Scusa ma devo andare…

“Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I’m safe, you’ve got me now.”

“Sono venuta da te con la speranza distrutta 
Mi hai dato più di una mano da stringere 
Mi hai sostenuta prima che toccassi il suolo 
Dimmi che sono al sicuro, tu mi hai ora.”

(Take me home – Jess Glynne)

Questa direi che rappresenterà per sempre la canzone dell’ultimo giorno di Australia. La ascolto da stamattina e la tengo segreta nelle mie orecchie anche ora che ti sto scrivendo. Sono emozionata e malinconica, sono forte e felice. Mi sento così, proprio come queste parole, proprio come questa arrabbiata ma dolce melodia.

Chiunque, forse anche tu, potrebbe dire che è una canzone triste di un amore disperato e non corrisposto. Lei canta chiedendo un’attenzione e pregando nel ritorno del suo amato, nell’aiuto in caso di difficoltà e di caduta. Chiede se lui potrebbe portarla a casa, è in crisi nera. Cerca una cura per la sua anima spezzata.

Io questo mi sono permessa di chiederlo all’Australia. Mi sono allontanata da tutto per protesta, ero arrivata ad un punto in cui avevo regalato troppo senza ricevere in cambio almeno la metà di quel che meritavo. Ora che è guarito, posso confessare un dolore che raggelava le mie giornate senza darmi troppi riscontri positivi. La mia partenza è stata data dalla voglia di far capire a me stessa che la mia anima avrebbe potuto sostenermi ovunque. Dovevo avere la certezza che da sola sarei potuta partire per qualsiasi viaggio dentro e fuori e che l’Australia non mi avrebbe fatto paura. Anche nel posto più lontano ce l’avrei fatta. Sono partita per una questione personale che dovevo risolvere, dovevo parlarmi e ascoltare ogni mia singola parola. A volte anche a voce alta.

Forte come la musica, ad altissimo volume.

Una sfida lunga sette mesi che si chiude oggi con un sorriso e gli occhi pieni di luce. Stringo i pugni dalla gioia e salto sulla valigia con due piedi per riuscire a chiuderci dentro tutto quello che di più bello e profondo sono riuscita trovare e raccogliere sul mio cammino. Non voglio perdere niente, devo conservare tutto.

Queste sono delle confidenze molto personali, lo so. Non so nemmeno se, leggendo, sia per te facile arrivare fino a lì. Fino al nodo. Fino al punto più profondo che sto toccando qui e ora. Sì perché l’Australia mi ha ancora, per poche ore. Mi sta urlando ora frasi di addio e un saluto memorabile. La sto ascoltando, la sto guardando. Come dice questa canzone, mi ha anche dato tante mani da stringere e le sarò grata per tutta la vita perché con queste mani, ho costruito la mia essenza, la mia rete, il mio nido, il mio rifugio. Ho donato quel che avanzava, tenendo per me il mio segreto potere. Quello per me indispensabile per stare bene. Poche sono le persone a cui l’ho regalato. Non me ne volere ma mi sento speciale.

Lei mi ha permesso anche di guardarmi dentro, mi ha portato in posti magnifici che solo quando sarò a casa guarderò con occhi consapevoli. Non credo di essere sempre stata presente, non penso di essere riuscita a rimanere al passo tra immagini ed emozioni. Tra luoghi e consapevolezza. Molto spesso non capivo la grandezza dello spettacolo che avevo a pochi metri dal mio naso, pensavo fosse normale. Ma non per questo è stato meno intenso, sia chiaro.

Sai, quando di fronte a te hai migliaia di chilometri deserti, è talmente difficile guardare lontano che riesci solo a guardarti dentro. È il posto più vicino da mettere a fuoco. Quando invece ti siedi davanti all’orizzonte, vedi questa linea infinita che taglia il cielo ed è talmente difficile capire la meraviglia di tutta quella infinità, che la cosa più facile da fare è arrivare all’orizzonte dei tuoi pensieri. Lì dove forse non eri ancora stata.

Sempre come dice la canzone, stavo toccando il fondo prima di partire. Non mi rendevo conto ma forse inconsciamente ne ero totalmente consapevole. Questo viaggio è stato la cura, mi ha dato la consapevolezza della mia potenza e dell’energia instancabile che mi riempie senza scappare mai. Mi appartiene e tra noi c’è un legame profondo. Mi piace, ora, guardare quel fondo dall’alto. È come se stessi galleggiando e il fondale sotto di me sia profondissimo, quasi lontanissimo. So perfettamente che un’ondata improvvisa potrebbe di nuovo farmi mancare l’aria tirandomi verso il basso, ma questa è la vita. Non è possibile eliminare la cattiva sorte, come la buona. Resta una vita intera da vivere ora, resta la voglia di rimanere a galla indipendentemente dalla forza del mare. Nel mio oceano ora c’è il sole, vedo pesci colorati e so nuotare senza fare fatica.

Quest’acqua limpida ora la porto con me, in Thailandia.

Erica, anzi Atmosferica.

Parole in circolo.

È il titolo di una canzone.
La canzone del momento.
Del mio momento.

Penso succeda anche a te.
Non ti capita mai di ascoltare quella canzone in cui ti ritrovi e il ritmo ti entra dentro sintonizzandosi sulla stessa frequenza della tua anima?

Quella diventa la canzone del TUO periodo.
Ogni momento è buono per ascoltarla oppure è proprio lei che in momenti particolari ti viene a cercare, raggiunge i tuoi sensi. All’improvviso la senti alla radio, qualcuno la sta ascoltando, la senti in televisione o un amico corre da te dicendoti:

“Devo farti ascoltare una canzone troppo bella!”

E puntualmente è quella.
Cazzo è quella. La TUA canzone.
MA comunque non lo dici, lo tieni per te.

È anche vero, però, che le canzoni degli altri non debbano a tutti i costi trasmettere qualcosa anche a noi. Le emozioni sono talmente soggettive che non si può pretendere di regalare una nostra canzone a qualcuno che inevitabilmente non potrebbe capirne il valore, il significato, il nostro segreto.

Ognuno nella musica si ricerca, si ascolta e prova a ritrovarsi.
La cosa figa è che è per tutti.

Per non parlare dei gusti!
Ho sentito dire che le canzoni italiane valgono meno di zero, se è troppo lenta mette la depressione, se è troppo ritmata mette l’ansia.

Insomma…

…il mio invito oggi è:

cerca di abbandonare per un momento le tue preferenze e frequenze musicali e leggi il testo della canzone del MIO periodo.

Sarà solo una riflessione, oppure nella tua mente risuonerà la melodia perché in qualche modo è anche del TUO periodo. Non posso riproporti il videoclip perché non è ancora disponibile essendo un album nuovissimo. Ti avevo già parlato di Marco Mengoni, lui è molto presente nei MIEI periodi.

Apriti a nuovi suggerimenti, esci dai tuoi schemi, proponi nuove canzoni e sii disposto ad ascoltarne delle altre da te da sempre etichettate come
“SPAZZATURA PER LE MIE ORECCHIE”.

Quando uscirà il video non esiterò ad avvisarti. Per il momento puoi solo acquistare il brano per sentirti vicino a me!

Erica, anzi Atmosferica.


Aggiornamento del 23/12/2016:
Sono seduta alla scrivania, sono al lavoro, in Italia.
L'Australia è nel mio cuore e questa canzone è ancora del MIO periodo.
Ecco il link:
https://www.youtube.com/watch?v=RTUykrwkqbk

🙂


 

Credo che ognuno abbia il suo modo di star bene

in questo mondo che ci ha intossicato l’anima.

E devi crederci per coltivare un sogno

su questa terra spaventosamente arida.

Io l’ho vista sai, la vita degli illusi,

con le loro dosi di avidità e superbia

che per combatterli, ti giuro, basta poco:

devi interdirli con un po’ di gentilezza.

 

Un’alluvione mi ha forgiato nel carattere

però il sorriso dei miei mi ha fatto crescere.

Se qualche volta ho anche perso la testa

però l’amore mi ha cambiato l’esistenza.

Quante cose fai che ti perdi in un attimo?

Quanti amici hai che se chiami rispondono?

Quanti sbagli fai prima di ammettere che hai torto?

Quanti gesti fai per cambiare in meglio il mondo?

 

Credo che ognuno abbia una strada da percorrere

ma può succedere che non ci sia un arrivo.

E quanti piedi che s’incroceranno andando,

ma solo un paio avranno il tuo stesso cammino.

Ne conosco gente che sta ancora in viaggio

e non si è mai chiesta in fondo quale sia la meta…

sarà che forse dentro sono un po’ Re Magio

e cerco anche in cielo una stella cometa.

 

Una passione mi ha cambiato nella testa

ma sono un sognatore con i piedi a terra.

Cerco di trarre da ogni storia un’esperienza

e di sorridere battendo la tristezza.

 

Libero, libero, libero, mi sento libero.

Canto di tutto quello che mi ha dato un brivido.

Odio e ti amo e poi amo e ti odio.

Finché ti sento nell’anima non c’è pericolo.

Dicono che è un’altra ottica, se resti in bilico.

Dicono che più si complica più il fato è ciclico.

Dicono, dicono, dicono parole in circolo…

parole in circolo.

 

Marco mengoni – “Parole in circolo” dall’album “Le cose che non ho”

 

 

L’artista di strada…

…mi ha sempre colpita, affascinata e incuriosita.

Di qualsiasi strada si tratti, in qualunque città si trovi, è una figura ricorrente, non manca mai e regala magia e rende ricca una via, deserta.

Puntualmente.

Per artista intendo chiunque abbia voglia di regalare, di sedersi sul ciglio della strada donando quello che di più genuino e profondo ha, non pretendendo nulla in cambio. Nel caso, una libera offerta.

A questo proposito voglio dire che donare il “vero” non è mai semplice, nemmeno quando si tratta di scrivere. Non è facile.

Una moneta, quindi, io la lancio sempre.

C’è chi suona la chitarra, chi suona il piano o il bongo. L’artista giovane, l’artista tondo. Quello che canta con un filo di imbarazzo, il mimo, la sfera, il pittore o il ritrattista, il povero anziano che gonfia palloncini vestito da pagliaccio e quello vestito da Babbo Natale. Che spasso. Un gruppo di giovani viaggiatori che arrivano chissà da dove o che si sono incontrati strada facendo, i due amici da una vita che vogliono solo fare quello, cantare per la strada. Fare bordello.

Mi sono sempre fermata ad ascoltare una bella voce, o a lasciare una piccola moneta nel cappello cappello. Di seta.

Il talento va premiato.

Qui a Perth è pieno di artisti di strada.
Il pomeriggio cantano o suonano nelle vie principali del centro, la sera a Northbridge dove ci sono i grandi locali e i frequentati punti della movida australiana. Quella volta ci siamo fermati, con le nostre mani seguivamo il ritmo scandito dai tamburi. Liberavano in aria farfalle colorate, luci velate. Erano ragazzi giovani e suonavano per stare bene, per farti stare bene.

Noi stavamo bene.
Io stavo bene.


Qui di seguito, una mia nota scritta il 2 Marzo 2015 a Milano:

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele.

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele mi sono fermata ad ascoltare un artista di strada che suonava splendidamente la sua tromba. Uh come la suonava.

Era accompagnato da una melodia musicale di una famosa canzone di Rhianna e creava un’atmosfera fantastica, incredibile, emozionante. Non faceva nemmeno troppo freddo ma, nonostante ciò, lui suonava con degli occhiali scuri a coprire il viso e, come se non bastasse, un nero cappuccio sul capo.

La faccia non si vedeva ma il suo talento sì.
Quella moneta la meritava.
Eccome se la meritava.

Ad un certo punto un senzatetto è passato di lì.
Ciondolava e barcollava, era strafatto di chissà quale sostanza. Urlava, gesticolava.
Deridendo l’artista di strada, si è avvicinato dal dietro, a piccoli passi quasi per beffa, senza rispetto.

“Coglione! Levalo il cappuccio… Almeno ti si vede in faccia!”

Con un gesto distratto e violento gli ha toccato il capo.

L’ha spento.

Non potete capire come quella scena mi abbia stretto il cuore.
Avrei voluto urlare.

Il musicista è rimasto a bocca asciutta senza nemmeno riuscire più a suonare la sua tromba.
Stava senza fiato.
Io l’ho sentito.

La sua risposta però è stata grandiosa…esemplare.

“Cosa te ne frega della mia faccia? La musica è fatta per ascoltarla. Quando apprezzi un quadro, lo apprezzi e basta senza aver visto la mano del pittore. Lo guardi e l’arte ti piace, senza domande, senza risposte. L’arte è fatta per creare emozioni e tu, ora, le hai rovinate a me e a tutti quelli che mi stavano ascoltando senza pretendere di vedere il mio viso”.

Con aria rassegnata..il musicista ha chiuso la sua valigia e se n’è andato.

Sono contenta però…
Un caffè gliel’ho regalato.

Erica, anzi Atmosferica.