso Augusta, vi dicevo, ci siamo fermati alla Jewel Cave.

La grotta più grande, scoperta anche quella negli ultimi anni del 1800. Mi ha impressionato l’enorme spazio sotterraneo che si è aperto una volta scesi in profondità. La guida questa volta era una simpatica signora dai capelli lunghi e neri che parlava un australiano stretto e veloce.

Con l’aiuto della sua torcia, illuminava le parti curiose di cui parlava, rendendo la comprensione più semplice.

La passerella in legno sembrava infinita e seguiva le insenature tra le rocce, creando un percorso incredibile e pieno di sorprese.

Questa volta, la roccia formava delle sagome davvero strane che mi sembrava fossero di cera. Il giallo, si trasformava a volte in color caramello.

Mi ha impressionato la radice di quell’albero che viveva sopra le nostre teste. A furia di cercare appigli e nutrizione, si era arrotolata su se stessa creando un lungo cordone color ebano che cadeva verticale, per almeno una ventina di metri.image

Lì sotto un tempo, c’era l’acqua che ha lasciato il suo segno sul fondale della grotta e la storia delle tigri della Tasmania è stata pazzesca.

Un centinaio di anni fa, due tigri sono precipitate nella grotta, trovando la loro morte dopo qualche giorno senza cibo. Di acqua ce n’era in abbondanza al tempo ma null’altro.

Il nome di Jewel, è stato assegnato per l’impressionante grandezza e per la luce riflessa da quelle formazioni preziose. In alcuni punti del percorso labirintico, la guida si soffermava nel creare diverse atmosfere con diversi colori di luce.

In ogni piattaforma in legno, ci sorprendeva giocando con dei tasti illuminati e ci indicava punti precisi dove poter scorgere diverse bizzarre forme.

Ho visto una stalagmite talmente grande da sembrare un totem, una ragazza che camminava dandoci le spalle e mostrando i suoi lunghi capelli lisci, ho visto Peter Pan che spiccava il volo e una cascata di roccia dalla superficie levigata.image image

Mille sorprese ad ogni angolo e cinquecento scalini che ci separavano dalla terra.

All’ultimo step, come vuole la tradizione, abbiamo provato l’ebrezza del buio.

Sapevo di essere appoggiata alla ringhiera, sapevo di essere al sicuro ma la sensazione di vuoto era forte.

Cercavo di chiudere gli occhi e di riaprirli con più forza per far sì che la mia vista si abituasse alla mancanza di luce. Credevo di iniziare a vedere qualche sagoma come accade quando ci troviamo al buio in una qualunque situazione.

È stato proprio in quel momento, che la guida ha detto che l’occhio non si sarebbe mai abituato da tanto era intenso quel nero.

Un minuto che è sembrato un’eternità. Un minuto che è bastato a fare un viaggio lungo una vita.

Jewel Cave, la grotta del gioiello.

Il vero bene prezioso è la luce.

Erica, anzi Atmosferica.

Milano – 13719 km.

Hello!!

Eccomi oggi con tante cose da raccontarvi. Non so se questi articoli più descrittivi che emozionali vi appassionano, ma ogni giorno cerco di attenermi il più possibile alle sensazioni ed esperienze delle 24 ore che mi separano dall’articolo precedente.

Insomma, come avrete capito, scrivo poesie quando mi sento poetica, descrivo le nostre gite quando mi sento inviata speciale e lascio scorrere tutto nel modo più naturale. Non penso mai prima di lasciarmi andare nella scrittura, anzi, vi dirò che quando ripercorro nella mente aneddoti da raccontare, non trovo facilmente le parole che invece sono lì ad aspettarmi quando scrivo.

Che sensazione di magnifica pienezza!

Vi dicevo che ieri è stata una giornata molto intensa. Uno stato di insofferenza ha aperto le danze a inizio giornata, ma fortunatamente sono riuscita a smaltirlo nel giro di poche ore.

Come prima tappa, abbiamo scelto la Chocolate Factory. Dovete sapere che questa regione, oltre che per la produzione  di buon vino, è famosa per il cioccolato. Il fatto che ci fossero assaggi liberi, ha attirato subito la nostra golosità. Arrivati sul posto, un mega-store di cioccolato in tutte le forme e salse si è aperto dietro quella porta. Cioccolato bianco, al latte e fondente era pronto per il test all’interno di grandi ciotole di acciaio e sì, abbiamo fatto il pieno. Al costo di 11 dollari ci siamo comprati una confezione di plastica trasparente che conteneva tre invitanti dolcetti: nocciole, anacardi e mandorle ricoperti di cioccolato al latte.

Vi ho fatto venire l’acquolina in bocca?

Noi siamo due golosoni senza eguali, il che non è sempre cosa buona e giusta.

🙂

Un paesino sulla costa, a pochi chilometri, offriva la visita al molo più lungo dell’emisfero australe. Questa particolarità ci ha subito attratti. Quasi due chilometri di passeggiata, 25 minuti di percorrenza all’andata e altrettanti al ritorno.
Pagato l’ingresso di 3 dollari, una lunga palafitta in legno e cemento, si estendeva davanti a noi.

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La fine lontana, ragazzetti si divertivano con tuffi dove l’acqua era più alta, ma comunque dal fondale trasparente. Dopo un migliaio di metri l’acqua si è fatta nera e la mia mente ha iniziato a spaziare come al solito. Immaginavo imponenti alghe sui fondali, grandi pesci e anche squali. La passerella era talmente lunga che due binari permettevano al trenino rosso di trasportare anziani, bambini troppo piccoli o chi non volesse/potesse camminare.

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Arrivati alla fine, mi sentivo orgogliosa come uno scalatore che raggiunge la vetta più alta. Un cartello diceva che eravamo distanti dalla riva 1841 metri e raccontava anche di quanto fossero lontane le più grandi città del pianeta. La segnaleticaa indicava anche la direzione da prendere, nel caso si avesse avuto l’intenzione di partire per un viaggio immaginario.

New York – 18 874 km a destra, tutto dritto verso l’orizzonte.

Paris – 14 300 km a sinistra, tutto dritto all’orizzonte.

Una lavagnetta nera, invitava ogni turista a scrivere la distanza dalla propria città.

My Home Milano – 13 719 km

Che brivido!

Ho mandato la foto alla mia famiglia, avendo calcolato la distanza, mi sentivo tanto lontana quanto vicina. Un mix di emozioni. Forse avrei voluto iniziare a correre sulla superficie del mare per raggiungerla, ma la tempestività con cui potevano rispondere ai miei messaggi, ha subito calmato e colmato la sensazione di oceanica mancanza e distanza.

Forse il mio papà ha capito che avevo bisogno di sentirlo vicino. Verso sera, io e Mattia stavamo cucinando due abbondanti porzioni di penne rigate con tonno e fagioli.

Un altro momento di malinconia mi ha travolta. Avrei voluto offrirne un po’ alla mamma, al papà e alle mie tre sorelle.

Ho mandato la foto della grande pentola stracolma di pasta con il seguente invito:

“Abbiamo esagerato con le porzioni, se ne volete un po’, ce n’è per tutti!”

Il mio grande papà mi ha stupito un’altra volta.

“In quale campeggio siete che vengo a mangiare la pasta!? Però devo ripartire subito!

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Con un fotomontaggio mi ha fatto sentire la sua vicinanza.

Papà sei mitico.

Erica, anzi Atmosferica.

 

Lake Cave.

La grotta del lago, Lake Cave.

Arrivati a Margaret River verso l’ora di pranzo, il brutto tempo persisteva e una pioggerellina invisibile e insistente creava un’atmosfera autunnale.

I vigneti incontrati sulla strada erano fermi, nessuna possibilità di lavoro all’orizzonte. È stato strano vedere così tante aziende agricole totalmente deserte. Curate alla perfezione ma deserte.

Nell’articolo di ieri vi ho parlato di Margaret River come una regione piena di curiosità e posti da vedere. Bene, siamo qui anche per questo ovviamente.

Una volta fatto il check-in al campeggio, abbiamo curiosato sui numerosi depliants esposti in reception. Le quattro grotte disposte a pochi chilometri l’una dall’altra sulla costa, hanno subito attirato la nostra attenzione.

“Andiamo qui! Cave Lake!”

Già solo la foto aveva dell’incredibile ma volevamo vedere con i nostri occhi.

Una ventina di minuti di strada tra vigneti su sfondo grigio e foreste.

Alle 14.30 iniziava il tour guidato. Una simpatica signorotta bionda ci ha portati a scoprire quella meraviglia sotterranea raccontandoci passo per passo ogni curiosità. Due centinaia di gradini ci hanno portato giù ma non ancora sotto terra.

La guida ha introdotto la visita presentandosi e parlandoci della storia della grotta. Con stupore ho potuto apprendere che la scoperta di quello spazio nascosto, risale a pochi anni fa. Nel 1897 due amici si sono avventurati tra le insenature delle rocce con delle torce, solo 5 anni dopo la Lake Cave è stata aperta al pubblico, nel 1902.

Mi sono quasi sentita fortunata a far parte di quel pubblico.

La voglia di scendere ancora più giù era forte. Dopo alcune raccomandazioni, abbiamo proseguito il percorso.

Attenzione alla testa quando scenderete dalla prossima rampa di scale.

Superato quel punto non mancherà lo spazio.

Vietato toccare le rocce.

Ok, andiamo.

Una volta giunti alla successiva piattaforma in legno, già si vedeva una parte della grotta. Roccia bianca umida sopra la testa, formava stalattiti. La guida ha acceso le luci che seguivano il lato di una passerella. Quelle stesse luci permettevano di vedere l’acqua e di realizzare la grandezza degli spazi.

La passerella era illuminata fino ad un certo punto. Era chiaro che il percorso guidato, aveva la finalità di far concentrare noi turisti su quella prima parte. Era evidente che la grotta continuasse e che ci fossero altre piattaforme in legno ad attenderci.

Delle goccioline fredde mi colpivano la testa facendomi ogni volta sobbalzare. L’atmosfera di mistero mi creava uno stato di tensione.

Ma volete sapere una cosa?

Quelle gocce di acqua, vivevano tra le rocce della grotta da dieci anni.
Essendoci un tempo piovoso, mi veniva spontaneo pensare che fosse acqua piovana.

E invece no.

Acqua piovana di dieci anni fa che dopo tutti questo tempo, ha bellamente deciso di cadere sulla mia testa.

Pazzesco.

Dopo brevi spiegazioni, mantenendo sempre un tono di voce tranquillo, la guida ci aspettava al successivo spiazzo.image

Sporgeva dalla parete la roccia del drago. Stalattiti e stalagmiti si erano spinte a formare una forma umida che rappresentava a tutti gli effetti i lineamenti di un mostro delle caverne.

Mi sono concentrata per un momento e in effetti sì, era anche abbastanza inquietante. La mia immaginazione è arrivata anche a farlo muovere.

Erica, è fatto di roccia. Rilassati.image

Un’altra parte di grotta, illuminato il terzo pezzo di passerella, nascondeva una parete estremamente attiva. Le gocce d’acqua cadevano con una frequenza notevole fino a formare una stalagmite a forma di cervello.

The brain.

Sì, magari non riuscite ad immaginarla. La cosa che dovete fare è spaziare con la fantasia. Goccia dopo goccia, l’acqua si era sedimentata fino a formare una forma tonda, tridimensionale ovviamente. La caratteristica che faceva pensare al cervello era la superficie. Si erano formate delle ondine, delle pieghe naturali che rimandavano alla superficie cerebrale.
Un altro motivo per cui quella parte di roccia fosse chiamata così, era sicuramente il fatto che fosse l’unica tutt’ora attiva.

Un’altra formazione impressionante era quella delle colonne. Stalattiti (dall’alto) e stalagmiti (dal basso), si incontravano a metà strada dando origine a vere e proprie colonne portanti o sospese sopra il livello dell’acqua.image

Giunti all’ultimo step, la guida ha acceso tutte le luci che fino a quel momento avevano segnato la nostra strada. In un secondo momento ha illuminato solo il drago: da quella prospettiva sembrava ancora di più un vero mostro.

Poi ha spento tutto.

Un’emozione incredibile. Il buio pesto ci ha avvolto e la sua voce di sottofondo ci spiegava che quando la grotta è stata scoperta era così, totalmente al buio. Un uomo lì sotto, senza la luce, si troverebbe totalmente disorientato nel giro di venti minuti.

Ha smesso di parlare.

Io mi sentivo disorientata dopo trenta secondi. Non avrei mai mosso un passo senza la luce nonostante sapevo che la piattaforma in legno fosse abbastanza grande.

Spero di essere riuscita a portarvi laggiù insieme a me.

Erica, anzi Atmosferica.

Altro giro, altra corsa.

Un po’ come quando bisogna scegliere un ristorante per la cena, decidere se mangiare carne o pesce, assaporare un bicchiere di vino rosso o di vino bianco, ci siamo trovati stamattina a valutare se spostarci 200 chilometri verso nord-ovest (Margaret River) o se dirigerci 350 chilometri a sud-est (Albany).

Per noi è diventato normale dover macinare ogni giorno queste distanze.

Non l’avrei mai detto ma sì, lo sto dicendo.

Se penso a quante volte ho percorso centinaia di chilometri in Italia, mi rendo conto che è successo solo in occasione delle vacanze estive, oppure per fugaci week-end quando la voglia di toccare la costa ligure era tanto convinta da non badare allo stress del viaggio.

Qui invece solo pochi bivi fanno rallentare la corsa e lo stress non è un nostro problema. Una volta che ci mettiamo in strada, inizia ogni giorno un viaggio anche interiore continuamente stimolato dai paesaggi e dai testi di canzoni rappate o più tranquille.

Ieri siamo arrivati a toccare Manjimup, a sud di circa 150 chilometri da Donnybrook, la meta iniziale.

La grande perturbazione continua ad accompagnarci ed è strano anche questo.

Non credete?

Questo grande cielo, quando si arrabbia sembra ancora più grande. Mi viene inevitabilmente da pensare al tempo atmosferico in Italia. Quando in una città piove, capita che in un’altra distante anche solo 50 chilometri ci sia il sole.
Qui, il maltempo ci sta seguendo da due giorni, anzi no, sta semplicemente coprendo una vastissima area.

Piove, fa freddo e vi dirò che tra poco recupero un paio di calze.

Piedi freddi.

La giornata di ieri, è stata comunque una scoperta. Dalle porte di Donnybrook una Farm dietro l’altra. Ci siamo fermati alle prime due e le parole delle due bionde ragazze con cui abbiamo parlato, sono state chiare:

“La raccolta inizierà tra un paio di settimane.”

Piante di mele e pere disposte su lunghe file perfettamente allineate, vigneti immensi coprivano aree pianeggianti o piccole colline con terreno leggermente in pendenza. Ho visto campi di ulivi, prugneti, animali al pascolo come mucche marroni e maculate, pecore e cavalli.

Dicevo che sono state per noi scoperte, abbiamo finalmente visto con i nostri occhi come si presentano le tanto rinomate Farm. Molto semplicemente sono case, spesso belle case, che controllano piantagioni di diversi tipi, affiancate l’una all’altra. L’attività di ognuna era ferma.

Farm ferme.

🙂

Grandi cartelli scritti a mano, segnalano dalla strada la vendita di frutta per chi volesse fare rifornimento. Per noi sono stati solo segnali di un possibile lavoro.

Bene, dopo aver constatato che l’attività inizierà con l’arrivo di febbraio, abbiamo deciso di spostarci.

Margaret River è una meta turistica posizionata sulla costa a sud di Perth. Dalle previsioni meteo abbiamo visto che la perturbazione si spinge fino a lì e da guide informative, abbiamo letto che è il periodo per la raccolta dell’uva.

Se anche lì non troveremo fortuna, sfruttiamo comunque l’occasione di restarci qualche giorno per godere delle famose bellezze di quei posti.

Siamo tranquilli e pieni di ottimismo e pazienza cari amici lettori, grazie a Vando ci sentiamo invincibili.

Erica, anzi Atmosferica.

Il confine.

Stamattina ore 8.30 ho alzato la mascherina che uso da qualche giorno per non svegliarmi con la luce puntata negli occhi. Sì è stato il regalo di Jason per il mio compleanno. Una simpatica mascherina di Tiffany con tanto di brillantini, legata ad un’immagine cartonata del volto dell’attrice. Non avrebbe potuto avere idea migliore! Stavo già pensando di comprarmela per evitare di costruire ogni sera tende artigianali con asciugamani e felpe.

Dicevo… Ho levato la mascherina e il cielo a ovest era limpido e azzurro. Il tempo di preparare Vando per il viaggio e si stava già comprendo. Da est avanzavano grandi nuvoloni grigi e il freschino non mi ha permesso di liberarmi della felpa.

Se fino a cinque minuti prima l’idea era quella di andare in gita a Penguin Island, è bastata quella visione unita ad un brivido di freddo per cambiare programma.

“Mattia!? Direi di ribaltare le nostre intenzioni. Niente Penguin Island… Direzione Donnybrook alla ricerca di lavoro. Che ne dici?”

“Concordo pienamente!”

Bene, come al solito non c’è stato bisogno di grandi discussioni per trovarci d’accordo.

Ci siamo preparati, abbiamo dato un’occhiata all’olio per controllare fosse al giusto livello e via… Vando era pronto. Noi pure.

Dopo aver fatto tappa Cappuccino Take-Away e aver rubato 10 minuti di connessione Wi-Fi al bar per controllare la strada con calma, siamo partiti.

Ora siamo in viaggio.

J-Ax ci sta dando un po’ di carica e canto per stemperare un po’ la tensione.

Sì perché mi sento abbastanza agitata. Sto per l’ennesima volta uscendo dai confini della normalità o della routine di viaggio. Mi sento come se stessi andando ad un colloquio di lavoro senza sapere con chi dovrò parlare.

Donnybrook è un paese a sud di circa 200 chilometri ricco di aziende agricole tutte specializzate nel Fruit Picking (raccolta della frutta) e nel Fruit Packing (imballaggio della frutta). Ci presenteremo e chiederemo lavoro cercando il contatto diretto con il contadino o il responsabile in loco.

Ne so quanto voi.

Per la raccolta è giusto andare a cercare nel posto giusto durante la stagione giusta e sembra che ci siamo dentro in pieno.

Mele, avocado e pere dovrebbero andare per la maggiore in queste zone.

Per quanto riguarda il pernottamento, anche lì ci sono diverse alternative. Potremmo andare in campeggio, dormire in ostelli o in Working Hostel. Questi ultimi sono dormitori dove i gestori sono convenzionati con le Farm.

Della serie: “Tu dormi da noi pagando vitto e alloggio, e noi ti mettiamo in contatto con le aziende agricole dei dintorni.”

Avendo Vando, vorremmo evitare di spendere soldi per dormire in ostello. Lui è tanto comodo e confortevole. Non ci separeremo da lui molto facilmente.

Vi dicevo che sto di nuovo uscendo dai confini. Tutto nuovo. Lavorare la terra sarà un’esperienza diversa. Vedrò animali di ogni genere, conosceremo viaggiatori provenienti da ogni luogo.

I serpenti no, quelli preferirei non incontrarli.

Non so quanto ci metteremo a trovare un’occupazione, non so quanto sarà la paga. Sappiamo che dovrà aggirarsi intorno ai 20 dollari all’ora ma se verremo stipendiati a cottimo, allora lì dipenderà dalla nostra capacità e resistenza.

Vando corre sull’asfalto. Il cielo è colmo di gonfie nuvole che corrono insieme a lui. Il sole non c’è e abbiamo fatto bene a lasciare Rokingham senza aspettare un altro giorno.

Beh… Io sono carica e voi??

Concluderei con una citazione tratta da una serie televisiva che la maggior parte di voi avrà seguito con passione.


Ad un certo punto devi prendere una decisione.
I confini non tengono fuori gli altri, servono solo a soffocarti.
La vita è un problema e noi siamo fatti così.
Quindi, puoi sprecare la tua vita a tracciare confini, oppure puoi decidere di viverli superandoli.
Ma ci sono dei confini che è decisamente troppo pericoloso varcare.
Però una cosa la so: se sei pronto a correre il rischio, la vita dall’altra parte è spettacolare.

Dr. Meredith Grey (Ellen Pompeo)
dal film “Grey’s Anatomy” di Serie TV

Valentina.


Oggi ci siamo svegliati con un leggero freschino che solleticava i piedi. Il cielo è nuvoloso e non è la giornata giusta per l’escursione che avevamo in programma.

Felpa e pantalone lungo sono necessari per placare i brividi e un bel thè caldo per colazione, per riscaldare lo stomaco.

Siamo a Rockingham, un piccolo paese a 50 chilometri a sud di Perth. Nel tornare da Wave Rock non siamo nemmeno passati dalla città, decidendo di venire direttamente in campeggio.

La gita a Penguin Island quindi, slitta a domani sperando che il brutto tempo sia solo di passaggio. Dopo di che, procederemo con la ricerca del lavoro.

In foto vi mostro il paesaggio in viaggio attraversato al ritorno. Per chi avesse letto l’articolo di ieri, può ovviamente ritrovare colori, atmosfera e particolari descritti.

Non sembra anche a voi la savana?

Dai, lasciatemi fantasticare. Ve l’ho detto che non riesco a controllare la mia immaginazione! Forse nella savana l’erba è talmente alta che spesso non si vedono gli animali nascosti pronti all’agguato.
Beh, qui non è così! Questo foglio di erba secca è tenuto alla perfezione e qualsiasi figura in movimento, balzerebbe all’occhio.

On the way ho fatto anche un breve video, un minuto per farvi viaggiare insieme a me. Appena avrò una connessione Wi-Fi lo caricherò su YouTube e con il sottofondo di una bella canzone che sceglierò, potrete anche voi sentirvi i miei compagni di viaggio per 60 secondi.

Dai, però dovete ammetterlo che già adesso, state esplorando insieme a me. Io ce la sto mettendo tutta!

Impegno, passione e costanza.


Bello scrivervi dalla mia seggiolina pieghevole da campeggio. C’è una pace delicata e ognuno qui, mantiene un tono di voce basso, rispettando la quiete e la tranquillità dei vicini. Una bimba si aggira con la sua bicicletta verde-acqua davvero singolare. La sella blu cina è allungata come quelle da circo usate per le acrobazie e il manubrio alto. Le ruote e i pedali sono bianchi.

Passa davanti a me con la faccia da furbetta e mi guarda vanitosa mostrandomi il suo mezzo assai particolare e la sua bionda bambola che tiene con un braccio.

Quello sguardo buono ma estremamente convinto, mi fa ripensare alla mia amica Valentina. Anche la sella blu cina, mi rimanda inevitabilmente ad una poesia che ho scritto qualche giorno fa pensando a lei, la mia amica. Lei che ama vestire di blu, non facendo mancare mai particolari accessori intonati.

Ve lo faccio leggere ovviamente. Buona lettura e soprattutto, speriamo che domani sia una giornata splendida.


VALENTINA…

…è come un fiore blu, ogni giorno aspetta la luce per crescere un po’ di più e quando arriva il buio, chiude i petali delicati formando un cuore, non so…una forma d’amore.

Quando arriva lei, arriva anche la pace. La contraddistingue la serenità, nonostante abbia dovuto fare i conti con alcune avversità. Con passo deciso e lo sguardo alto, nessuno fermarla potrà, perché solo lei sa quanta forza ha e quanta vita ancora costruirà.

La vedo cucinare nella sua casa accogliente, studiare formule nelle sue ore di calma apparente e poi, sul divano giocare con Tigro, l’animale che l’ha fatta sognare con qualche pallina e simpatia singolare.

Mi piace di lei il suo sorriso che si apre raramente, dovete sapere che ha degli occhi a volte, che mi pare un serpente. Con aria scherzosa ma severa, mi ammonisce sventolando la bandiera.

“Erica, mi raccomando… Sii sempre vera!”

Le piacciono cereali e insalate, cantare note stonate e quando la immagino bambina, la vedo così… Brava, seria ma birichina.

Valentina, è una grande lavoratrice! Studia, stira, lava e si programma persino la lavatrice. Sta dietro a tutto, nulla le sfugge, è furba, è attenta e quando ti ama è sempre vicina, sempre carica, molto amica…è Valentina.

Io la amo da impazzire. Da quando sono dall’altra parte del mondo, mi manca da morire.

La rivedrò, la bacerò e mai la lascerò. Faremo insieme tante cose, perché mi ama, mi rende migliore ed è blu, come quel fiore.

Erica, anzi Atmosferica.

Wave Rock.

Dalla foto potete intuire anche voi, quanto la natura si sia superata anche questa volta.

Mi sentivo sommersa dalle rocce, quelle striature di più colori davano l’idea del movimento, dell’onda. Ho provato a salire camminando sulla pendenza, trovandomi puntualmente a dover indietreggiare.

Mattia ha preso la rincorsa, riuscendo a salire di un paio di metri. Gli ho fatto una foto nella bocca dell’onda.

Lui la voleva da lì.

Io invece, mi sono arresa alla sua forza. La guardavo e mi lasciavo travolgere. Era possente e ho provato anche quella sensazione di impotenza che provo quando la forza dell’oceano mi vuole trascinare.

È difficile descrivere tanta stranezza.

Davanti alla potenza devi arrenderti, guardare, lasciarti assuefare e non pretendere di controllare, gestire o comandare.

Non c’è ragione da cercare.

Non puoi sempre pensare di immaginare e di prevedere i passi dell’universo. L’immaginazione va ad attingere comunque da realtà già viste e vissute. Non crea mai nulla di totalmente nuovo.

La natura può decidere di incurvarsi a formare un’onda anche se non si tratta di acqua, può colorarsi di rosa e formare un lago, può riunire miliardi di conchiglie in una sola spiaggia.

Tu devi stare a guardare.

Sì, e devi farlo in silenzio.

Wave Rock è un sito naturale in mezzo a innumerevoli chilometri quadrati di steppa. Continuando il breve percorso segnalato con delle frecce in legno, siamo arrivati in cima a quell’ammasso di roccia rossa e da lassù si poteva godere di una vista stupenda.

Mi sentivo un po’ il Re Leone quando guarda la savana dall’alto. Era impressionante come da lì potessi avere una visuale completa di tutto ciò che c’era intorno.

Mi sentivo una Regina.

“Ma qui non ci sono i leoni?”

…ho chiesto a Mattia.

“No, solo canguri!”

Mi ha risposto.

Mi sono fatta una risata andando oltre il reale, volevo a tutti i costi pensare che in quella distesa di erba bruciata, vi potessero vivere anche tigri, leoni, ghepardi e zebre.

E poi…

Io di canguri VIVI non ne ho ancora visti.

Sono ancora libera di lasciar galoppare la mia fantasia, popolando questa terra con decine e decine di animali qui mai vissuti.

La vista da lassù potete immaginarla come un quadro che raffigura una distesa di diversi colori chiari e scuri, verde, marrone, giallo, arancione e bianco. Ogni sezione di colore, su quel dipinto, ha una forma geometrica ed è separata da linee nette.

Finisce un colore, ne inizia un altro.

Al centro dei campi, costruzioni cubiche di fieno mi facevano capire che qualcuno si era preso cura del terreno. Lo notavo anche dal segno lasciato dai trattori, lunghe strisce a colori alterni.

Marrone chiaro,

marrone scuro,

marrone chiaro,

marrone scuro.

Erano ben identificabili le aree appena state soggette ad incendi. Erano tante. In quel caso erano bianche, con tronchi neri spezzati e rami senza vita disidratati.
Alcuni alberi però, forse i più giovani, avevano resistito. Avevano avuto più forza. Non avevano più la corteccia a proteggerli ma solo lo strato subito sottostante. Facevano impressione perchè quella nuova corteccia in fase di rinascita, brillava. Era di color bronzeo e con i raggi del sole rifletteva una luce particolare, luccicante.

Avevamo sentito qualche giorno fa di incendi divampati in queste zone. Le temperature sono alte e la siccità la senti sotto la pelle.

Mi ha fatto effetto vedere che il fuoco si sia spinto velocemente fino al ciglio bloccando sicuramente la viabilità dell’unica strada. Quando ci immaginiamo un incendio, lo vediamo comunque circoscritto ad un area, ad un bosco.

Qui no.

Quando inizia a bruciare, rischia di non fermarsi mai. Non ho idea di quanta acqua sia servita e quanti vigili del fuoco siano intervenuti per bloccare il divampare delle fiamme.

Ho l’idea solo di quel che ho visto.

Un’idea che poche ore fa, non avrei mai potuto pensare di avere.

Aprite la mente e siate pronti a viaggiare.

Erica, anzi Atmosferica.

McDonald’s.

Pensavate di vedere un’immagine che raffigurasse acqua cristallina, orizzonti infiniti e sabbia bianca?

Credevate per caso di godere per l’ultima volta della vista dei grattacieli di Perth?

Vi sbagliavate.

Oggi McDonald’s è la parola chiave.

In questi tre giorni trascorsi in città, di spiagge incantevoli non ne ho viste ovviamente. Sapete bene che il mare dista una decina di chilometri dal centro della città. Per raggiungerlo, conviene prendersi una giornata di relax e ci si arriva in una ventina di minuti con i mezzi.

Comunque, l’intenzione non era quella di vedere l’oceano. Abbiamo fatto il pieno nelle due settimane di viaggio sulla costa.

…E che pieno! Che mare! Che gioia!

Più si sale verso nord, più il vento si attenua e il mare diventa calmo e di un colore mozzafiato. Consiglio a chiunque sia a Perth, di non sottovalutare l’idea di esplorare la costa ovest. È piena di bellezze naturali e nel breve raggio di 1000 chilometri. Non si tratterebbe di un tragitto troppo lungo e faticoso.

Italiani! Anche voi… Se avete una ventina di giorni di ferie, tenete in considerazione il mio consiglio.

Vacanzina on the road sulla costa del Western Australia. Vi potrei suggerire in due parole una bella tabella di marcia: atterrate a Perth, state tre giorni in città anche per regolarvi con il fuso, noleggiate una macchina, salite lungo la costa per 4/5 giorni e poi… Giro di boa! Potete distribuirvi le tappe come meglio credete e sta a voi decidere se farle tutte all’andata, come abbiamo fatto noi, o se tenere qualcosa per il ritorno.

Mi sto dilungando ma è una questione che potrebbe interessare qualcuno.

Tornando a noi, vi stavo spiegando che abbiamo temporeggiato in città per tre giorni solo per fare delle commissioni. Ho salutato Jason con un GRANDE ARRIVEDERCI e per il resto, stare lì, è stato solo abbastanza traumatico.

Caldo infernale, ostello troppo grande, troppa confusione.

Non sono più abituata! AIUTO!

Pensando a quale poteva essere la cura per ogni stress causato dalla city, ieri sera è arrivata l’illuminazione:

ANDIAMO A SFONDARCI AL MCDONALD’S

Non me l’ero mai gustato tanto.
Alla cassa io e Mattia sembravamo due bambini impazienti. Non abbiamo badato a storie di diete e calorie.

Sentivamo solo lo stomaco brontolare e il fisico che chiedeva energia dopo quella giornata di caldo infernale.

Ce lo siamo goduto e non ci siamo fatti mancare il McFlurry al caramello per chiudere in bellezza.

Che bontà.

Una vera bomba.

Sì è conclusa così la giornata di ieri.


Ora siamo in viaggio.

Destinazione Wave Rock.

300 chilometri verso l’interno.

Rocce alte 20 metri a forma di onda oceanica ci faranno chiedere ancora una volta quanto sia divertente e bizzarra la natura.

Erica, anzi Atmosferica.