La luna per un momento.

È tempo di scritture e aggiornamenti! Non è vero?
Mi rendo conto di essere stata parecchio sfuggente nell’ultimo periodo, ho scritto di mancanze e amori ma non della mia vita qui. Dentro e fuori.
Beh, se vuoi un breve aggiornamento, posso dirti che l’esistenza sta scorrendo sotto i miei piedi e sopra la mia testa alla velocità della luce. Forse è per questo che ho deciso di fermarmi per qualche giorno, almeno con la scrittura. Avevo e ho bisogno di qualcosa di fermo per un momento.

Il tempo passa in fretta, ho forte necessità di metabolizzare questo scorrere inarrestabile di minuti, secondi e giorni.

Mesi.

Sono immersa fino all’ultimo capello nella mia realtà che presto diventerà di qualcun’altro. Già, sto pensando a questo.
Un giorno molto vicino un’altra persona prenderà il mio letto e il mio lavoro, godrà della splendida vista del tramonto e del sole da questo balcone e conoscerà i miei coinquilini, i miei colleghi, i miei attuali amici. Sarà una persona o magari saranno due, tre. Magari quattro. Chi può dirlo.
La teoria del non attaccamento e il sempre più volante spirito che regnano il mio mondo, non portano a dispiacermi troppo per quel che lascerò ma mi caricano di energia per il nuovo che giorno dopo giorno scoprirò. Tutto sarà con me e se cambierò di nuovo vita, tutto rimarrà nella mia precedente strada che ha portato alla presente crescita. Alla rinascita.
È tutto con me, dentro di me. Sto osservando i miei cambiamenti anche più recenti. Erica, anzi, Atmosferica non è la stessa che è arrivata a Sydney quasi due mesi fa. Sydney non è la stessa che l’ha accolta inizialmente. È particolare sentire il cambiamento della città che sta al passo con quello della persona. È bello lasciarsi trasformare da una realtà di passaggio e da una vita momentanea ma comunque autentica. L’Australia quante facce ha cambiato, la gente quante cose mi ha detto, insegnato. Un’isola che sembra un altro mondo, in un momento ti trascina nell’abisso e poi subito dopo ti fa guardare in alto. Il cielo.

Mi sento in un momento.

Il momento.

Una frazione di tempo che mai ritornerà e sto respirando un fresco vento autunnale che, come già ti avevo detto, tanto autunnale non è. Mi sento in primavera, massima fioritura e colori accesi.

L’estate la sento, si avvicina.

La mia vita qui prosegue alla grande. Tra alti e bassi come è normale che sia, tra giornate di pioggia e giornate di sole, tra alcuni sconosciuti e altri sconosciuti che rimarranno tali, tra nuove prospettive e vecchie fotografie.
Tutto corre ma tutto rimane.
Come dire…

…è tutto in una fotografia di un momento. Una fotografia che parla del passato.

Stasera la luna mostra uno spicchio sottilissimo della sua tondeggiante forma, è bianca e molto luminosa. Qualche nuvola in corsa copre quel poco che si vede, per qualche secondo, per un momento. Mi sento un po’ così, tanto piena e tanto vasta, tanto grande ma tanto lontana, nascondo una notevole fetta e lascio per un momento uscire la mia luce dalla parte più stretta, difficile. Incomprensibile.
So bene che non sono facile ma forse è questo il bello no?
Lascio a te la libertà di immaginare quel che non si vede e quel che non si sente. Pensalo come vuoi ma deve essere bello. Ok?

Se vuoi puoi essere la nuvola che corre, puoi diventare il cielo nero che mi accoglie o andare ad esplorare la mia fetta più segreta. Per un momento riservata. Dai concedimelo per questa volta.
Prova a pensare al non detto, al lato buio e quello meno conosciuto.

Per un momento in sospeso.

Presto lo scoprirò, e capirai insieme a me quel che mi aspetta.

Sono o non sono la penna che scriverà il mio viaggio?

Molto presto numerosi colpi di scena e altri momenti di vita e di passaggio.

Erica, anzi Atmosferica in viaggio.

Ti presento Beatrice.

Ti vorrei parlare di lei anche se non sarà facile. Per scrivere di Beatrice devo fare uno sforzo notevole perché per me lei è un qualcosa di difficile da descrivere a parole. È una scatola piena di fotografie, uno stereo a tutto volume, una luce accecante, una notte insonne e un pianto isterico, è un gioco di colori, uno stile, un’arte e una personalità, una passione e la voglia di stare bene. Una semplice voglia di stare bene. È un segreto. Un piccolo tesoro.

Mi lega a lei una crescita e un amore profondo, siamo romantiche e stronze allo stesso modo e quando non riesco a guardarmi dentro, ci pensa lei. Io faccio un po’ lo stesso, sempre con grande impegno e affetto.
Due giorni fa ho visto la sua faccia, le sue espressioni e il suo sorriso, il suo viso mi mancava da matti. Vederla dietro ad uno schermo è stato bello ma allo stesso tempo brutto. Avrei voluto esserle più vicina. Questa evoluta tecnologia accorcia le distanze ma ti fa sentire sempre e comunque terribilmente impotente. Mannaggia.

È micidiale come la lontananza stia rafforzando empatia e connessione tra noi, anche dopo periodi di lungo silenzio. Frastuoni muti, lunghi e pesanti come mattoni sulle spalle, ci hanno separato nel corso degli anni ma il filo non si è mai spezzato. Un’amicizia unica e vitale che con una parola la definirei Complicità.
Non sai quante volte ci siamo trovate a ridere in mezzo ad altre persone che ci guardavano allibite, che non capivano il motivo della nostra irrefrenabile risata. La classica che ti fa venire male alla pancia e lacrime agli occhi, hai presente?
Ecco.

Uh, quante che ne abbiamo passate.

Qualcuno direbbe…
“Ma che ne sanno l’altri!”

Siamo cresciute insieme tra le scuole elementari e le scuole medie, eravamo piccole ma avevamo già grandi sogni.
Il principale era quello di amare ed essere amate  ma siamo consapevoli che non basterà una vita per realizzarlo del tutto. Siamo sempre piene e vuote. Sempre.
Alle scuole superiori i primi fidanzatini si sono intromessi tra noi ma ci bastava guardarci per tornare al punto dell’ultimo incontro, o forse del primo.

Ricordo ancora quando alla scuola elementare, le parlavo all’uscita sotto al portico. Ricordo come volevo tanto diventare sua amica ma soprattutto la più importante.

Quando suonava la campana ci davamo appuntamento e qualche volta passavamo il pomeriggio insieme condividendo la faticaccia dei compiti a casa. Non eravamo in classe insieme, lei era una classe dopo la mia.
Il suo prato era verde e immenso, la sua mamma aveva i capelli ricci e rossi e ci piaceva un sacco mangiare Nutella e scrivere le famose dediche sul diario. Quanti ricordi, se ci penso si apre un ventaglio di immagini e aneddoti.
Chissà che ricordi ha lei.
Sicuramente diversi. Sicuramente uguali.

È stato quello il periodo cruciale della nostra crescita. Ne sono sicura. Proprio lì abbiamo costruito ed escogitato un nodo da marinaio, il nostro segreto. Sicuro e incomprensibile agli altri.
È per questo che sono legata a lei come a nessun altro. Senza di lei, non sarei quella che sono.
Se non ci fosse stata lei, avrei avuto un’altra amica, un altro giardino, un altro sorriso e un altro tavolo dei compiti. Avrei avuto altre dediche sul diario, altre fotografie e altri gusti nel mangiare e nel vestire. Avrei avuto un’altra vita e molto probabilmente non sarei qui. Sì perché se anche in molte cose siamo diverse, ci siamo comunque ispirate a vicenda, consigliate e suggerite.
Ci siamo sempre aiutate e stimolate.

Ora le vorrei dire che sono grata a lei e alla nostra amicizia. Sono grata alla vita. In questi giorni vuoti di amore e carezze, di abbracci e baci…ma pieni di altro, sto apprezzando e coltivando legami lontani che l’esistenza mi ha regalato.
Lei è uno di questi.

Mi permetto di dirti di pensare sempre che tutte le attenzioni che ricevi e tutte le persone che hanno un pensiero per te, non sono scontate. Sono un regalo delicato e fragile che devi trattare con cura. Non lanciarle al muro, non fare finta di non vedere, non pensare sia tutto dovuto, non ferirle.
Quello è oro, tesoro. Prima capirai il vero valore, prima scoprirai la magia dell’amore. In tutte le forme.

Quando tornerò da Beatrice le prenderò la mano e le dirò che non vedevo l’ora di sentire il suo profumo. Mi ha detto che l’ha cambiato. Chissà che buono!
Le starò vicino sempre ma se sarà il caso, la guarderò da lontano.

Ma un po’ più vicino.

Beatrice si sta evolvendo in tutta la sua bellezza e passione. Lei ama la moda, il mondo fashion ed è molto brava a fare il suo lavoro. Dovresti vederla!
È brava a vestire le persone spaesate e senza gusto, sa consigliare e essere d’aiuto.
Per questo avrà molto successo e io glielo auguro un sacco.

Ora ti racconto una cosa:

Una collega di Beatrice, sta per lasciare Milano per tornare in Sicilia dove ha una buona opportunità lavorativa.
Elisabeth, appassionata di arte, mi ha colpita perché ha avuto la creativa idea di descrivere Beatrice con un quadro. Che spettacolo. L’ha voluta salutare così, con un’emozione che segna una partenza e un arrivederci.
Una descrizione riflessa, una verità, una conoscenza.
Ti lascio con le parole di Elisabeth e ti faccio vedere il quadro scelto per lei (“Con la rosa tra le labbra” di Ettore Tito).

È tanto orgogliosa Beatrice di quel pensiero e mi sono emozionata un po’ anche io.

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“Guardala…lei scapigliata, spensierata e allo stesso tempo piena di pensieri, con la sua rosa in bocca come quella tua sul braccio. Il suo profilo fresco e quel suo fare quasi infantile da bimba, quel gesto di mettere la rosa in bocca come a dire “Me ne frego!”
A chi secondo te doveva essere assegnato quel quadro?”

Cara Elisabeth, secondo me proprio a Beatrice.
Basta poco per renderla felice…
Ed è per questo che mi piace.

Erica, anzi Atmosferica.

#tobecontinued

Poi arriva quel momento in cui ti guardi in una fotografia ed è come se ti guardassi dentro.
Ti vedi con occhi pieni di luce e un rosso sorriso appena accennato che vorrebbe quasi parlare, ma rimane chiuso.
Quelle guanciotte che hai sempre giudicato goffe, sono diventate inseparabili compagne di risate e quei capelli al color naturale, sono nuovi, di poche fotografie.
Delle ultime o forse di quelle cancellate.
Ti piace guardare chi sei diventata e ti ami così, senza limiti.
E insomma ti vedi diversa, trasformata, forse più donna, forse più saggia e sicuramente selvaggia, forse ti vedi più cosciente di chi sei ma soprattutto, di chi sarai.
Non parlo di lavoro e vita professionale, non parlo di carriera e di piramide sociale, parlo di Amore, Anima e Voglia di Volare.
Parlo anche di Spirito perché quello è essenziale.
Forse ti vedi nuovamente felice oppure sei felice nel vederti nuova.
Una cosa del genere insomma.
Una supernova.
Un’esplosione stellare, un’eclissi lunare.
Un gioco di parole, un gioco di emozioni e vibranti sensazioni.
Radiazioni.
Ringrazio la vita e il mio coraggio per avermi spinta fin qui.
Non so nemmeno io perché ho scelto questo posto, perché proprio una terra così lontana che a volte vuole solo toglierti il fiato.
Farti mancare l’aria.
Forse avevo bisogno di sentire mancanza e lontananza, di capire quanto distante sarei potuta andare per poi scoprire, quanto di nuovo nel mio cuore ci fosse da esplorare.
Sto provando tutto questo.
Ho vissuto tutto questo.
Ho sentito la forza dell’oceano tirarmi in basso, un forte vento spingermi in alto e poi anche l’asfalto correva, mamma mia quanto era caldo.
Ho fatto compagnia ad un gabbiano e gli ho chiesto di portarmi a volare.
“Si può fare!” mi ha risposto.
Era davvero un matto.
Un matto da legare.
Un matto come me.
Confesso.
E tu sai perché.
Sì perché quando senti questo potere, quando scopri di poterlo fare, non importa che tu sia fermo o in movimento, non importa che tu sia ricco o povero.
Ti serve solo avere la forza di prendere una bella rincorsa per spiccare il volo tenendogli la mano, al resto poi ci penserà il gabbiano.

#tobecontinued

Erica.

Cara Zia Angi…

Ore 18 di questo venerdì pomeriggio. Come vedi, Buio.
Guardo questa immagine dalla mia stanza e mi sento persa. Oppure mi sento trovata. Non so, devo prendermi del tempo per ascoltarmi.

Come fai a “trovarti” se non ti sei “persa”?
“Perdere” per arrivare al nucleo, al nocciolo, all’essenziale, all’essenza di quello che siamo…
…Ma Sydney te lo permette?

Un bacione, Zia Angi.

Ciao Zia Angi,
vorrei ringraziarti perché con questo commento, hai scaturito in me una riflessione lunga tutto il giorno. Ora ti racconto quello che frulla nella mia testa e affronterei volentieri insieme a te questo vasto e complesso argomento chiamato “Perdizione”.

Quello che penso io è che tutti ci siamo persi, ci stiamo perdendo o ci perderemo. Tutti ci perdiamo ogni giorno. Anche solo immergendoci nei nostri pensieri ci perdiamo. Parlando per me, io intendo la perdizione come la qualsiasi situazione che mi presenta un bivio, una doppia scelta, un’incognita. Banalmente, ogni giorno è pieno di perdizione. Il primo momento è quello del risveglio. Anche in quel caso siamo davanti ad un bivio, ad una voce motivante che ci dice di alzarci dal letto perché fuori c’è il sole oppure ad una voce pigra che ci suggerisce di dormire ancora qualche ora.

La perdizione fa parte di tutti noi e di tutti i nostri momenti privati e condivisi. Bisogna riconoscerla e conoscerla, affrontarla e sceglierla, parlare con lei e rispondere alle sue domande.

Se ci pensi, cara Zia Angi, ci sono persone talmente perse da non aver mai avuto la forza e il coraggio di prendere grandi decisioni per la loro vita o per loro stesse. Decisioni di ogni tipo, facili o difficili. Quelle sono le persone che non sanno decidere se acquistare la maglietta nera o quella bianca, non sanno se hanno voglia di mangiare carne o pesce, non sanno rispettare un appuntamento e non sanno dare un consiglio ad un amico. Sorridono, ti guardano con occhi pieni di luce e vivono un po’ sulle nuvole, nel mondo delle favole dove niente va preso seriamente. Parlo di loro non per giudicarle negativamente, anche perché sto semplicemente dicendo che vivono una vita di perdizioni consecutive senza rendersene conto. Io mi perdo sempre e mi piace un sacco. Quello che ci differenzia è solo quel pizzico di consapevolezza. Quindi fondamentalmente sono persa quanto loro. Ci tengo a dire però, che sono le persone che forse vivono le emozioni più forti, affrontano la vita con sorpresa e perennemente in bilico. Forse a loro piace il senso del rischio e dell’inaspettato, fanno pazzie e grandi dimostrazioni, amano intensamente e regalano verità. Sono loro a non saper che strada prendere ma quando con fatica riescono a decidere, piangono dall’emozione nel vedere cosa si nasconde dietro l’angolo.

Ci sono persone, d’altro canto, che hanno talmente paura di perdersi e di trovarsi indecise o impreparate da programmare ogni singolo istante della propria realtà. Sono loro che hanno paura, non vogliono imprevisti, ancor prima di andare al negozio, scelgono che vogliono la maglietta nera, programmano settimanalmente il menù di pranzo e cena, arrivano dieci minuti in anticipo ad un appuntamento e ascoltano attentamente le confessioni dell’amico formando nella loro testa il consiglio di cui questo potrebbe necessitare, ancor prima che egli dimostri di averne bisogno. Come fossero a scuola e dovessero sostenere un importante esame. La spesa la fanno il sabato in tarda mattinata, la benzina una volta a settimana e le pulizie la domenica prima del giro al parco o al centro commerciale se c’è brutto tempo. Non disprezzo nemmeno queste persone. Dico loro che dovrebbero vivere in maniera meno schematica per assicurarsi una vita piena di tramonti arancioni, stelle cadenti e leggere risate con gli amici. Vorrei dire a loro che programmare ogni giornata con vere e proprie tabelle di marcia, è limitante.
E se il piano va storto?
Se si buca la gomma della macchina?
Se il treno è in ritardo?
Se l’appuntamento con il fidanzato salta?
Se Tizio non risponde al telefono?
Se un imprevisto di lavoro le trattiene in ufficio?
Se Caio fa una sorpresa e citofona alle 10.30 del sabato mattina proprio quando stanno uscendo per andare a fare la spesa all’Esselunga?
Non dovrebbe essere un dramma.
Dovrebbero essere semplicemente abili e felici nello stravolgere i piani e optare per un pranzo fuori con Caio, amico che non vedevano da una vita. Un caro amico.
Ed è qui che scatta la perdizione, è qui, che intervengono ansia, cattivo umore e nervoso.

MA PERCHÈ?

Cara Zia, sarebbe bello che ognuno si mettesse in gioco e decidesse di affrontare ogni giorno con la naturalezza e la predisposizione ad accogliere quel che viene. Sarebbe bello che ogni giorno sia inteso come un regalo e che ognuno acquisisca la consapevolezza che la perdizione fa parte di ognuno di noi e di ogni momento più o meno importante. Questa rende la vita frizzante, non banale, emozionante, curiosa e sorprendente. La rende sempre diversa, persa, in continua ricerca e ricalcolo. La rende bella.

Per quel che riguarda la fine della giornata, il momento di più grande perdizione, per me, è la gestione dei pensieri che scoppiano come fuochi d’artificio nella mia testa appena rilasso la schiena sul materasso e la testa sul cuscino. Il cervello rimane acceso, gli occhi aperti e una serie di scintillanti colori, mi fanno stare sveglia.
Per un po’.
Mi abbagliano, non mi fanno dormire, mi ipnotizzano in uno spettacolo ogni volta nuovo e io sono curiosa di seguirli, guardarli. Mi lascio travolgere. Mi piace la mia perdizione.

Alla tua domanda, cara Zia Angi, rispondo che Sydney lo permette.
Sì.
La risposta è sì.
Sydney offre tonnellate di perdizioni, permette di ritornare al nucleo, al nocciolo, all’essenziale, all’essenza di quello che siamo…
Ma sai Zia…
…questa città potrebbe chiamarsi anche New York, Londra, Madrid, Los Angeles, Melbourne, Parigi o Mosca.
Ogni città non può essere più forte del mondo che abbiamo dentro.
Resta sempre e comunque una città, troppo piccola per paragonarla all’immensità che è la nostra anima.

Ti abbraccio e ti voglio bene, tua Erica.

Cronache di una domenica australiana.

Buongiorno!!

Ti scrivo dal primo pomeriggio di una domenica australiana.
Da pochi giorni mi sono trasferita al piano di sotto del letto a castello e mai come nelle ultime notti, mi sono fatta un paio di dormite pazzesche. Qui sotto ho la possibilità di creare una sorta di capanna, utilizzando coperte, per ripararmi dalla forte luce della mattina. Non esistono tapparelle e quando inizia a farsi giorno, gli occhi si strizzano come spugne. Ho iniziato a utilizzare la spiritosa mascherina per la notte che mi aveva simpaticamente regalato Jason al mio compleanno.
Che invenzione favolosa.
Che regalo intelligente.
Caro Jason.
Ora sono riparata e mi posso svegliare quando voglio o quando la sveglia suona ma non di certo per la luce chiara e fastidiosa.
Sarà stranissimo, un giorno, tornare a dormire al buio.
Buio totale.
Magari avrò paura.
🙂

Ah…
Lo sai che stanotte abbiamo spostato l’orologio un’ora indietro?
In pochi giorni siamo passati dalle dieci, alle otto ore di fuso. Questo mi piace. Dieci ore di differenza erano davvero tragiche per me, il giorno e la notte erano esattamente invertiti e per comunicare con chiunque, dovevo aspettare l’ora di pranzo italiana, nonché le undici di sera, mezzanotte.
Una tragedia!

Da domani inizierò a lavorare regolarmente. Ricoprirò ufficialmente i turni della ragazza cilena che è ripartita per il proseguo del suo viaggio. C’è chi si ferma e c’è chi riparte.
Sempre di viaggio si tratta.
Io sono proprio contenta di lavorare in quel Coffee Bar dall’atmosfera giovanile e musicale. Mi sento bene. Inizierò la mattina alle sette e concluderò il mio turno verso le due del pomeriggio. Un orario ottimo che mi permetterà di mantenere le mie abitudini, gli spazi per le mie scritture e avrò tutto il pomeriggio per fare la turista, la spesa, una passeggiata o un aperitivo.

Ieri sera sono uscita a divertirmi con i miei coinquilini. Due francesi, due colombiane e due brasiliani. Ho ballato, parlato, socializzato, ho passato una bella serata spensierata.
Stanotte ho sognato in inglese.
Oh Oh
Dicono che quando succede, significa che la lingua inizia ad ingranare, speriamo! Non ti parlo del contenuto del sogno perché ancora lo devo analizzare, ma comunque ricordo perfettamente che ero madrelingua inglese.
🙂

Sotto casa un ponte pedonale collega le due rive della baia. Quando barche troppo grandi devono accedere al piccolo golfo, la parte centrale del ponte si snoda ruotando su se stessa e apre un varco per permettere il loro ingresso. Il flusso dei passanti viene bloccato per qualche minuto da transenne, un po’ come accade al passaggio di un treno quando le rotaie tagliano la strada.
Semaforo rosso.
Pazienza.
Meglio spegnere il motore.

Queste sono le dinamiche che seguo dal balcone di casa.
È divertente!

Ogni sabato sera alle 21 parte puntuale lo spettacolo pirotecnico. I fuochi d’artificio sparano colori e luci tra la baia e il ponte esplodendo in fontane di stelle cadenti, scoppiettanti salici in chiusura e pioggia bianca.
Che è?
È sempre festa per voi?
IMG_7033Quando esco per le mie passeggiate, mi piace attraversare il ponte a qualsiasi ora del giorno e della notte.
È sempre molto suggestivo.

Stava per farsi sera, il sole era basso e camminavo con la luce negli occhi. Non vedevo molto, ero come abbagliata. Dal Futuro. Le bandiere segnavano la strada ma per il resto, troppa luce!
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Allora, per riposare la vista mi sono girata, alle mie spalle era tutto chiaro, nitido e illuminato. Era bellissimo. Il Passato.
Lassù c’era anche casa mia.
IMG_6987.largeErica, anzi Atmosferica.

Into the Wild.

Due anni lui gira per il mondo: niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema, un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Così ora, dopo due anni di cammino arriva l’ultima e più grande avventura. L’apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale. Per non essere più avvelenato dalla civiltà lui fugge, cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia.

Christopher McCandless – Into the Wild


Attraversa fiumi e pianure infinite, si lascia trasportare da un treno merci e si trova in una città di grattacieli. Los Angeles. Guarda le gigantesche costruzioni con stupore, cammina disorientato per la strada e si trova a chiedere l’ora ad un passante in giacca e cravatta che gli risponde guardandolo schifato. La faccia sporca, lo zaino pesante, troppa confusione, i capelli sporchi di viaggio e natura e lo sguardo perso nelle luci della città.

Non ha una lira, non conosce il domani e si trova a chiedere informazioni ad una nera signora dai capelli corti, allo sportello di accoglienza di un dormitorio. Lei gli regala un cioccolatino, gli offre un letto e lo rende felice.

Quella è per lui vita.

La sera, da quel quartiere malfamato, si trova ancora una volta a guardare i possenti grattacieli da lontano, seduto su un marciapiede, casa di tanti senzatetto per i quali, un letto non c’era. Ha respirato in quel momento la differenza abissale tra la povertà e quel qualcosa di tanto grande ma per lui inutile, la ricchezza. Si scontravano senza parlare, nel silenzio assordante di quella notte.

Proseguendo la sua passeggiata notturna, passa davanti ad un locale. La gente parla costruendo rapporti di pura facciata, finti, di convenienza, dialoghi ubriachi riempiono le bocche di vino rosso e vodka liscia, la musica copre le voci, uomini corteggiano donne solo per dimostrare una virilità inesistente davanti agli occhi degli amici che guardano divertiti e lui, intanto, segue tutto con gli occhi pieni di odio.

Che rabbia.

Tornato in dormitorio, ringrazia la nera signora per la sua gentilezza, prende il suo zaino e riparte.

La stessa notte.

È troppo incazzato per restare.


Si trova ora in Alaska, nell’azzurro bus abbandonato diventato la sua casa, un rifugio dal freddo e dall’infinita natura selvaggia. Nel mezzo del niente, nascosto dietro a dei cespugli. Sta male, ha fame ma non è riuscito a cacciare nessun animale. Una pianta velenosa gli ha causato un forte malessere.
Pensa di morire intossicato.

Si trova così a ripensare a tutte le persone incontrate, alle strane situazioni che lo hanno arricchito e segnato. Quell’anziano avrebbe voluto prenderselo in casa come fosse suo nipote, la sua famiglia si stava tutt’ora chiedendo dove fosse finito, quella ragazzina lo aveva abbracciato con il cuore a duemila, la coppia hippie lo aveva trattato come un figlio offrendogli cibo, compagnia ma soprattutto amore.

Si sente solo e pieno di sconforto per pensare alla vita di domani. In quello stato di terribile vuoto, dove ogni energia manca, ha la forza di prendere in mano la sua penna nera e il suo diario, ha la lucidità di scrivere:

“Happiness is only real when shared”

“La felicità è reale, solo se condivisa”


Il viaggiatore alla ricerca di se stesso, si è forse spinto troppo lontano. È andato in un posto sperduto dove non ha saputo cercare la propria vita prima della propria anima. La fame di conoscenza, ha messo in secondo piano gli altri bisogni fisiologici che prima o poi avrebbero gridato aiuto. Leggeva e non cacciava, scriveva e il tempo passava. Quel bus abbandonato è stato probabilmente la vera casa che non aveva mai avuto, un rifugio dove scavare a fondo.

Ha trovato la fine guardando il cielo e piangendo lacrime di gioia.
In Alaska.

La vita è una continua ricerca e non avrà mai una risposta finale e certa, conclusiva, chiarificatrice. Bisogna sapersi mettere in gioco, accettare le sfide e una volta trovata una risposta, passare alla domanda successiva. La vita deve essere uno stimolo continuo e non deve mai essere intesa come un cammino, nel deserto, senza una meta.
Senza direzione.
Senza acqua.
Senza.

Deve essere un atto di coraggio, una scommessa sì, ma non un gioco d’azzardo.

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Erica, anzi Atmosferica.

Ma alla fine di tutto questo…

Questo era il cielo appena fuori Sydney, era pieno, intenso e tipicamente Atmosferico. L’ho immortalato perché era autentico e mi riempiva. Era vero. Le nuvole gonfie, la luce del sole e il senso di profondità che solo il cielo australiano può spiegare.

Oggi riguardando l’immagine, sento che quel momento lontano, è già diventato un ricordo, qualcosa che non rivedrò più e sembra incredibile, quasi finto. Disegnato. Dipinto. Creato.

Per fortuna non ho mai lasciato passare giorno senza guardare lassù per almeno dieci minuti. Per fortuna ho raccolto nella mia testa tanto azzurro e blu stellato. Per fortuna è tutto qui, ben custodito. Nel viaggio che mi ha portato qui è stato divertente seguire il cielo è rincorrere le nuvole, vederlo di colori sensazionali o più scuro di un mare profondo. È stata ricorrente la sensazione di unione che lui giornalmente mi regalava insieme al mare. In fin dei conti sono entrambi immensi e infiniti, accomunano il mondo, uniscono le terre e toccano tutta l’umanità. Sono gli unici a poterlo fare. Mi hanno aiutato dandomi forza e accorciando distanze quando mi sentivo troppo lontana.

Lontana da tutto.

Qui a Sydney sono cambiati di nuovo i colori, la città cambia il cielo e questo a sua volta cambia il colore del mare. Di riflesso. L’attenzione si è spostata sulle persone e sui palazzi, sui grattaceli. Lo sguardo va su, ma non abbastanza e si ferma alla punta di alte costruzioni innalzate verso vette altissime e illuminate ma non infinite. Qui percepisco limiti e il gioco di colori di grandi vetrate ma non c’è l’infinito del cielo. Qui finisce velocemente e riempie spazi piccoli, chiusi e inquinati. Lo spirito di osservazione è aumentato del 300%. Guardo la gente che cammina, i giovani che si tengono per mano, quelli che attendono di attraversare al semaforo e noto il comportamento di automobilisti e camionisti. Sto studiando i mezzi, le stazioni e le tratte dei bus. Ho visto i lavoratori in pausa pranzo, la mattina presto diretti verso l’ufficio e la sera alle 17 uscire puntuali con la camicia non stropicciata e la cravatta ancora perfettamente annodata.

Mi sto facendo un’idea di tutto, nulla mi sfugge.

Poi vi dirò…

Da questa parte sento molto più forte la lontananza e le dieci ore che mi separano dalla vita italiana. Sì, la vita del futuro potrà sembrarvi divertente, ma quando ricevi un messaggio o una chiamata e puntualmente è per te ora di andare a dormire, non è per nulla incoraggiante. Sei costretto a bloccare la comunicazione tra uno sbadiglio e l’altro, per non addormentarti ogni volta alle due del mattino.

Intanto i giorni passano.

Sto abituandomi quindi, a vivere gran parte della giornata senza sentire l’esigenza di condividere ciò che mi succede con amiche, sorelle o genitori. Quando riesco a sentirli con calma, racconto tutto d’un fiato tralasciando inevitabilmente dettagli importanti o emozioni ormai scemate o trasformate in altre più forti o più recenti.

Sono piena di voglia di vivere questa città, proprio come quel cielo…ma sono anche spesso vuota per la mancanza di condivisione con chi vorrei, con chi è vicino ma lontano.

Troppo lontano.

Questo è il principale motivo per cui non vivrei mai in Australia. Il contrasto tra pienezza ed immenso vuoto potrebbe farmi male e accrescere sempre di più la distanza fino a farla diventare ancor più pesante. La vita è fatta di amore, del profumo di un abbraccio, della comprensione di uno sguardo e del calore di una mano. Qui per me è tutto senza profumo, tutto piatto e freddo, troppo distante per sentirlo.

Tutto.

Conoscerò Sydney e accoglierò ben volentieri ciò che avrà da offrirmi. Guarderò la città con positiva energia e grande predisposizione. Scatterò fotografie e farò nuove conoscenze, lavorerò e farò la turista, mi godrò l’ultimo caldo e poi le temperature miti che verranno. Ascolterò i rumori dopo il silenzio e ogni giorno seguirò l’evoluzione di lavori in corso delle mille gru posizionate in cima ai palazzi. Catturerò pezzi di vita e musiche mai sentite, starò a sedere sul balcone di casa con le mie scritture tra le mani, mi divertirò a scambiare due battute con i miei coinquilini francesi, brasiliani e colombiani, mi vestirò elegante per uscire a cena o per un giro nel centro. Subirò attivamente lo scorrere del tempo rendendo ogni giornata degna di essere raccontata, arricchirò la quotidiana routine di piccoli e nuovi obiettivi, mi prenderò la calma di sviluppare idee e andrò a ricercare stimoli creativi dove mi porterà il cuore. Immaginerò il mio futuro, pianificherò una nuova partenza e mi informerò per esaudire piccoli desideri con coscienza, penserò in segreto a nuove avventure e poi racconterò a voi le mie emozioni e le sorprese.

Questi sono i programmi ma alla fine di tutto questo, volerò nelle mani calde delle mie sorelle, nella comprensione di uno sguardo amico e nell’abbraccio profumato della mamma.

Giornata profonda e piena come quel cielo.

Erica, anzi Atmosferica.

Canberra. Aiuto!

Allora…

…allora…

…come vi ho detto ieri, devo cercare di rimanere concentrata e centrata. Sono a Sydney, in poche ore la città mi ha letteralmente mangiata.

La prima impressione è questa. Sono arrivata nel pomeriggio ma è già sera, il tempo è volato. Devo rendermi conto da che parte sono girata, imparare i nomi delle vie, cercare una casa senza lasciarmi condizionare dalla fame di questa città. Vuole girarti, farti perdere concentrazione e il senso del tempo.

Non ce la farà amici.

Il mio livello di attenzione è stellare.

Facciamo un passo indietro.

Stamattina eravamo a Canberra. Un piccolo giro nella parte centrale della città, è bastato per percepirne la serietà. Edifici nuovissimi e moderni. Sembra che abbiano costruito tutto nello stesso giorno. Ieri.

In occasione del Canberra Day, molte persone saranno sicuramente andate a farsi un tuffo in mare. Era deserta. Non un bar aperto, non un negozio illuminato e non una persona per strada. Desolazione totale.

Abbiamo così optato per una bella visita guidata al Parlamento. Che ci vai a fare a Canberra se non per fare un bel tour gratuito nelle aule parlamentari con tanto di guida?
Un bel giro di perlustrazione di un paio d’ore, ha riempito la nostra mattinata. Il ragazzo australiano ci riempiva di informazioni e aneddoti che arrivavano alle nostre orecchie come fiumi in piena. Due grandi sale occupano le due ali dell’immenso candido edificio: “The House of Representatives” e “Senate”. Una verde e una rossa. Nuove, nuovissime.

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Ho sorriso quando ci è stato spiegato che gran parte delle colonne sono costruite con marmo proveniente dall’Italia. La guida li ha nominati come Marmo di Carrara (bianco) e Marmo Cipollino (verde).

“Cipollino is a little onion.” ha esclamato sorridendo.

Tradotto, intendeva dire che “Cipollino” in italiano significa “piccola cipolla”.

E come dargli torto! 🙂

Bene! È stato molto interessante e ho sentito tutta la gioventù di questo paese, ho respirato aria di nuovo in questa maestosa costruzione aperta nel 1988. Ho visto ritratti dipinti su tela dei primi ministri, ho guardato video esplicativi e documenti originali chiusi in una teca. Camminato su parquet lucido che quasi quasi mi ci sarei potuta specchiare, ho visto eleganti fontane senza magia, ho percorso lunghi vuoti corridoi e salito scalinate in marmo bianco.

Una bella visita culturale prima di tuffarmi in questa vulcanica città, ci voleva.

Vi aggiorno presto, pensatemi intensamente.

Erica, anzi Atmosferica.

Quattro mesi a Melbourne.

Scrivervi dall’88esimo piano dell’Eureka Skydeck di Melbourne, è una figata pazzesca.

In parole spicce, mi trovo sulla punta del grattacielo più alto da cui è possibile vedere tutto, scrutare le costruzioni e capire la conformazione della città. Da quassù è molto facile capire quanto dista dal mare, seguire il corso del fiume che la attraversa e spaziare oltre la parte centrale dove una zona periferica molto vasta fa da contorno.

Come dice il titolo dell’articolo, inizia oggi il quinto mese di viaggio. Il quarto si conclude, quindi, con l’incontro con Melbourne…

…e che incontro!

La giornata di perlustrazione è iniziata con un giro panoramico sul tram 35. L’unica linea gratuita che compie un tour rettangolare, seguendo il perimetro della parte centralissima della città. Subito sono rimasta sconvolta dal sovraffollamento del mezzo, fiumi di parole, fiumi di persone per la strada e fiumi di diverse culture. È proprio vero che qui si respira un’aria europea tanto che questo corso d’acqua che caratterizza la scena, mi ha ricordato per un momento Londra. Sarà anche il tempo coperto e grigio, sarà che tendo sempre ad associare una città nuova con un’altra già vista e visitata, ma questo è quello che ho pensato.

Decine di costruzioni altissime mi danno l’idea di pienezza e di crescita. Qui credo facciano bene ad innalzare edifici verso il cielo, non c’è più spazio! Una sensazione del tutto opposta me l’ha data Perth, e chi mi legge dagli inizi, ricorda bene l’impressione negativa e vuota che mi davano quei palazzoni di pura facciata.

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Melbourne è viva, variegata e piena di gente di tutti i tipi. Turisti da ogni dove scattano centinaia di fotografie, ragazzoni dallo stile azzardato attraversano a passo spedito con un caffè d’asporto tra le mani, donne eleganti parlano di lavoro al cellulare, molti bambini piangono nei passeggini e le ragazze si esibiscono in lunghe sfilate.

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Questo è quello che vedo insieme a tanti colori. La cattedrale dallo stile gotico, è immersa tra costruzioni pazzesche e super moderne dove il colore fa da linea guida nel progetto. Vetrate rosa, taxi gialli, infrastrutture fuxia e blu. Pennellate qua e là rendono il tutto più sorprendente, insieme alle giostre che colorano il fiume di mille luci.

Sono felice di essere qui e di essere riuscita a farmi un’idea di questa città tanto nominata ma mai spiegata. Ho potuto constatare che mi piace e se l’istinto non mi spingesse verso Sydney, ci rimarrei qualche mese. È molto giovane e arzilla, è ben servita da efficienti linee di tram e treni, da quassù vedo lo stadio, campi da tennis e lunghi vialoni alberati. Vedo un parco, il mare e una piazza chiusa tra bizzarri edifici.

È nuova, è veloce e grande, molto grande.

Beh, è stato un potente incontro che segna l’inizio del quinto mese. Melbourne ha riacceso in me la voglia di città anche se non è ancora questo il luogo e il momento. È come se avessi conosciuto una persona che mi abbia aperto gli occhi verso un nuovo mondo. Un concetto già conosciuto ma mai approfondito o paragonato all’alternativa. È come se ora riuscissi a cogliere l’essenza della città.

Avendo vissuto in luoghi deserti e per niente popolati per questi mesi di viaggio, ora la città mi chiama. È un richiamo che sento forte e chiaro, sento l’adrenalina di una nuova sfida, voglio rivivere tra la folla veloce che cammina spedita prendendomi la calma di osservare.

Sono pronta e consapevole che tutto ciò che vediamo, è il riflesso di quel che siamo. Una città ti sorride se sei tu il primo a sorridere, altrimenti, ti verrà solo voglia di scappare.

Erica, anzi atmosferica.

Great Ocean Road.

La Great Ocean Road, che costeggia la costa sud del Victoria, ha aperto le danze con la “Bay of Islands” (immagine in copertina). La baia era appiattita dal tempo uggioso ma quegli scogli possenti, prendevano comunque forma tra le creste delle onde. Ammassi di roccia tanto grandi da essere identificati come “Islands” (isole), erano modellati dal mare un po’ come la forza delle dita può dare forma ad un pezzo di argilla che gira sul tornio, creando un bel vaso di forma particolare e personale.
I colori stratificati portavano a pensare che un tempo il livello del mare era davvero davvero alto, lasciando un’impronta ancora oggi ben visibile.

Proseguendo di circa un chilometro, eccoci al “The Grotto”, anch’esso raggiungibile attraverso una passerella in legno che dal parcheggio raggiungeva il punto di vista o visita, decidete voi.
Anche qui la potenza del mare si è costruita un rifugio, a intervalli di cinque/dieci minuti, un’onda più potente delle altre schizzava fino al punto più alto tra le rocce, andando a formare una pozza di acqua tiepida e calma. Questa grotta mi dato emozioni contrastanti e vicine. L’irruenza a pochi centrimetri dalla calma, l’invadenza non distante dalla riservatezza, il freddo a due passi dal caldo e la profondità dalla piattezza. Contrari ravvicinati e in contatto tra loro mi facevano paura.

Non poteva essere vero.

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Il terzo stop è segnalato da un cartello marrone, con una scritta chiara che indicava dopo 300 metri, il successivo “Lookout”, un’altra finestra sull’oceano:

“The London Bridge”.

Mentre percorrevo il nero sentiero asfaltato, mi domandavo cosa mai avrei potuto vedere da lì a pochi metri, non appena mi fossi affacciata sul mare.

“Un ponte? Il ponte di Londra…? Cioè?”

Ebbene sì, la roccia erosa dalle acque andava a formare un ponte tra le onde schiumeggianti. Un tempo, anche la parte di roccia più spostata a sinistra era un tutt’uno con il pezzo rimasto attualmente, resistito alle forze oceaniche. Diciamo che esisteva un ponte, con due arcate. Una è la sopravvissuta.

Immagino che tonfo e che inondazione quando quella parte di roccia ha deciso di staccarsi e tuffarsi in mare. Aiuto!

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Dopo pochi chilometri, un’altra deviazione: “The Arch”. Ancora una volta, la perfezione e la simmetria dell’energia oceanica, ha modellato con precisione lo scoglio. Una forma tondeggiante fuori e tondeggiante dentro, sopra e sotto.

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La pioggia non si placava e la nebbia si faceva sempre più fitta, mano a mano che proseguivamo sulla costa. L’ultimo stop doveva essere il più suggestivo, incredibile.

“Twelve Apostles”

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“I dodici apostoli”.

Il grigiore del cielo non mi permetteva di spaziare e quei dodici grandi scogli, che più che apostoli mi sembravano grandi totem, erano coperti e offuscati.
Ne vedevo sei, al massimo sette. Li ho contati più volte perché li avrei voluti identificare tutti ma nervosamente ci ho dovuto rinunciare. In una bella giornata di sole mi sarei persa tra la luce dorata di quelle rocce rosse, sarebbe stato bello.

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Non mi resta che cercare di dare una chiave di lettura più profonda a questo tempo malinconico e riflessivo.

Posso dirvi che l’atmosfera era magica, gli apostoli misteriosi, il mare incazzato ma io ero comunque felice.

Erica, anzi atmosferica.