È giunta l’ora del silenzio.

Bene, sono pronta.
È giunta l’ora del silenzio.
Ora ti spiego.
Appena trovo le parole.

Un incipit così singhiozzato credo di non averlo mai scritto. Anzi, ne sono sicura. Forse non so da dove iniziare, forse non mi so spiegare, oppure devo solo lasciare le mani libere, senza più cancellare e ribattere.
Cancellare e ribattere.

Sull’isola di Koh Phangan il sole sta per calare e credo che stasera il cielo sarà di un colore spettacolare. Finalmente oggi la Thailandia ha deciso di regalarmi una giornata di sole magnifico e potente dopo quasi quattro giorni di timidezza.

Eccoti, ora ti vedo in tutta la tua bellezza, in tutta la tua luce.

È proprio vero che con il sole e il cielo azzurro è tutta un’altra storia, l’umore è migliore e l’energia più intensa. Le baracche di lamiera sembrano meno povere e sporche, la gente locale mi pare meno triste e risaltano ancor di più i colori dei frutti esposti su traballanti assi di legno.

Tutte immagini fotografate nella mia testa e non solo, tutte personali sensazioni anche se non credo di sbagliarmi. Senza rendermene conto sto deviando totalmente dal nodo centrale di ciò che ti voglio raccontare. La mia mente in questo momento è un nemico e le mie mani la seguono senza esitazione.
Ma insomma…fermatevi!
Ora intervengo io.
Devo parlarti di una cosa importante.
Devo raccontarti di un’altra scommessa, forse la più difficile.

Domani mattina il mio tassista di fiducia, Wee, mi porterà alle porte di un posto che segnerà, probabilmente, l’inizio di una nuova trasformazione.
L’ennesima.
Il proseguo e la continuazione.

Kow Tahm – Insight Meditation Centre
Questo è il luogo in cui andrò domani mattina, situato in cima ad una delle colline qui a Ban Tai.
Quello che offre questo centro è un’esperienza di vita particolare. Una settimana, o poco più, di silenzio e meditazione insieme a persone che scelgono, come sto facendo io, di scoprire il vero contatto diretto con la propria anima.
Si tratta di un ritiro spirituale (non religioso), durante il quale vengono spiegate e poi applicate le tecniche di uno specifico tipo di meditazione che prende il nome di “Vipassana Meditation”.
Che sarà mai questo nome strano?

🙂

Ho scelto di mettermi alla prova e di rinunciare per quasi dieci giorni a tutto ciò che nella vita di tutti i giorni mi distrae dalla mia parte più genuina, quella non condizionata dall’esterno, dai giudizi, dalla tecnologia, dal pensiero altrui.
Sarà dura psicologicamente e fisicamente, il telefono sarà spento e il dialogo, con le persone lì presenti, limitato. La mia attenzione sarà totalmente focalizzata sulle mie sensazioni fisiche, sulle mie emozioni e sui miei pensieri.

La meditazione non viene intesa come un modo per scappare dalla realtà ma, al contrario, per agire in maniera veritiera attraverso essa.
Questo è il mio obiettivo.
Agire sempre e solo secondo la mia più profonda verità.

Le condizioni per poter partecipare al ritiro sono semplici e non discriminanti. È sconsigliato a chi non abbia un buon equilibrio interiore e a chi abbia particolari dipendenze.
Ovviamente.
La meditazione viene praticata continuamente per tutti i giorni di silenzio e vede l’alternarsi di quella seduta a quella camminata, insieme ad altre attività focalizzate sul momento presente.

(Sto facendo una fatica assurda a scrivere, mannaggia mi sento tipo una professoressa alla cattedra!)

Mi rendo conto che ti sto parlando di qualcosa di complesso e che magari non hai mai sentito parlare di meditazione. Forse, però, sei il primo a sentirti interessato all’argomento o a praticarla con costanza. Io sinceramente non sono una grande meditatrice. Non riservo al mio “IO” un lungo momento ma tante piccole riflessioni nell’arco della giornata.
Quando mi va, smetto di guardare fuori e inizio a guardare dentro.
In questa settimana, invece, sarà diverso. Sarà impegnativo sia fisicamente che mentalmente ma credo che se ne uscirò vincitrice, porterò con me la vittoria ovunque e per sempre.
Sventolerò un grande bandiera con grande soddisfazione.
Per me sarà un fantastico traguardo.

Per questo è giunta l’ora del silenzio.
Per un po’ non ti scriverò, non parlerò e non condividerò fotografie. Non punterò la sveglia la mattina perché alle 5.00 suonerà una campana, starò alle indicazioni dei maestri e mi lascerò trasformare con coraggio. Quando uscirò, sarò diversa sicuramente ma non so in che misura.
So solo che non sarò la stessa Erica, anzi Atmosferica che ti scrive ora e che ti ha scritto sino ad oggi.

Con queste mie parole voglio principalmente darti tranquillità e farti capire che sono totalmente consapevole di quel che ho deciso di fare. Sono giorni in cui riesco ad essere molto presente e al passo con ciò che mi sta accadendo.
Non temere e se anche non mi sentirai, sarò al sicuro.

Bene, sono pronta.
È giunta l’ora del silenzio.

Koh Tahm è un centro conosciutissimo dalle persone locali tanto che Wee, il mio amico e simpatico tassista, sa bene dove dovrà portarmi.

Oggi mi ha anche detto che,
da lassù,
la vista mi piacerà assai.

Erica, anzi Atmosferica.

Profumo di pesce e povertà.

Ok, sto per partire di nuovo. Stamattina la testa frulla alla massima velocità, pensieri di ogni genere e natura mi stanno travolgendo ma come sempre, cerco di selezionare e capire.

È impressionante come le questioni personali rimangano ferme, anche quando il corpo è in movimento. Colori e profumi, persone e piccole scene quotidiane, mi rimandano a ricordi lontani e vicini. Momenti belli che vorrei conservare si affiancano inesorabilmente a quelli brutti che vorrei dimenticare. Come se i primi, non possano esistere senza i secondi.

Sto apprezzando questa solitudine come se fosse la più importante possibilità per rinascere davvero. Faccio grandi discorsi a me stessa e qualche volta li appunto sul mio quaderno.

Ieri ho percorso circa un chilometro a piedi sulla strada. Sono entrata con lo sguardo nelle baracche di lamiera sporche e a volte puzzolenti. Puntualmente una persona all’interno mi invitava ad entrare, una parrucchiera, un fruttivendolo o un piccolo omino che vendeva pollo allo spiedo. Sorridevano.

Sono andata al mercato e mi sono trovata davanti ad una distesa di colori e profumi, un contatto diretto con il sano e il genuino. Verdura e pesce erano esposti su grandi piatti colorati e le donne dietro alle bancarelle avevano puntualmente uno sguardo triste. Mi sembrava di vedere la loro anima.

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Mentre camminavo sul cemento umido, tra quelle facce vedevo la Thailandia, quella che avevo sempre sognato. Finalmente mi trovavo lì, al mercato del vero.

Una bambina che masticava un povero inglese, mi ha servito la mia porzione di verdure e pollo. Avevo fame e quel vassoio era molto invitante. Profumato.


Per cena invece mi sono vestita carina, avevo voglia di coccolarmi. Appena fuori dall’albergo un ragazzo mi invitava ad entrare nel ristorante thai per cui lavorava. Mi sono avvicinata e dopo aver risposto al suo saluto, mi sono fatta accompagnare ad un tavolo di legno abbellito da una candela rossa. Lui aveva capito di cosa avevo bisogno. Un tipico piatto thailandese era proprio quel che mi andava e quell’atmosfera calda e luminosa mi piaceva.

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Era bello cenare da sola, non provavo invidia per la coppia di fidanzati seduti vicino a me. Avevano entrambi una faccia annoiata e guardavano il cellulare scorrendo le notifiche di Facebook.
Che tristezza.
Io ero piena di me ed ero troppo contenta, scrivevo senza vergogna sul mio quadernino e dialogavo con le mie parole, argomentavo, discutevo.

Tutto è curato nel minimo particolare, ma in modo naturale. Dopo aver pagato il conto, 145 BATH, il ragazzo mi ha portato una salvietta umida e profumata per pulirmi le mani. Di fianco un fiore bianco. Era vero ed era appena stato colto. Per me.

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Dopo aver infilato il fiore tra i miei capelli mi sono alzata e alle mie spalle ho sentito la sua voce: “Sweet dreams!”.

Mi sono girata per ringraziarlo e ho di nuovo risposto al saluto. Mani giunte e capo chino.

I miei sogni sono stati dolci ma sul finale un filo agitati. Un traghetto tra qualche ora mi porterà a Koh Phangan. Un’altra isola che dista una mezz’ora da qui.

🙂

Keep in touch.

Erica, anzi Atmosferica.

Prime impressioni Thailandesi.

È forse la prima volta che identifico un titolo al mio articolo, ancor prima di scrivere. È forte il bisogno di fissare le mie prime sensazioni di questo cambiamento.

Questo è un altro mondo.

Quattordici ore di viaggio mi hanno portata qui, dove la lancetta dell’orologio recupera tre ore rispetto a Sydney ma è tutto talmente povero che mi sembra di vedere annullati anni e anni di evoluzione. Sembra assurdo.

L’atterraggio all’aeroporto di Koh Samui è stato di forte impatto. Guardando fuori dall’oblò, non vedevo luci ma solo il nero del mare. Ero seduta sul lato destro, da sola. L’aereo ha perso quota velocemente e ho avuto la sensazione di cadere a picco su quella distesa di acqua nera. Era sera. Le luci della pista mi hanno di nuovo fatta sentire a terra, dopo un lungo viaggio passato anche da Bangkok. Per poche ore.

La prima impressione sconvolgente me l’ha data proprio l’aeroporto. Sembrava una capanna illuminata, tutto interamente all’aperto e piccolo. Molto piccolo. Legno, piante e luci.
La percezione del drastico distacco dalla realtà Australiana a quella Thailandese è arrivata forte e chiara, inaspettata. So bene che qui mi ci sono portata io, so anche che sono venuta qui per respirare l’atmosfera di questo paese che nella sua povertà regala una strana voglia di magia. Tutto questo mi è chiaro, ma il tocco con il suolo e lo sguardo delle persone del posto, sono comunque stati una sorpresa inaspettata.

Dietro ad una scrivania povera e traballante, una ragazza dai dolci lineamenti vendeva “Sim Telefoniche Thailandesi Per Turisti”. Non penso che per i viaggiatori siano riservati numeri speciali ma era sicuramente la prima cosa che volevo fare una volta entrata in terra Thai. Un numero di telefono su cui avere connessione ovunque. Al prezzo di 400 BATH mi ha offerto un servizio completo, con le sue mani veloci ed esperte ha attivato tutto in tre minuti, evitandomi lo stress di dovermi interfacciare con messaggi incomprensibili. Più che lettere, le loro sembrano le greche che facevo alla scuola media tra un compito ed un altro.
Le ho anche chiesto se vendeva cover per il telefono, la mia era rotta e su questo sono particolarmente fissata. Devo avere una cover che mi soddisfi e soprattutto intatta. Con disinvolta gentilezza mi ha riconsegnato il telefono insieme ad una cover che lei non usava più.
La fantasia rappresenta un acchiappa sogni.
Mi ha fatta felice, mi è sembrato un regalo speciale.
Un pezzo di plastica che per me ha un grande valore.
Il valore dei suoi sogni.

Un taxi-bus mi ha portata nel piccolo resort in cui alloggio per sole due notti. Una è già andata. Una ragazza mi ha accolta come se fossi un importante ospite e mentre davo i miei dati per il check-in, mi ha anche offerto un fresco succo d’arancia. Non ho scelto un posto di lusso, non voglio essere servita e riverita come potresti pensare. Voglio viaggiare senza aspettarmi nulla, voglio entrare interamente nel loro modo di vivere e sto già apprezzando la loro estrema gentilezza e la voglia di farti sentire a casa. Anche se non hanno niente.

In Australia un succo all’arancia sarebbe un extra.
Anche in Italia.

Dalla stanza sento il rumore delle onde e dormo su un letto immensamente grande. Non sono abituata ad avere tutto questo spazio. I cigni costruiti con gli asciugamani sono sempre stati una mia passione.
Danno un tocco di arte ad un letto bianco e rosso.
Danno il benvenuto. Basta poco.
Sulla via principale vedo baracche di lamiera con insegne scolorite, motorini e macchine sfrecciano ad una velocità non consentita e ognuno fa un po’ quel che vuole. Nessuno indossa il casco e le precedenze sono un optional. Per il momento preferisco spostarmi a piedi e quando dovrò percorrere distanze più lunghe monterò su un taxi.
Il mio papà direbbe:
“Meglio spendere qualcosa in più, piuttosto che affittare un motorino e rischiare la vita.”
Ben detto papino.
Infatti farò così.

Respiro una Thailandia cruda ma non cattiva, mi sono catapultata in un altro mondo e mi sento curiosa di conoscerne ogni angolo, ogni carattere. Uso una piccola borsetta per contenere soldi, passaporto, telefono e una conchiglia colorata. Se riesco la tengo sotto ai vestiti, in modo che non sia visibile. Nel mio zaino ho l’occorrente di cui posso aver bisogno e il caldo è umido.
Trenta gradi.
Mi sono comprata un piccolo quadernino, con in copertina una coccinella rossa, su cui appunterò i miei pensieri. Quelli da prendere al volo.

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Che l’avventura abbia inizio.
Sempre se di inizio si può parlare.

Erica, anzi Atmosferica.

Scusa ma devo andare…

“Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I’m safe, you’ve got me now.”

“Sono venuta da te con la speranza distrutta 
Mi hai dato più di una mano da stringere 
Mi hai sostenuta prima che toccassi il suolo 
Dimmi che sono al sicuro, tu mi hai ora.”

(Take me home – Jess Glynne)

Questa direi che rappresenterà per sempre la canzone dell’ultimo giorno di Australia. La ascolto da stamattina e la tengo segreta nelle mie orecchie anche ora che ti sto scrivendo. Sono emozionata e malinconica, sono forte e felice. Mi sento così, proprio come queste parole, proprio come questa arrabbiata ma dolce melodia.

Chiunque, forse anche tu, potrebbe dire che è una canzone triste di un amore disperato e non corrisposto. Lei canta chiedendo un’attenzione e pregando nel ritorno del suo amato, nell’aiuto in caso di difficoltà e di caduta. Chiede se lui potrebbe portarla a casa, è in crisi nera. Cerca una cura per la sua anima spezzata.

Io questo mi sono permessa di chiederlo all’Australia. Mi sono allontanata da tutto per protesta, ero arrivata ad un punto in cui avevo regalato troppo senza ricevere in cambio almeno la metà di quel che meritavo. Ora che è guarito, posso confessare un dolore che raggelava le mie giornate senza darmi troppi riscontri positivi. La mia partenza è stata data dalla voglia di far capire a me stessa che la mia anima avrebbe potuto sostenermi ovunque. Dovevo avere la certezza che da sola sarei potuta partire per qualsiasi viaggio dentro e fuori e che l’Australia non mi avrebbe fatto paura. Anche nel posto più lontano ce l’avrei fatta. Sono partita per una questione personale che dovevo risolvere, dovevo parlarmi e ascoltare ogni mia singola parola. A volte anche a voce alta.

Forte come la musica, ad altissimo volume.

Una sfida lunga sette mesi che si chiude oggi con un sorriso e gli occhi pieni di luce. Stringo i pugni dalla gioia e salto sulla valigia con due piedi per riuscire a chiuderci dentro tutto quello che di più bello e profondo sono riuscita trovare e raccogliere sul mio cammino. Non voglio perdere niente, devo conservare tutto.

Queste sono delle confidenze molto personali, lo so. Non so nemmeno se, leggendo, sia per te facile arrivare fino a lì. Fino al nodo. Fino al punto più profondo che sto toccando qui e ora. Sì perché l’Australia mi ha ancora, per poche ore. Mi sta urlando ora frasi di addio e un saluto memorabile. La sto ascoltando, la sto guardando. Come dice questa canzone, mi ha anche dato tante mani da stringere e le sarò grata per tutta la vita perché con queste mani, ho costruito la mia essenza, la mia rete, il mio nido, il mio rifugio. Ho donato quel che avanzava, tenendo per me il mio segreto potere. Quello per me indispensabile per stare bene. Poche sono le persone a cui l’ho regalato. Non me ne volere ma mi sento speciale.

Lei mi ha permesso anche di guardarmi dentro, mi ha portato in posti magnifici che solo quando sarò a casa guarderò con occhi consapevoli. Non credo di essere sempre stata presente, non penso di essere riuscita a rimanere al passo tra immagini ed emozioni. Tra luoghi e consapevolezza. Molto spesso non capivo la grandezza dello spettacolo che avevo a pochi metri dal mio naso, pensavo fosse normale. Ma non per questo è stato meno intenso, sia chiaro.

Sai, quando di fronte a te hai migliaia di chilometri deserti, è talmente difficile guardare lontano che riesci solo a guardarti dentro. È il posto più vicino da mettere a fuoco. Quando invece ti siedi davanti all’orizzonte, vedi questa linea infinita che taglia il cielo ed è talmente difficile capire la meraviglia di tutta quella infinità, che la cosa più facile da fare è arrivare all’orizzonte dei tuoi pensieri. Lì dove forse non eri ancora stata.

Sempre come dice la canzone, stavo toccando il fondo prima di partire. Non mi rendevo conto ma forse inconsciamente ne ero totalmente consapevole. Questo viaggio è stato la cura, mi ha dato la consapevolezza della mia potenza e dell’energia instancabile che mi riempie senza scappare mai. Mi appartiene e tra noi c’è un legame profondo. Mi piace, ora, guardare quel fondo dall’alto. È come se stessi galleggiando e il fondale sotto di me sia profondissimo, quasi lontanissimo. So perfettamente che un’ondata improvvisa potrebbe di nuovo farmi mancare l’aria tirandomi verso il basso, ma questa è la vita. Non è possibile eliminare la cattiva sorte, come la buona. Resta una vita intera da vivere ora, resta la voglia di rimanere a galla indipendentemente dalla forza del mare. Nel mio oceano ora c’è il sole, vedo pesci colorati e so nuotare senza fare fatica.

Quest’acqua limpida ora la porto con me, in Thailandia.

Erica, anzi Atmosferica.

Il posto migliore in cui stare…

Quando cerco il centro e il punto di equilibrio dove niente mi fa pendere dal lato più pesante, mi siedo a terra. Eccomi qui a scriverti dal pavimento di casa, da Sydney.

Potresti sederti sulla luna, identificare l’Australia, individuare la costa est e fare uno zoom su Sydney, Kent Street, 361/146, piano 22. Sono qui. In questo modo arriveresti qui, nel piccolo punto di questa grande terra, il punto in cui sono seduta cercando il mio posto.

Qual è il mio posto?

Proprio non lo so. Mi viene da dirti che il mio posto sono io. Il mio posto è il mio cuore, sono la mia anima e i miei occhi. Per il resto nulla è mio e nulla lo è stato.

Ho qualche giorno per raccogliere gli ultimi incontri, le ultime parole e gli ultimi sguardi. La parte più dura ma la più preziosa perchè sono certa che tutto quel che arriverà in queste ultime ore, sarà mio. Per sempre.

Sono scombussolata ma con i piedi ben saldi a terra. Non preoccuparti. Mi sono scritta una lista delle ultime cose da fare in modo da non arrivare all’ultimo giorno confuso a non saper che pesci pigliare. Sto per partire di nuovo. Te lo giuro.
Non riesco a definirti in poche parole il mio stato d’animo ma è anche bello sentirmi così. Mi piace.

Come sempre mi lascio travolgere dalle emozioni e ascolto canzoni in base ai giri strani che la mia mente decide di percorrere. Le seguo, musica e anima, viaggio con loro. Mi lascio trasportare in profonda tristezza ed immensa felicità. Sono dispiaciuta per quel che lascio ma curiosa di vedere quel che mi aspetta, chi mi aspetterà.

Chi lo sa.

Per unire il Mondo in un’immagine, pochi minuti fa guardavo questa foto che vedi in copertina. Qui dentro vedo tutto più piccolo, trovo equilibrio, riesco ad unire le varie strade, le emozioni frastornanti che pretendono troppo spazio. State calme! L’ho scattata ieri a Bondi Beach in un pomeriggio freddo e leggermente ventoso. In questo mare vedo l’acqua che unisce le terre, nella sabbia vedo la stabilità e la concretezza alle quali ogni oceano trova base e nel cielo, beh, nel cielo vedo tutto quel mistero che avvolge il Mondo, ovunque.

Ogni posto è pieno di cielo. Ogni posto è pieno di mistero.

Questa foto mi fa riflettere soprattutto ora in cui mi lascio cullare da un momentaneo e giustificato senso di perdizione. Presto lascerò l’Australia ma ovunque nel mondo potrò decidere di portarmi davanti ad un’infinita distesa d’acqua che bagna la terra.

Ovunque sarò, potrò stare bene.

Ovunque andrò, avrò ben chiaro che sarò io il posto migliore in cui stare, ancor meglio se di fronte al mare.

Erica, anzi Atmosferica.

Brisbane ieri e oggi.

Sto scoprendo una Brisbane imbarazzante.
Intendo dire che con la sua bellezza è in grado di farmi arrossire, mi lascia di stucco e senza parole. Neanche il più affascinante uomo ci riesce ultimamente, invece lei mi ha spiazzata continuamente, più volte.

La giornata di ieri è stata pazzesca.
Greta è riuscita ad organizzare una gita memorabile al Noosa National Park. Due ore di macchina verso nord, un gruppo tosto di simpatici ragazzi e tanta voglia di assaporare l’inizio del fine settimana e arancioni sfumature nel cielo.
Un sogno ad occhi aperti quel posto, una passeggiata sulla striscia di cemento che attraversava il bosco ci ha portati alla spiaggia. Si respirava una potente energia naturale condita da profumo di pollo allo spiedo comprato per il pic-nic in riva al mare. Qualche croccante chicco d’uva, una banana non troppo matura ed avocado spalmato sul pane fresco.
Il mare era abbastanza calmo, la compagnia era italiana e il sole caldo.
Qui è ancora caldo.
Ho fatto il bagno.
Di nuovo.

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Vedevo la voglia di scattare fotografie combattendo con la memoria piena del telefono, voglia di ridere e ascoltare storie. Sentivo risate fragorose e mi è piaciuto raccontare, cantare e riposare. Tutti eravamo lì ma tutti avevamo la nostra avventura, ognuno la sua. La vita ci aveva uniti per un momento ed era giusto condividerlo a pieno. Amicizie in comune, avventure australiane e Brisbane, Sydney, Perth, Melbourne e il deserto, l’arrivo e il ritorno, ostelli ed esperienze in famiglia, la voglia di Italia o quella persistente di Australia.

Belle storie, ognuna ovviamente singolare.


Perché il viaggio è sinonimo anche di incontri e non solo di nuovi paesaggi. Come mi ha detto Matteo, un ragazzo conosciuto a Bondi Beach in un pomeriggio spensierato, viaggiare non è bello solo perché vedi posti nuovi ma soprattutto perché lungo la via si incontrano volti mai visti. A volte speciali. A volte banali.
Persone che potrebbero cambiarti la vita o comunque il corso delle cose.
Succede, quindi, che in quel caso il viaggio diventa una storia e non importa lo sfondo del racconto.
Non importa in che posto sei del mondo ma solo l’anima che ha incrociato il tuo cammino per quel breve ma lungo secondo.


Verso l’ora del tramonto, una tappa alle piscine naturali era d’obbligo. Toccavo il cielo con un dito, ero stanca e asciutta di sole, ma ero felice.

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Dovevi vedere che spettacolo.
Non riuscivo a distogliere gli occhi dal cielo come ad aspettare un esplicito messaggio, non potevo perdermelo e nessuno doveva impedirmelo.
Una strana quiete, un’aria libera, ossigeno fresco e scogliera rossa.

Pace vera.


Oggi invece la magia della città.
In poche ore abbiamo camminato per chilometri e anche osservato Brisbane dal fiume all’ora del tramonto. Ho sentito subito un’atmosfera diversa da quella di Sydney, qui la città è più accomodante, ti coccola senza ancora conoscerti e senza farti sentire persa.
Un fiume ti accompagna attraverso formando leggere curve, i grattacieli sono tanti e pieni ma ben distribuiti lungo le rive del corso d’acqua.
Sydney è più compatta, sì.
Brisbane è rilassata.
Le luci sono ovunque colorate e sono rimasta piacevolmente stupita da piccole sorprese nascoste qua e là. La ruota illuminata, un piccolo tempio Nepalese ai suoi piedi e la scritta BRISBANE che avevo visto solo in fotografia. La cattedrale è suggestiva e i nomi delle vie inaspettati. Roma Street.
Che strano.

Ho sentito un po’ di arte. Ho guardato una città pensata e non solo riempita e poi innalzata. Da South Bank stasera era straordinaria, davvero. È bella e forse l’avrei scelta se l’avessi vista prima. L’avrei scelta per me e per la mia scrittura, per la mia ricerca e scoperta. Forse mi avrebbe dato altri messaggi ma sto comunque cercando di ascoltarli tutti, anche in poche ore, anche in pochi giorni.

Erica, anzi Atmosferica.

Il riscontro nell’incontro.

Finalmente riesco a ritagliare due ore piene di pensieri e parole, per scriverti e vuotare il sacco. Ultimamente arrivo sempre all’orlo. Dopo qualche giorno di silenzio, sento forte il bisogno di sfogarmi e gettare in parole tutto quello che frulla instancabile nella mia testa.
È una sensazione strana che solo chi ama scrivere può capire. Mi accorgo di avere questo bisogno quando, chiudendo gli occhi per un breve riposo dopo il lavoro, la mia anima inizia a parlare come se dovesse scrivere. Come se dovesse raccontare.

È proprio in quel momento che non la voglio zittire e inizio a scrivere come una diligente studentessa che non vuole perdersi una singola parola del professore. Scrivo tutto.

Sono giorni intensi come i miei pensieri e solo scrivendo quel che dice quella voce, posso fare ordine e tornare a vedere tutto con più chiarezza e calma. Si tratta di smistare ciò che è importante da ciò che occupa la mente solo perché non ha altro posto in cui stare. Una sorta di raccolta differenziata dei pensieri, una cura per l’anima, la soluzione ideale ad ogni stato di leggera confusione.

L’ultima settimana di lavoro sta fluendo veloce e malinconica. Sono molto dispiaciuta al pensiero di non rivedere più questa piccola famiglia che mi ha accolta e capita. D’altro canto però, sono adrenalinica e piena di motivazione all’idea di altre avventure e scoperte che mi aspettano.

Non voglio anticiparti molto perché sarà bello farti delle sorprese e portati in luoghi che non immagineresti. Ho voglia di farti viaggiare insieme a me, tu hai gli occhi bendati e solo al momento opportuno vedrai quanta bellezza sarà attorno a te. Solo lì potrai vedere.
Quando lo decido io.

Ci stai?

Sono emozionata. Ho una tremenda voglia di vivere ogni secondo delle mie giornate intensamente anche se, spesso, sento il mio fisico chiedere aiuto. Sono sempre troppo energica e anche nel contatto con le persone mi piace dare il massimo, amo entrare nella testa di chi ho davanti e regalare ciò che sento chiedere dalla connessione.

Mi è capitato soprattutto oggi di ricevere riscontri positivi, un cliente e un collega mi hanno colpita regalandomi due simpatiche ma molto vere affermazioni.

 Un signorotto serio e barbuto, avvocato e cliente abituale, mi ha fatto un sorriso per la prima volta. Ho come avuto la conferma che mi avesse capita, dopo tempo. È da più di due mesi che ordina sempre al tavolo 9, è uno di quei clienti che potrebbe dire…

“Il solito grazie!”

…ma non lo dice, giusto per rimanere tenebroso e poco prevedibile.

…ma tu comunque già lo sai…

Un flat white e pane tostato senza glutine con burro e vegemite.

Ogni volta mi ha ringraziato ma senza guardare mai i miei occhi. Bene, nonostante ciò, io l’ho sempre servito con il sorriso come a sfidarlo, come a dire…
…”Prima o poi mi sorriderai anche tu!”
Dopo ripetuti e gelidi “Thank you.”, oggi la svolta.
Mi ha guardata e mi ha detto:
“Thank you funny girl!”

🙂

Mi ha ringraziato dicendomi che sono una ragazza divertente. Sorrideva. Mi ha guardata dritta dritta negli occhi. Ho visto il suo sorriso farsi spazio tra i folti baffi ed è stato come vedere una lampadina in una stanza buia. Una candela accesa. Ho subìto attivamente il suo sguardo e mi ha comunicato altro oltre a quelle quattro parole.
Beh, una grande soddisfazione.
È proprio vero che a volte basta poco per essere felici. Mi ha fatto capire di aver accettato con piacere il mio regalo, i miei regali giornalieri.

Mi ha colpito anche la frase di Beppe, un ragazzo russo che lavora con noi da pochi giorni. Gli è bastato un niente per captare la mia essenza e decifrare il mio carattere.
Oggi mi ha fatto riflettere.

“You have a great personality. You are going to be a good woman, a good wife and a good mother.”

My God Beppe! Thank you!

Mi sono sentita apprezzata per quello che sono e per quello che vorrei essere. Per ciò che SOGNO di essere.
In pochi giorni ha visto in me la determinazione di una donna, la giusta personalità per essere una brava moglie e l’amorevolezza che potrei regalare da madre.
Non potevo ricevere complimento più bello e penso che lui l’abbia capito dal mio silenzio sfociato in un sorriso.

Sono tremendamente felice di questi piccoli riscontri che sto avendo. Sento di vivere intensamente questi ultimi giorni, non mi perdo nemmeno un secondo, uno sguardo, un sorriso, una parola che potrebbe cambiarmi la giornata.

Spero di essere riuscita a spiegarti la sensazione di pienezza che sta colmando la mia quotidianità in ogni piccola azione e attenzione. Tutta questa intensità si traduce in mancanza di tempo per te e a volte anche per me.
Ho le occhiaie.

Il freddo a Sydney è arrivato, la mattina un vento gelido e tagliente ti punta dritto dritto negli occhi. Nonostante ciò sento il cuore caldo e pronto, aperto e libero.
Te lo sto spiegando a parole mie, ma dovrei dirlo a parole sue.

Ssshhh. Silenzio.

Perché a noi il freddo non fa paura.

Erica, anzi Atmosferica.

Incontri passati e futuri.

Qualcuno potrebbe fermare il tempo per piacere?

Mi devi scusare ma sono giorni pieni. Ho la testa piena, il cuore pieno, le giornate piene e avrei un sacco di cose da scrivere. Forse però è stato meglio lasciar scorrere questi tre giorni liberi. Liberi da frasi, maiuscole, punteggiature e virgolette. Liberi da titoli e paragrafi, da grassetto e corsivo, da punti.

Ieri Luca è arrivato a Sydney. Un amico di Lecco, la mia città. Non ti dico che emozione ho provato quando l’ho visto uscire dalla hall dell’albergo. Saltellava sorridendo, come a dire “Ecco, sono arrivato!”
Ho sentito il cuore esplodere!
Starà qui un paio di settimane in vacanza, ha abbandonato per quindici giorni il lago lecchese per venire ad esplorare la baia di Sydney e dintorni.
L’ho trovato energico, pieno di curiosità, voglia di comunicare anche in inglese. Sono felice!
Da quando è arrivato mi sento più turista che viaggiatrice. Mi sembra di essere arrivata insieme a lui e voglio fare mio ciò che lui vede, sente, trova strano o particolare. Gli ho chiesto di esprimere a voce alta le sue osservazioni. Voglio capire come vede questa realtà diventata per me “normalità”. Sarà interessante. Mi è venuta la voglia adrenalinica di cercare qualcosa di nuovo e di provare qualche brivido. Si è accesa in me come una lampadina, una luce lampeggia come a dire “Emergenza!”. Luca ha conosciuto già qualche mio coinquilino, è venuto a casa mia ed è stato davvero strano dargli il benvenuto. Prima di salutarci abbiamo fatto due passi nella baia di Darling Harbour ed è stato interessante vedere dai suoi occhi la somiglianza tra Sydney e New York, ricordo sfuocato di quando era più piccolo.
Tra oggi e domani pianificheremo qualche gita e non escludo grandi cose.
Poi ti dirò…

Un quarto della valigia di Luca era occupato da una borsa che mi ha mandato la mia Mamma. Anche lì, emozione.
Quando l’ho aperta, mi è sembrato di toccare le sue mani e di sentire il suo profumo. Magone.
Delle creme, una giacca, dei maglioncini e il caricatore nuovo per il telefono. Mamma sei davvero magica. Grazie!
È stato bello vedere come sia possibile toccarsi anche a 15.000 chilometri di distanza. Ti ho sentita!

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È appena atterrata a Sydney Ilaria. Anche lei è una sorpresa, una magia e un’energia. Non ci conosciamo ma siamo molto connesse, veniamo dalla stessa città, paese. Lei arriva da nord dopo un’esperienza da sogno tra la natura del Queensland. Arriva con il suo zaino pieno di oceano e paesaggi magnifici, percepisco il suo senso di avventura e la voglia di affidarsi alle mani della vita. La ospiterò qualche notte e nel frattempo vediamo che succede.

Ti aspetto!

Quante persone!

Non sono abituata!

Insomma. Le ultime ore sono state un concentrato di emozioni e incontri passati e futuri. Sono scombussolata da questa giornata di sole non troppo caldo e dalla voglia di godermi ogni secondo prezioso.
Prometto di scrivere presto anche perché ne ho bisogno. Il potere della scrittura mi stravolge il cuore e mi libera l’anima. Benedetto quel giorno che ho deciso di iniziare a scrivere, condividere, riordinare e confidare.

Erica, anzi Atmosferica piena di vita!

Sorry but…I’m leaving.

Ho appena comunicato al lavoro che tra tre settimane lascerò l’Australia. Ho bisogno di scrivere perché sento il cuore esplodere. Ultimamente mi sento in famiglia. Hai presente quel gruppo ristretto di persone da cui ti senti capita e un po’ coccolata quando tutto il resto manca? Ecco, loro per me sono questo. Una boccata di ossigeno, una battuta divertente, un insegnamento e un posto sicuro in cui stare.

Non so con quale forza io sia riuscita a dire: “I’m leaving Australia in three weeks.”

Cuore in gola.

Mi si è gelato il sangue quando ho sentito uscire dalla mia bocca queste poche parole. Ho sentito un nodo nello stomaco e le guance rosse. La vocina interiore tifava per me e per la sincerità prima di ogni cosa, io la ascoltavo e mi lasciavo caricare dalla sua energia. Io in quel momento non ne avevo molta.

Mi sento così anche ora che sono a casa, sul mio letto. Il piano di sotto del letto a castello. Sono senza forze.
Quando certi pensieri escono fuori attraverso la voce, quando un segreto viene confidato, quando ciò che sembra assillare la mente viene liberato, allora è lì che scatta la Vera Consapevolezza.
L’ordine.
La Verità.

Luce ma soprattutto Leggerezza.

Ho visto negli occhi di Dario, il manager francese, una specie di delusione. L’espressione del suo viso ha incassato una brutta notizia, una di quelle che non si sarebbe aspettato nel breve termine. Sono certa che stia provando dispiacere perché so di aver regalato allegria e risate contagiose, ho dimostrato senso di responsabilità e fatto capire che di me ci si può fidare.

È proprio vero che quando sai di aver imparato abbastanza bene ciò che devi fare, te ne devi andare. È quando ti senti voluta bene che devi partire. Questa è la vita, questa è l’Australia. È vero, non è che DEVI fare tutto ciò ma Lei ti fa capire che VUOI.
Una terra tanto grande che non ti lascia molto tempo. Ti dà delle scadenze. Ti fa crescere in fretta ma poi ti trascina via verso altri obiettivi, verso altre mete, altre temperature, altri paesaggi e altre persone. Ti spinge verso un’altra strada. L’ennesima.

È stato bello capitare al “Table Sixty”, è stato divertente condividere bicchieri rotti e sguardi complici. Il destino mi ha portato lì ed è stato bello ringraziare la vita perché mi sono sentita ascoltata e accontentata un’altra volta.
Chiedi a lei e lei ti darà.
Quanto è vero.

Lo so, sto parlando come se dovessi andare via domani ma mi sento così. Sento la fine vicina e voglio dare al mio team di lavoro il merito di essere stato la parte più divertente e stimolante della mia permanenza a Sydney.

I giorni qui saranno ancora tanti. C’è ancora Maggio da finire e Giugno da cominciare. Questa settimana sarà piena di botte emozionali da non sottovalutare, appunto per questo dovevo liberarmi oggi di questo peso.

Non rimandare a domani quel che puoi fare oggi…per sentirti meglio, aggiungerei.

Il mio lavoro a Sydney.

Lo ricorderò per tutta la vita.

La mia testa frulla senza sosta e il cuore batte forte. Oggi mi sento di nuovo in trasformazione, cambiamento, viaggio. La mente non si ferma e le domande sono tante, troppe! Lavorerò al coffee-bar fino al 27 Maggio e mi terrò gli ultimi giorni prima della partenza per mettere a fuoco la mia prossima avventura. Dovrò avere tempo per i saluti, i pianti e i bagagli.

Non è mica finita qui.

No, non ti anticipo niente. Ho già detto molto.

No.

Pretendi troppo.

Smettila.

Trattieni le tue curiosità.

Ad ogni modo sono convinta che il grande manager dal grande cuore sia felice per me. Oltre che dispiaciuto.
Sono certa che domani avrà già un’altra faccia.

Felice.

Spero.

Deve!

Sarà contento di vedermi tornare a volare.

Io adesso mi sento fatta per questo e lui lo deve capire.

Erica, anzi Atmosferica.

Sydney e i suoi colori.

Mentre sgranocchio croccanti cereali integrali al miele, torno a casa. Sono andata a Coogee a godermi un’intensa lezione di Yoga all’ora del tramonto. Tra le 16.30 e le 18.00 la luce ha cambiato mille colori fino a scomparire lasciando il posto a quella di tondi e bianchi lampioni. Il mare dalla vetrata non si vedeva più, rimaneva solo il rumore delle onde.

Respiro ogni secondo come fosse l’ultimo cosciente del fatto che il tempo che mi rimane qui non è poco ma nemmeno infinito.

Torno con un pullman rosso, l’M50. Per i miei gusti fa un po’ troppi stop ma mi accompagna fin sotto casa quindi…COMODITÀ. Stasera la città è abbastanza trafficata, vedo troppe luci rosse tra macchine e semafori, vedo il rosso nei sedili riservati agli anziani e ai disabili, lo vedo nella scritta “BUS STOPPING” e sul tasto per chiamare la fermata. Vedo il rosso nel rossetto della ragazza seduta qui vicina e lo vedo anche sulla scritta “EMERGENCY EXIT”.
Se mi concentro sul rosso ne vedo troppo. Com’è questa storia?
Vedo il rosso nelle insegne di negozi e ristoranti, luminose o spente, grandi o meno appariscenti. Vedo rosso in un bacio e nell’Amore, nel mio cuore e nella passione.
Sydney è anche rossa.

Sydney in realtà è di tutti i colori. Dipende da come sei tu, da cosa noti e da quello che vuoi vedere. Sydney varia in base al tuo umore, al tuo slancio verso la scoperta, alla tua voglia di perdizione e alla tua predisposizione ad accoglierla, a stare al suo ritmo, al suo passo.
È tutto un ballo. Varia in base al tuo carattere e alla tua personalità, varia a seconda della compagnia e dei pensieri. Sydney può essere per tutti ma anche per nessuno.
Può essere di tanti colori, come di uno.

Può diventare anche tutta nera se non ti impegni, può appiattirti e schiacciarti, sa essere egoista, monotona e, in questi giorni, anche fredda. Può chiuderti in casa e non farti alzare dal letto, può farti fare incubi la notte e assalirti di ansie quando c’è il sole. Può tirarti giù, appesantirti con le sue storie sulla lontananza e la nostalgia. Se vuole, sa essere stronza.

Cattiva.

Eccome!

Direi che potrebbe essere anche blu. Un colore dalle mille sfumature, misterioso e affascinante. Quando penso al blu, non penso mai a un colore solo. Il blu sono tanti colori ma comunque tutti profondi e introspettivi. Riflessivi. Scuri ma non soffocanti. Il cielo danza azzurro tra i gabbiani, il mare riflette il suo colore e quando a riva l’acqua è bassa, è anche turchese, smeraldo. Il blu cobalto lo vedo anche nella mia sciarpa preferita, noto il blu corallo nella tazza che uso per la colazione. Che sballo!

Sydney quando c’è nebbia è grigia, triste e glaciale. Il cielo coperto di nuvole non parla, sta muto. I senzatetto in ginocchio sui marciapiedi trasmettono dolore, e i rumori dei lavori in corso diventano assordanti.
Che torpore. Le monete, le banconote, quanti soldi. Quanta gente!
Viene voglia di gridare e di soffiare via il grigiore, un assassino colore.

Quando vedo la città bianca penso mi voglia accecare. Le vetrate dei grattacieli riflettono i raggi del sole con potenza e insistenza. Gli specchi di Sydney ti colpiscono in faccia con luci taglienti, ma ugualmente illuminanti.
Viva la luce.
La vita.
Il bianco che lascia la scia.

La vedo anche anche verde quando mi coccola in un morbido prato e mi permette di attraversare la strada. L’omino che lampeggia da il “via libera”. Verde.
La vedo verde nei broccoli che faccio bollire a fuoco lento per cena e nell’insalata sempre troppo piena di oliosi e saporiti dressing. Che pena!
La vedo verde nel Brasile e nell’Italia, nelle bandiere, nelle culture, nelle chiacchiere e nella danza.

Come in tutte le città, come in tutto il mondo, la cosa più giusta da fare è cercare di essere camaleontici e assaporare con gusto ogni colore, capirlo, interpretarlo ed imitarlo. È giusto mimetizzarsi, è bene farlo per lei e per rendere tutto più facile.
È un esercizio e un allenamento, una scuola e un insegnamento.

I colori di Sydney sono tanti, non sono solo questi. Forse è anche gialla e arancione, è rosa e pure marrone.
A me piace vedere i miei colori in lei e in fin dei conti, mi piace rifletterli negli occhi suoi.

Erica, anzi Atmosferica.